Sono loro, insieme con Nikita il rosso, gli autori del libro. Sono le loro esigenze ad incarnare, in perfetto stile vendolese ed in perfetto linguaggio vendolese, ed in perfetto accordo ideale con il leader di Terlizzi, figura oramai cardine del centrosinistra dell’oggi e del domani, le soluzioni. Da qui passano le strategie. Tanto che il decalogo contenuto nel libro altro non è che una lunga discussione, ma anche un documento politico, un programma di partito, una collezione di propositi. Sfide e necessità, dall’urgenza del recupero della città, alle ricette per l’economia, dalla pazza scommessa (vinta) delle rinnovabili, all’esigenza della cultura. Con la scuola sullo sfondo e l’aura di don Tonino Bello fluttuante e veleggiante ed una eccessivamente misticata immagine della Puglia, Nichi ed i Nichini cantano alla luna l’ode della speranza. Talora, forse, con eccessivo compiacimento, talaltre calcando con eccessiva pressione la penna della speranza sul foglio del presente.
E poi predizione profetiche. Quasi come in uno dei tanti editoriali su Fukushima, i fabbricanti picconano impietosamente le strategie nucleari della cricca atomista. Un’avventura di cui “l’Italia non ha bisogno”, perché “antieconomica”. E, soprattutto, per quel cartello non in vendita che recita: “Cernobyl non è più qui”. L’ha spinta lontano la voglia di partecipazione alle sorti di territorio, il desiderio di abitare città che siano “la scena dell’agire insieme, non più dell’ideologia della salvezza individuale”, dove ognuno viene prima di tutti. Forse, e forse soprattutto, l’ha spinta alla deriva la sequela deprimente di fallimenti dell’atomo, dal caso ucraino a quello giapponese. Con il precedente di Three Miles Island, Usa.
Piuttosto, il libro regala un omaggio alla strategia delle rinnovabili (anche se con il limite di non mettere mano ad un piano organico, ma in linea tutto sommato teorica), come forma nuova di rispetto dell’ambiente. Come, in più, alternativa ad un sistema distruttivo e logorante, che utilizza tutto lo specchio delle risorse della terra per farle propedeutiche alla produzione, al soddisfacimento delle impellenze economiche prima ancora che umane. Come resistenza al capitalismo predatorio, antidoto all’“istinto maldestramente mercantile” che accompagna le scelte dei governanti a tutto scapito della creatività.
Un viaggio nei meandri dei principi che hanno fatto il vendolismo e che lo perpetuano. Nel tornio di quei grossi capannoni valoriali che sono le Fabbriche che portano il nome del governatore.
Nichi Vendola e La Fabbrica di Nichi, “C’è un’Italia migliore”, Fandango 2011
Giudizio: 3 / 5 - Eccessivo