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Prof. Vincenzo Ferrone. Candidato Rettore per l’Università di Torino

Creato il 03 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Le ultime elezioni studentesche in UniTo hanno creato uno scenario particolarmente favorevole per gli Studenti Indipendenti; il risultato carica sulle spalle dei SI (i cui eletti superano di gran numero quelli di Obiettivo Studenti, storicamente legato a Comunione e Liberazione) la responsabilità di eleggere, il prossimo dieci aprile, il Magnifico Rettore dell’Università. Quattro i candidati, nomi eccellenti nella galassia universitaria: Gianmaria Ajani, già Preside di Giurisprudenza, sembrerebbe il favorito; Anna Maria Poggi, docente di istituzioni di diritto pubblico vicina agli ambienti di CL; Adalberto Merighi, che Lo Spiffero ha definito “il traghettatore della vecchia nomenclatura al potere durante gli anni della gestione Pelizzetti”; e Vincenzo Ferrone, docente di Storia Moderna e ideologicamente prossimo alla sinistra. Abbiamo intervistato, ponendo quattro domande ‘standard’, i quattro candidati, nell’ottica di capire i loro eventuali rapporti con la politica regionale e nazionale, il loro modo di porsi nei confronti della rappresentanza studentesca e i loro progetti in caso di elezione a Rettore.

Immaginiamola Rettore dell’Università degli Studi di Torino. Il suo ruolo la pone in cima ad una piramide formata da 70.000 studenti e un grande numero di docenti, ricercatori, impiegati nell’amministrazione i cui diritti sono stati più volte, nel corso degli anni, presi di mira dalla politica a diversi livelli. Come può porsi l’istituzione Rettore nei confronti della politica? Come intende porsi lei?
Accettando la sfida della politica. Battendosi pubblicamente per una università pubblica e di livello aperta a tutti, coniugando sempre, come diceva Rousseau merito e bisogno, talento e virtù. Non esiste il vuoto il politica; se lo spazio non è occupato da chi difende i diritti – ed io studio da trent’anni la cultura dell’Illumnismo e insegno con passione i diritti dell’uomo a scienze politiche – è impensabile che lo facciano chi non ha mai creduto al potere emancipatorio della cultura e dell’istruzione.

A seguito delle elezioni tenutesi nei vari atenei che hanno visto la vittoria degli Studenti Indipendenti, come pensa/spera si svolgerà in futuro la vita politica all’interno dell’Università?
Spero molto meglio che in passato. Più trasparenza finalmente, meno bande armate di baroni: un diretto e responsabile coinvolgimento dei giovani nel governo dell’Ateneo. Abbiamo tutti da guadagnare dalla più larga partecipazione possibile al processo decisionale. Forse solo giovani preparati e responsabili, ancora ricchi di passione civile possono infatti cacciare con qualche speranza di successo i mercanti dal tempio. Personalmente in passato ho raccolto molte cocenti sconfitte. Ma non dispero!

Quali sono gli obiettivi che si propone di raggiungere da rettore? Immaginiamo che lei conosca i suoi tre colleghi candidati, nello specifico in cosa differisce la vostra idea di gestione dell’Università di Torino?
Vorrei ammodernare questo benedetto ateneo e aprirlo il più possibile. La differenza credo stia nel metodo di governo. Per la mia storia, per i miei ideali, basta del resto leggere i miei libri, io ritengo indispensabile il ricorso alla democrazia e allo spirito repubblicano. Il diritto allo studio se non è universale e uguale per tutti diventa solo un privilegio odioso per pochi nati bene. E nella mio essere profondo io resto il figlio di un operaio della FIAT che ha sempre lottato per l’emancipazione attraverso l’istruzione. La verità è che l’Antico Regime, i diritti del sangue e della ricchezza continuano a prevalere come cerco di spiegare ai miei studenti. Ma la lotta deve continuare.

Non crede che la scelta di investire in un’opera come il Campus Luigi Einaudi senza prendere in considerazione eventuali ristrutturazioni alle diverse strutture fatiscenti e poco confortevoli di cui l’università è dotata costituisca un trattamento dispari tra studenti dotati di eguali diritti?
Condivido queste considerazioni circa la diversità di trattamento. Il fatto è che nel passato l’economia del debito e il partito del mattone spingeva a fare cattedrali piuttosto che a risanare l’esistente e garantire l’eguaglianza dei diritti. Occorre cambiare rotta anche perche i soldi sono terminati e quei pochi che restano devono servire a tutti.

Articolo di Jacopo Calzi e Matteo Fontanone

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