Progettare con la luce per disegnare spazi urbani e nuove architetture

Creato il 06 febbraio 2014 da Lightingweb
Nuovi mezzi tecnici consentono oggi di realizzare quella simbiosi tra luce e architettura che da sempre sta a cuore ai lighting designer. Abbiamo incontrato uno dei più innovativi architetti spagnoli, che ci spiegano come Luce, materiale di lusso per l’architettura

Alberto Campo Baeza è un architet­to spagnolo, originario della città di Valladolid nel nord del paese iberico. Per diversi anni ha vissuto a Cadice. Ha ereditato dal padre lo spirito dell’ana­lisi, dalla madre l’amore per l’architet­tura. Oggi vive a Madrid dove gestisce il suo studio. Ha fatto diventare la sua passione per la luce, naturale o artifi­ciale che sia, una vera e propria filoso­fia di vita. È stato definito da Manuel Banco (Membro della Confederazione Internazionale dei Musei di Architettu­ra, curatore e progettista) uno degli ar­chitetti più puri e radicali che costruisce gli spazi anche solo con la luce del so­le e quindi lasciandoli in continuo mu­tamento.

La persona ideale per una conversazio­ne sul rapporto tra luce e architettura.

LIGHTING MAGAZINE Architetto Ba­eza, ho letto tanti suoi interventi su architettura e luce. In sintesi, come possiamo definire la relazione tra que­sti due elementi: sono dipendenti l’uno dall’altra o si completano?

ALBERTO CAMPO BAEZA Ho scritto molto sulla luce è vero, perchè penso che sia il materiale più lussuoso che gli architetti possano utilizzare, ma sicco­me non costa nulla, spesso lo si dimen­tica. La luce è un materiale esattamente come la pietra, ha un suo corpo, una sua consistenza che si possono con­trollare e gestire. Secondo me la luce e l’architettura sono l’aria e la musica: quando l’aria attraversa uno strumen­to, ecco che si crea la musica. Allo stes­so modo, quando la luce attraversa lo spazio…ecco l’architettura. Spesso ho paragonato la luce al sale: quando la lu­ce è dosata con precisione, come il sa­le, l’architettura può raggiungere il suo punto migliore. E’ solo quando un ar­chitetto prende coscienza di questo che scopre il vero senso del suo lavoro e il perchè valga la pena essere un archi­tetto. Gli antichi architetti utilizzavano i marmi e bronzi, mentre quelli di oggi usano acciaio e vetro e plastiche spe­ciali. Tutti cercano di creare con questi materiali architetture che colpiscano e stupiscano, ma in realtà è la luce il ma­teriale principale.

LM Con questo approccio come vive l’illuminazione artificiale? Che illumi­nazione pensa per un palazzo storico? Che differenze ci sono nell’illuminare uno moderno?

BAEZA La luce artificiale è importantis­sima, ecco perchè il lighting designer è una figura essenziale nella progettazio­ne di uno spazio, qualunque funzione esso abbia. In particolare, nell’illumi­nare uno spazio architettonico interno o esterno che sia bisogna essere mol­to attenti a compiere le scelte giuste, che non modifichino quello spazio, ma lo esaltino e lo migliorino a prescinde­re dal periodo storico a cui appartiene l’edificio. Non penso che un’architettu­ra storica abbia più difficoltà, è solo che probabilmente ha più particolari, ha – letteralmente – più storia da raccontare e la luce è un materiale importante per vedere e conoscere. Recentemente ero al Museo del Prado a Madrid di fronte alla Maya di Goya: la luce artificiale era decisamente troppo forte, continuava a interferire creando inutili riflessi sul vetro. Questo è un in­tervento sbagliato, sia per il quadro che per l’ambiente circostante.

LM Architetti e lighting designer spes­so lavorano insieme, soprattutto nel­la ristrutturazione o riqualificazione di un palazzo. Cosa può fare oggi l’archi­tettura con i nuovi sistemi di illumina­zione?

BAEZA Se la quantità di luce usata è importante, certo non lo è meno la qua­lità. Gli architetti dovrebbero ascoltare il lighting designer, perchè è lui l’esper­to che può far ottenere il miglior risul­tato. D’altronde un architetto non può sapere tutto. Ad esempio, quando pro­getto un edificio, io conosco bene la struttura portante, ma allo stesso tem­po mi avvalgo di un esperto in calco­li. Lo stesso vale con la luce artificiale, soprattutto adesso che ci sono nuovi sistemi all’avanguardia, stupendi ma difficili da conoscere perchè continua­no a cambiare. Per esempio la possi­bilità di fare un muro di luce uniforme e dimmerabile con i Led è davvero un regalo della tecnologia attuale, qual­cosa con cui giocare ma con cognizio­ne di causa. L’architettura, o meglio, gli architetti devono scendere a patti con questa nuova realtà e considerare la lu­ce parte integrante del progetto.

LM Secondo lei la luce può essere un elemento che aiuta a definire l’identità di una città? Le nuove tecnologie ci aiu­teranno a uscire dalla crisi?

BAEZA Quando si diceva che Parigi era la città della luce, ci si riferiva alla lu­ce artificiale. Oggi, Piccadilly Circus a Londra o Times Square a New York so­no luoghi bellissimi proprio per la luce artificiale. Da tempo la luce caratterizza un luogo, addirittura una città. Direi che è arrivato il momento di co­minciare a considerare la luce realmen­te come un materiale di costruzione e dare una nuova spinta alla storia dell’ar­chitettura. In questo periodo storico serve sperimentazione per uscire dalla crisi. Il mio ultimo progetto, una torre di vetro bianca a Dubai, è una colonna di luce e nella notte appare come un fa­ro che si stacca da tutto il resto, ma at­trae e dà sicurezza. Nel mio prossimo progetto invece vor­rei usare, sia per la facciata che per l’interno, degli schermi di luce e delle immagini in movimento. Penso che il futuro stia andando in quella direzione e noi architetti dobbiamo seguirlo e im­parare dalla luce.


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