Tutto è bene quel che finisce bene, si dice. Con i suoi contributi di ieri e di oggi Fabio Garrini ci ha dato conto del contenuto tecnico del DPCM che ha ufficialmente differito i termini per il versamento delle imposte per i soggetti interessati da studi di settore. Si trattava di una proroga tanto attesa quanto annunciata, ma che davvero è arrivata sul filo di lana.
Proprio su questo punto volevo svolgere qualche riflessione in ordine sparso, in un momento storico in cui trapelano, da ogni dove, roboanti affermazioni di principio in merito a volontà di riforma del comparto pubblico, tutte fondate sul concetto di esigenze di semplificazione e sulla volontà di riformare il rapporto tra cittadino e amministrazioni statali.
A mio giudizio si è davvero cominciato con il piede sbagliato (nel senso che si continua a perseverare in un atteggiamento inammissibile) e, sempre ricorrendo all’ausilio delle frasi fatte, se il buon giorno si vede dal mattino, … nutro più di qualche timore.
Provo a fare una rassegna degli ultimi accadimenti:
- giorno 12 giugno: black out dei servizi telematici dell’Agenzia. Ma non era il gioiello che tutti ci invidiano in Europa? E tutto si guasta proprio a ridosso delle scadenze? Veramente bizzarro;
- giorno 12 giugno: varata la nuova versione del software Gerico (release 1.0.2), ricca di correzioni e modifiche formali e sostanziali. A quella data la proroga non era ancora ufficializzata e se qualche contribuente aveva già chiuso la propria posizione, potrebbe essere scattata la necessità di una rivisitazione. Non mi pare una condizione ragionevole in cui operare;
- giorno 14 giugno: è sabato, e l’Italia è tutta impegnata alla stesura della formazione degli azzurri, in vista della partita con l’Inghilterra. Qualche commercialista lavora, ahimé, e forse è talmente sommerso dalle dichiarazioni che non si preoccupa di visionare il sito dell’Agenzia delle entrate e del Mef, su cui compare il comunicato stampa che annuncia la proroga. Si badi bene che di questa proroga si parlava da almeno un mese e, per di più, c’era il precedente del rinvio del modello 730 già annunciato in anticipo. Ma non si poteva provvedere in anticipo? Perché ridursi sempre all’ultimo minuti esasperando inutilmente gli animi?
Mi fermo qui, perché mi rendo conto da solo che non è importante continuare, in quanto lo stile è già ben evidente.
Su queste situazioni si dovrebbe misurare l’efficienza della pubblica amministrazione, senza cercare di imputare la colpa all’Agenzia o al Ministero. E’ inutile pensare alla dichiarazione precompilata, se non si riesce nemmeno a creare il clima corretto per consentire a tutti coloro che lavorano nel comparto tributario di poter svolgere il proprio compito con un minimo di tranquillità.
Ed allora, quando arriverà il momento in cui tutte queste cose non accadranno più? Perché dobbiamo rincorrere la TASI (pensata, creata ed applicata in modo veramente incredibile) per sentirci dire che se ci saranno degli errori non verranno applicate sanzioni? Ed ancora, perché quando si crea un tributo non lo si testa in modo coerente prima di applicarlo?
Una sola istanza dovrebbe essere portata avanti con serietà: individuare il momento zero in cui sono disponibili tutti gli strumenti ritenuti utili per applicare una norma e da li concedere un giusto lasso temporale per gli adempimenti necessari (lo Statuto del contribuente dice 60 giorni, ma si prenda pure un termine logico qualsiasi). Ad ogni modifica corrisponde un altrettanto termine di altri 60 giorni e la precisazione che chi ha già adempiuto in modo difforme è comunque tutelato.
Se fosse necessario, mi candido per scrivere una bozza di articolato, basta saperlo con un’ora di anticipo, di più non serve. Tutto il resto è noia, come diceva il Califfo!
Giovanni Valcarenghi per ecnews