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Processo ruby, ostellino: «chiunque potra’ essere eliminato dalla ‘rivoluzione per via giudiziaria’»

Creato il 05 luglio 2013 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

Piero Ostellino torna a occuparsi sul Corriere della Sera della condanna comminata dal Tribunale di Milano a Berlusconi nell’ambito del cosiddetto “processo Ruby”.

Nel commento di oggi, Ostellino riprende e amplia il tema della paradossalità della sentenza, già proposto ieri sul Foglio.

ESTREMISMI.

Innanzitutto, scrive Ostellino, la durissima pena inflitta al leader del Pdl «per il sospetto o, se si vuole, l’indizio» che egli abbia «fornicato con una minorenne» non è, come si è detto e scritto da molte parti in questi giorni, una «condanna esemplare di un reato particolarmente efferato, o particolarmente scandaloso»: è piuttosto, secondo l’editorialista del Corriere, «la rivelazione – che si è automaticamente tradotta in atto giudiziario – di una ostilità antropologica di fondo, quasi ai confini del razzismo, da parte di un establishment reazionario, e dai costumi non sempre propriamente esemplari, nei confronti di un outsider sociale e politico discusso, e discutibile quanto si vuole per i propri stili di vita, ma pur sempre votato da milioni di italiani», e forse proprio per questo così odiato, aggiunge Ostellino dissociandosi tuttavia dall’«interpretazione innocentista, altrettanto estremista».

I paradossi della sentenza di Milano secondo il giornalista sono tre.

TESTIMONI NEL MIRINO.

Primo: il fatto «che dopo aver condannato l’imputato, i tre giudici trasmettendo gli atti al Pm aprano la possibilità di far perseguire chi aveva testimoniato a suo favore a me pare francamente la manifestazione di un delirio di onnipotenza, logicamente e giudiziariamente inaudito». Il verdetto di condanna «non era già in sé – domanda Ostellino – la dimostrazione che non avevano creduto alle testimonianze processuali a suo discarico?». A cosa serve «la minaccia, neppure troppo velata, di processare anche i testimoni?». Serve forse «intimidire chi, in futuro, e in altre circostanze poco chiare, pensasse eventualmente di ripetersi nei confronti di un uomo che non meriterebbe neppure il beneficio del legittimo dubbio?».

RIVOLUZIONE “LEGALE”.

Il secondo paradosso evidenziato da Ostellino è che «fino alla sentenza di lunedì, la rivoluzione non era un “fatto giuridico”», cioè non era mai stata intesa come «un evento traumatico previsto e legittimato dall’ordinamento vigente». Invece «con la sentenza, la rivoluzionaria eliminazione dell’avversario politico è diventata, ora, “un fatto giuridico”, cioè perfettamente legittimo e persino legale».

NESSUNO È AL SICURO.

Infine, scrive Ostellino introducendo il terzo paradosso della condanna di Berlusconi, sono stati così creati «due pericolosi precedenti». Da una parte, d’ora in poi «fare da testimone a difesa di un accusato», nel momento in cui la testimonianza resa «smentisce una certa “equazione processuale”, gradita e sostenuta», sarà una decisione rischiosa, poiché «la funzione della testimonianza è diventata variabile. Vale, se contraria all’accusato; rischia di essere ritenuta “falsa”, se favorevole». L’altro precedente, invece, «prefigura l’eventualità che chiunque possa finire, per ragioni non esattamente giuridiche, nel tritacarne della “rivoluzione per via giudiziaria”».

In effetti per cancellare Berlusconi dalla scena politica «è stato sufficiente che l’imputato frequentasse un certo numero di ragazze – già bollate come “puttane” dalla pubblica accusa – fra le quali una minorenne; che quest’ultima accennasse, in una telefonata intercettata – non assumibile come prova in altri paesi, ma qui trasformabile, e trasformata, in accusa – a rapporti, diciamo così, “molto stretti” con lui (anche se, poi, smentiti, in sede processuale)». È così che la lotta politica in Italia, chiosa Ostellino, «ha assunto una nuova dimensione».

 



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