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Tramonto dal mio studio,Firenze 15.11.2011.
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Il concetto di progresso, in cui è sottintesa la possibilità di una misurazione quantitativa e qualitativa,è di origine recente; esso fu sostanzialmente ignoto agli antichi e rimase in ombra per tutto il Medioevo; nel mondo greco-romano è diffuso il mito di una primitiva ”età dell’oro”, a paragone della quale tutta la storia successiva si configura come un processo di decadenza. Nell’età di mezzo, la concezione cristiana della ”caduta”, del peccato originale, viene in parte almeno a rinnovare quell’idea del peggioramento che era stata degli antichi, e se pur ammette una forma di progresso umano, la si spoglia però di ogni valore autonomo ponendone il fine ultimo al di là del mondo e della storia. Successivamente le prime avvisaglie del concetto di progresso con un importante formazione dello stesso lo ritroviamo nelle discussioni svoltesi tra il Cinque e il Seicento nelle questioni degli ”antichi” e dei ”moderni” dove gli spiriti più profondi: Giordano Bruno, Bacone, Pascal, contrappongono la sapiente ”vecchiezza” del mondo moderno alla ingenua e sprovveduta giovinezza del mondo antico, affermando che i veri antichi, quelli più ricchi di passato e quindi più esperti, più maturi, più colti, più consapevoli, sono proprio i moderni. La vita dell’umanità può essere paragonata a quella di un individuo immortale la cui esperienza si accresce senza tregua. In queste considerazione si ravvisa un avvertimento della storicità del patrimonio umano, che si costituisce, si allarga, si arricchisce nel tempo. Quello che viene chiamato, per modo di dire, civiltà, viene visto come un processo formativo e complesso, in cui ogni tappa è organicamente connessa alla precedente e alla successiva.
La nascita e lo sviluppo dell’idea di progresso corrispondono alla coscienza diffusa che è stato raggiunto un certo rapporto tra la società e la natura (incluso nel concetto di natura quello di caso e di irrazionalità) tale per cui gli uomini sono più sicuri del loro avvenire, possono concepire razionalmente dei piani complessivi della loro vita (Antonio Gramsci). Quando noi affermiamo che siamo civilmente progrediti sugli uomini degli altri tempi intendiamo per esempio dire che non vi sono più schiavi, che gli uomini sono tutti uguali davanti alle leggi, che le mogli non si comprano, che i figli non si vendono, che i preti non hanno diritto di mandarvi in Paradiso a loro arbitrio e così via, sino al fatto che la coscienza del progresso è diventata fede in esso e di fede proposito. (Antonio Labriola). Non v’è progresso o miglioramento automatico, vi è una quasi automatica accumulazione di conoscenze e di potere, e di questa accumulazione possiamo servirci sia per l’auto-emancipazione, sia per l’auto-distruzione. (Richard Crossman). Se il progresso sociale e morale fosse ovunque avanzato quanto quello tecnico e scientifico, non vi sarebbe pericolo che i mezzi di cui dispone la civiltà venissero impiegati per distruggere la civiltà stessa.
A L B O R I I N L O N T A N A N Z A
Venire
albori in lontananza
e ascoltate:
Le nostre voci
non hanno più parole!
Tutto
abbiamo detto di tutto.
Abbiamo detto
che morivamo di fame,
che morivamo di fatica,
che eravamo vagabondi,
mutilati, assassinati,
mendichi, pezzenti,
bifolchi, cornuti,
imprigionati.
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Venite
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albori in lontananza
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e ascoltate.
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