prolegomeni ad una scatologia prezzolata che vorrà presentarsi come lavoro – dissertazioni entropiche parte 5

Creato il 19 maggio 2010 da Nefarkafka666

Sotto l’autarca troviamo una schiera di protozoi con varie mansioni e responsabilità che vengono regolarmente delegate ai sottoposti a cascata con una decisa tendenza alla discesa. Non è quindi raro che il planning di fine anno ed il piano industriale vengano redatti dalla donna delle pulizie che, con i sui 58 anni e la sua quinta elementare, dimostra tristemente di essere ben più capace di un rampante fighetto con i capelli impomatati ed un master a Stresa.

Da ciò emerge un inquietante dato di fatto: il requisito fondamentale per essere un capo, un responsabile e ricoprire un incarico che comporti la gestione e l’organizzazione di un certo numero si schiavi gergalmente definiti come risorse umane, è l’incapacità. Il capo che sceglie i capi che staranno sotto di lui non può permettere che questi ultimi siano brillanti, intelligenti e capaci. Le ragioni principali sono due ed alquanto ovvie: la prima è che così ha continue ragioni (volgarmente dette “scuse”) per poter sfoggiare i propri istinti belluini urlando e scatarrando insulti quando si presenterà l’inevitabile cazzata. La seconda è che dei collaboratori più capre di lui non corrono il rischio di metterlo in ombra. Insomma: nella terra dei ciechi l’orbo è re.

Altra dote che contraddistingue un buon capo è la completa disorganizzazione. Alcuni cercano di far spacciare il porcile che si trova sulla scrivania come la manifestazione creativa di un approccio veloce, frenetico e produttivo al lavoro che non lascia tempo, nella vis operativa, a fronzoli inutili come l’ordine e la pulizia. In realtà egli ha un’idea estremamente vaga di quello che dovrebbe fare. Non solo: tali compiti lo interessano come la meccanica quantistica potrebbe interessare ad un parrucchiere gay fan sfegatato degli Spandau Ballett. Visto che del suo lavoro poco se ne cale perché mai dovrebbe prendersi la briga di organizzarlo a dovere? Lo stipendio evidentemente non è un incentivo sufficiente.

Le conseguenze si concretizzano in episodi che sono a metà strada tra il vaudeville ed il dramma kafkiano. Ecco una telefonata tipo.

Capo: “Giovanni… ma dove sei?” da notare il piglio decisionista che fa passare in secondo piano anche le basilari norme della buona educazione.

Dipendente: “Veramente sono Luca…”quasi scusandosi di non chiamarsi Giovanni per non contraddire il boss.

C: “Ah sì, scusa… ma dove sei?” in realtà

D: “Sono dal veterinario a fare la vaccinazione al cane.”

C: “Va bene… ma non hai letto la mail che ti ho mandato?”

D: “Non credo… ma a che ora me l’hai mandata?”

C: “Venti minuti fa.”

D: “Beh, veramente oggi sarei di pomeriggio e la mail l’avrei letta solo oggi appena cominciato il turno.”

C: “Ma come… non ti avevo detto che oggi facevi la mattina?”

D: “Veramente no… anzi l’altro ieri mi avevi detto che oggi avrei dovuto fare assolutamente il pomeriggio… come previsto tra l’altro dalla mia normale turnazione…”

C: “Ma come? Con l’ispezione di oggi non lo sapevi che era necessario che venivi di mattina?”

D: “Mi dispiace… ma non ho ricevuto comunicazioni… e non essendomi stato detto nulla non potevo autorizzarmi da solo ad un cambio turno.”

C: “Va bene… sì… però dai… un po’ di iniziativa… anche se non ti ho detto nulla… era praticamente scontato… su… cioè non dovete sempre aspettarvi che vi dica tutto io ogni volta… bisogna essere proattivi… lo sai… dai… ti aspetto tra mezz’ora…”

D: “Ma veramente…”

C: “A tra poco ciao. CLICK!”

Una dote però al capo bisogna riconoscerla: la capacità di far ricadere sugli altri i suoi problemi e lo scaricarsi di ogni responsabilità. Questo è vero talento: perché questa cosa non te le insegnano da nessuna parte. Bisogna avercela dentro e tirarla fuori al momento giusto… con sapienza. Esattamente come un peto.