Da allora, il maestro dell'obiettivo non ha mai perso occasione di spiegarci con la sua raffinata dialettica come, perché e quanto schifo facciano i lavori di noi pubblicitari di scuola tradizionale, talvolta addirittura ancora legati a concetti anacronistici quali la ridicola "promessa". Nel corso degli anni, il genio del limbo bianco ha ampiamente dimostrato che paga anche sparare sulla croce rossa, soprattutto se la croce rossa in questione è così rincoglionita da farsi sparare addosso persino dai fotografi.
Per quel che mi riguarda, una volta imparato dal virtuoso del click quale pubblicità non devo fare (scoprendo con sorpresa che si trattava dello stessa che mi hanno insegnato a non praticare), mi sono sempre aspettato di venire illuminato da qualche buon esempio della pubblicità che invece dovrei fare. Soprattutto nel malaugurato caso in cui non si possa disporre di un'immagine sufficientemente scioccante da associare, che so, a un biscotto per la prima colazione. Oppure quando, disgraziatamente, il piano mezzi è talmente misero da non potersi nemmeno permettere di tappezzare la città con i 6x3. Perché quando la provocazione ha in mano solo una manciata di paginette il gioco si complica un tantino. Sfortunatamente, l'illuminazione non mi si è ancora palesata e io sto ancora aspettando.
Ma veniamo al dunque. Quando, un paio di mesi fa, uscendo come ogni mattina dalla putrida stazione del passante ferroviario, il mio sguardo andò a finire su un 6x3 raffigurante un gruppetto di mezzibusti nudi ambosessi e di varia pelle con i volti coperti da maschere da cane e gatto e una scritta recitante "amore..." (sì, proprio coi puntini), la mia reazione superò di poco la soglia della più totale indifferenza. Al brutto ci sono abituato, al nudo anche, al non capire che cosa mi si voglia vendere ci ho fatto ormai il callo, fatto sta che assegnai distrattamente l'opera al vasto e per me quasi sempre indecifrabile cosmo dell'abbigliamento, magari intimo.
Il giorno seguente, al secondo passaggio, mi resi conto di quanto fossero brutte le maschere, tristi le carni e l'insieme, ma soprattutto mi accorsi della presenza di una lettera elle sulla parola "amore...", come fosse aggiunta di getto a mano. Quindi leggasi "l'amore..." grazie a divertente grafica.
La terza mattina, colto da uno dei miei sempre più rari raptus di curiosità professionale, decido di avvicinarmi a sufficienza per poter leggere bene il marchio e soprattutto le microscritte intorno ad esso. Eccomi lì, col naso per aria e gli occhi strizzati, come un bambino che guarda gli aerei, o meglio, come un coglione astigmatico che cerca di leggere a qualche metro sopra la sua testa, incurante degli sguardi degli operai lì intorno, probabilmente convinti che io sia lì per adorare le due paia di tette, per tristi che siano.Infine, leggo, dall'alto in basso: Alimenti per cani e gatti - Almo Nature - Dal loro punto di vista. E qui sì che l'illuminazione viene a rischiarare di colpo le mie fosche capacità intellettive, e in un attimo solo comprendo qual è il prodotto e la genialità del copy.
Almo Nature, da cui l'Almore del titolo, ecco come andava letta la elle sbarazzina! Almore... un simpatico giochino di quelli che se ci provavi da junior ti garantivi prese per il culo per il resto dei tuoi giorni, più venti nerbate per l'uso dei puntini di sospensione. Ma che importa il copy, in fondo il pezzo forte della campagna è il visual, questa magnifica immagine capace di trasmettere gioia, solarità, simpatia come poche altre, soprattutto nel ramo degli scambisti mascherati in piena depressione.
Ancora un po' scosso dall'esperienza, una volta seduto alla scrivania decido di dar fondo alla mia curiosità e chiedo informazioni al web. Scopro così che la campagna Almo Nature non è una campagna e basta, bensì una campagna di Oliviero Toscani, che ancora una volta è riuscito a lanciare una provocazione delle sue, suscitando indignazione tra le composite fila dello schieramento braghettone italiano, il suo vero target da sempre che abbocca sempre. Sul web è già polemica, è già botta e risposta, è già parlarne purché se ne parli, e, porcaccia la miseria, ne sto parlando anch'io. Quindi basta.
Benvenuto in porkfolio, Maestro Toscani.
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