Regista cinematograficamente bipolare, che a volte dirige film estremamente sperimentali, mentre altre si accontenta di firmare progetti decisamente più mainstream, Gus Van Sant non delude e il suo Promised land conquista il cuore, lasciando la mente libera.
Certamente la bonaria espressione da bravo ragazzo di Matt Damon e la misurata interpretazione di Frances McDormand, supportati da una sceneggiatura furbina ed empatica, raccolgono il favore dello spettatore, ma è l’occhio affettuoso del regista a compiere il miracolo. Basta guardare con quale partecipazione Gus Van Sant inquadra la provincia americana, la sua gente e le sue consuetudini. Terre verdi e rigogliose, contadini che dividono equamente il loro tempo tra il lavoro dei campi, la famiglia e una fetta di torta, ambizioni negate, miseria e tanta incertezza.
La profonda incapacità di cogliere l’essenza del cambiamento di un mondo, che troppo velocemente si trasforma, mutando la certezza della terra in liquida inafferabilità, cammino di consapevolezza e crescita, Promised land racconta la promessa di qualcosa che va oltre, un abbraccio collettivo, partecipato e penetrante, capace di porre forse fine alla supremazia del singolo, per dare il benvenuto al regno della comunità.
Forse scontato per alcuni, certamente semplice per altri, timidamente sincero e profondamente umano per il sottoscritto.
Non è poco, fidatevi.
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VOTO
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