Promemoria per il futuro: smetterla di scegliere i libri dal titolo.

Creato il 19 ottobre 2013 da Phoebe1976 @phoebe1976

Ci sono libri che perfettamente disegnano un’idea con il loro titolo, creando aspettative, aspirazioni e legittimi desideri. Rendendosi perciò, perché no, anche appetibili al mercato.

Ed è questo il caso di questo libro: “Tentativi di botanica degli affetti”. Non è bellissimo?

Sottende una ricerca, un tormento, una lotta in sé che avevo voglia di leggere e divorare.

In più è stato anche candidato al Premio Campiello, mi sono incuriosita.

Così eccoci qui, nel mondo ottocentesco di Bianca Pietra, ragazza di origini borghesi con madre inglese e padre italiano, cresciuta all’estero e che, una volta rimasta orfana, decide di usare il suo talento per la pittura e lavorare invece di maritarsi e trovar pace, cosa estremamente scandalosa per l’epoca. Così, grazie ai buoni uffici del suo mecenate, trova accoglienza e lavoro di illustratrice botanica a Brusuglio, nella residenza estiva di colui che chiamano Il Poeta, uomo ombroso con una colorita e scapestrata tribù fatta di madre, moglie, figli, istitutori, nutrici, giovanotti senza arte né parte, servette misteriose e vicini strambi.

Immediato il parallelismo tra Il Poeta e Alessandro Manzoni, che proprio a Brusuglio aveva la sua residenza estiva ed era noto all’epoca per le sue stravaganze.

Buone premesse, mi pare.

Peccato che il libro, molto accurato nella ricostruzione storica ed attento fino al parossismo ai dettagli, navighi nel mare della noia, le pagine come macigni, lasciando al lettore la sensazione che non si riesca ad avanzare mai. Perché se è vero che la Masini tratteggia bene i suoi personaggi e ne descrive i caratteri in un guizzo, tutto intorno a loro è immoto, fino al finale troppo veloce ed incomprensibile, almeno per me.

Bianca, la protagonista, mi ha dato l’idea sin da subito di una sorta di eroina di Jane Austen venuta male; per questo non ho potuto far a meno di ridere al suo stesso definirsi una sorta di Emma Woodhouse mal riuscita. Che sia voluta dalla scrittrice questa mia sensazione? Ad ogni modo, è tutt’altro che piacevole. Non si riesce ad amare Bianca, ad avere empatia con lei. Al massimo si ha a cuore Pia, con il suo candore infantile, ma anche lei è distante.

Ed è un peccato perché le premesse per intrigare erano molte, tutte interessanti e piene di fascino. Ma la scrittrice ha scelto di velare il tutto con l’ombra del non detto, molto opportuna per l’epoca ma difficile da gestire in un romanzo rendendo tutto confuso e lento.

Insomma, poteva andar meglio, decisamente.


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