Filippo Juvarra nasce a Messina il 27 marzo 1678 da Pietro e da Eleonora Tafurri, sua seconda moglie. Il padre ha una importante bottega di argenteria ed è lì che il giovane, come i quattro fratelli maggiori, comincia a farsi artisticamente le ossa. "di naturale molto vivace, e di buonissimo intelletto", come scrive il fratello nella sua biografia, il ragazzo si esercita nel disegno della figura e a dodici anni viene avviato agli studi ecclesiastici. A venticinque anni, ordinato sacerdote, si reca a Roma per perfezionarsi nell'architettura. Vince un importante concorso ma la morte del padre lo induce nel 1705 a tornare a Messina, dove rimane giusto il tempo per occuparsi di un paio di progetti; nel 1706 infatti lo ritroviamo prima a Napoli e poi nuovamente a Roma, dove si dedica allo studio delle architetture michelangiolesche, che ammira sperticatamente. Riempie album su album di disegni
che non sono soltanto incredibilmente belli ma anche molto approfonditi dal punto di vista tecnico, dal che si desume che Juvarra non è soltanto un teorico ma conosce molto bene il cantiere. A Lucca, dove gli vengono affidati numerosi incarichi, propone soluzioni spaziali sperimentali e innovative, a soli ventotto anni diventa membro dell'Accademia di S. Luca e viene nominato insegnante unico del corso di architettura, ruolo che ricopre almeno fino al 1711. Ma mira molto più in alto: vuol diventare architetto di corte e cerca la raccomandazione del direttore dell'Accademia di Francia a Roma.
L'invito alla corte di Luigi XIV non arriva, ma in compenso gli viene offerta la carica di cappellano al servizio del cardinale Piero Ottoboni, dove si occupa di allestimenti teatrali mettendo in luce eccezionali doti di scenografo, di illustratore di volumi e di progettista di apparati effimeri (un Nicolini ante litteram?) tra i quali il progetto per l'allestimento della chiesa di san Luigi dei Francesi per la commemorazione funebre del delfino di Francia. Frequenta gli artisti protetti dal cardinale, tra i quali il musicista e compositore Arcangelo Corelli, viene accolto nell'Accademia dell'Arcadia di cui Ottoboni era protettore, e riprende l'attività di maestro di architettura. Ma sarà nella sua città natale che Juvarra troverà l'occasione della vita: Vittorio Amedeo II di Savoia, diventato re di Sicilia a seguito del trattato di Utrecht del 1713, è a Messina per prendere possesso dell'isola, in quello stesso anno è morto Michel Angelo Garove, architetto di corte di casa Savoia, e Amedeo sta cercandone un successore. Incarica Juvarra dell'ampliamento del palazzo reale di Messina, il progetto gli piace e Juvarra viene nominato "primo architetto civile" del Regno sabaudo ancor prima di salire sulla nave. Lavora durante il viaggio, evidentemente, perchè il primo disegno, uno schizzo per il nuovo altare della Sindone, lo sforna il 10 ottobre 1714, lo stesso giorno in cui mette piede a Torino. Non è soltanto progettista ma segue direttamente tutto il processo costruttivo, si stabilisce perfino in un appartamento all'interno dell'università per controllare meglio il laboratorio modelli e mette mano alla basilica di Superga,
e al rifacimento della facciata delle due chiese gemelle in piazza san Carlo (ma verrà realizzata soltanto quella di sinistra, santa Cristina),
e in un crescendo febbrile si occupa del completamento della imponente residenza della Venaria reale,
iniziata da Amedeo di Castellamonte e lasciata interrotta da Garove, con la realizzazione della splendida galleria di Diana
e della chiesa di S. Uberto
e poi il castello di Rivoli, la cui ristrutturazione era stata iniziata già dal Garove.
Su incarico di Madama Reale, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours vedova di Carlo Emanuele II e madre di Vittorio Amedeo II, Juvarra realizza la nuova facciata di palazzo Madama
e il monumentale scalone interno a due rampe
nel frattempo riesce pure a realizzare delle residenze private, come il palazzo dei conti Birago di Borgaro
e la residenza Martini di Cigala
La collaborazione tra il re e l'architetto è felice frenetica e fruttuosa anche se, tra i progetti in cui i due si imbarcano, molti subiscono per forza di cose ritardi e interruzioni, e tantissimi sono destinati a restare sulla carta.
(continua)