Prosa della Transiberiana e della piccola Jeanne de France

Creato il 09 settembre 2010 da Linda



A quel tempo ero soltanto un ragazzo
Sedici anni, ma chi si ricordava più dell'infanzia
A 16000 leghe dal luogo di nascita.
Ero a Mosca, nella città dei mille e tre campanili e delle sette stazioni
Ero a Mosca e non mi bastavano le sette stazioni e i mille e tre campanili
Poiché così ardente e folle era allora la mia adole¬scenza
Che il mio cuore volta volta bruciava come il tempio di Efeso o la Piazza Rossa
Al tramonto del sole.
E i miei occhi illuminavano piste dimenticate.
Ero già sì cattivo poeta
Al punto da non sapere andare fino in fondo alle cose.
Il Cremlino era un immenso dolce di Tartaria
Con la sua crosta dorata,
Le grosse mandorle delle cattedrali bianchissime
Il miele prezioso delle campane...
Un vecchio monaco mi leggeva la leggenda di Novgorod
Avevo sete
E decifravo caratteri cuneiformi
Poi d'un tratto s'alzavano dalla piazza le colombe dello Spirito Santo
E le mie mani prendevano il volo, con fruscii di gabbiani
Ultime memorie dell'ultimo giorno
Dell'ultimo viaggio
Del mare.
Ma ero un pessimo poeta.
Non sapevo andare fino in fondo alle cose.
Avevo fame
E tutti i giorni e tutte le donne nei caffè e tutti i bicchieri
Avrei voluto berli e spezzarli
E tutte le vetrine e tutte le strade
E tutte le case e tutte le esistenze
E tutte le ruote delle carrozze che svoltavano in un turbine sul cattivo selciato
Avrei voluto gettarle in una fornace di spade
E avrei voluto frantumare tutte le ossa
E strappare tutte le lingue
E liquefare tutti quei corpi immensi strani e nudi sotto panni di incubo...
Presentivo la venuta del grande Cristo rosso della ri¬voluzione...
E il sole era una brutta piaga Aperta come un braciere.
A quel tempo ero soltanto un ragazzo
Sedici anni, ma chi si ricordava più dell'infanzia
A Mosca, dove volevo nutrirmi di fiamme
Né mi bastavano i campanili e le stazioni che costellavano i miei occhi
In Siberia tuonava il cannone, era la guerra
La fame il freddo la peste il colera
E le acque fangose dell'Amur trascinavano milioni di carogne
In tutte le stazioni vedevo partire tutti gli ultimi treni
Nessuno più poteva partire perché non davano più bi¬glietti
Mentre i soldati che se ne andavano avrebbero tanto voluto restare...
Un vecchio monaco mi cantava la leggenda di Novgorod.
lo, il cattivo poeta che non voleva andare in nessun posto, io potevo andare dovunque
E anche i mercanti avevano ancora abbastanza denaro
Per tentare di andare a fare fortuna.
Il loro treno partiva ogni venerdì mattina.
Si diceva che vi erano molti morti.
Uno portava cento casse di sveglie e di orologi a cucù della Foresta Nera,
Un altro delle cappelliere, dei cilindri e un assorti¬mento di cavatappi di Sheffield
Un altro delle bare di Malmo piene di scatole di conserva e di sardine sott'olio
Poi c'erano molte donne
Donne e gambe aperte a pagamento che potevano far comodo
Casse da morto
Erano tutte munite di permesso
Si diceva che vi erano molti morti laggiù
Viaggiavano a tariffa ridotta
Avevano tutte il loro conto in banca.
Un venerdì mattina fu infine il mio turno
Si era di dicembre
Partii anch'io per accompagnare il viaggiatore di gioielli diretto ad Harbin
Avevamo due scompartimenti sull'espresso e 34 forzieri di gioie di Pforzheim
Cianfrusaglie tedesche «Made in Germany »
Mi aveva rivestito a nuovo, e salendo sul treno, avevoperduto un bottone
- Me ne ricordo, me ne ricordo, vi ho ripensato spesso ¬-
Dormivo sui forzieri ma ero soprattutto felice di giocherellare con la browning nichelata che mi
aveva affidato
Ero estremamente felice e spensierato
Mi immaginavo di giocare ai banditi
Avevano rubato il tesoro di Golconda
E andavamo sulla transiberiana a nasconderlo all'altro capo del mondo
Il mio compito era di difenderlo dai predoni degli Urali che avevano attaccato i saltimbanchi di Giulio Verne
Dai Tungusi, dai boxers della Cina
Dai fanatici piccoli mongoli del Gran Lama
Da Ali-Babà e dai quaranta ladroni
Dai seguaci del terribile Vecchio della montagna
Ma soprattutto dai più moderni
I topi d'albergo
E gli specialisti degli espressi internazionali.
Eppure, eppure
Ero triste come un bambino
I ritmi del treno
La «marrow railway» degli psichiatri americani
Il frastuono degli sportelli delle voci degli assi cigolanti sulle rotaie ghiacciate
Il quattrino d'oro del mio avvenire
La mia browning il piano e le imprecazioni dei giocatori di carte nel vicino scompartimento
La stupefacente presenza di Jeanne
L'uomo dalle lenti azzurrate che passeggiava nervosamente nel corridoio e mi guardava passando Strusciarsi di donne
E il fischio del vapore
E l'incessante rumore delle ruote impazzite nelle car¬reggiate del cielo
I vetri sono gelati
Addio paesaggio!
E dietro, le pianure siberiane il cielo basso e le im¬mense ombre dei Taciturni che salgono e scendono
Sono disteso in una coperta
Variopinta
Come la mia vita
E la mia vita non mi tiene più caldo di questo plaid scozzese
E tutta quanta l'Europa intravista al finestrino di un espresso lanciato a tutto vapore
Non è più ricca della mia vita
La mia povera vita
Questo scialle
Sfilacciato su forzieri pieni d'oro
Coi quali viaggio
Li sogno
Ci fumo sopra
La. sola fiamma dell'universo
È un povero pensiero...
Mi salgono lacrime dal fondo del cuore
Solo che pensi, Amore, alla mia amica;
È appena una bambina, la trovai così
Pallida, immacolata, in fondo a un bordello.
Appena una bambina, bionda, ilare e triste,
Non piange e non sorride mai;
Ma in fondo agli occhi, quando vi lascia veder dentro,
Trema un dolce giglio d'argento, il fiore del poeta.
È dolce e muta, senza rimprovero alcuno,
Con un lungo trasalire se vi avvicinate;
Ma quando arrivo io, di qui, di là, di festa,
Fa un passo, poi chiude gli occhi - e fa un passo.
Poiché è il mio amore, e le altre donne
Hanno soltanto vestiti d'oro su grandi corpi di fiamma,
La mia povera amica è così sola,
Completamente nuda, senza corpo - è troppo povera.
È soltanto un candido fiore, delicatissimo,
Il fiore del poeta, un povero giglio d'argento,
Tutto freddo, tutto solo, e già sì appassito
Che mi viene da piangere se penso al suo cuore.
E questa notte è simile a tante altre quando un treno corre nella notte
- Cadono le comete ¬-
E l'uomo e la donna, giovani perfino, giocano al¬l'amore.
Il cielo è come la tenda strappata di un povero circo in un piccolo paese di pescatori
Nelle Fiandre
Il sole è una lampada fumosa
E in cima a un trapezio una donna fa da luna.
Il clarinetto la cornetta un flauto stridulo e un tamburo stonato
Ed ecco la mia culla
La mia culla
Era sempre vicino al piano quando mia madre come Madame Bovary suonava Beethoven
Ho passato l'infanzia nei giardini pensili di Babilonia
E ho marinato la scuola, nelle stazioni davanti ai treni in partenza
Oggi, ho fatto correre tutti i treni alle mie spalle Basilea- Timbuctù
Ho pure giocato alle corse a Auteuil e a Longchamp
Parigi-New York
Oggi ho fatto correre tutti i treni lungo tutta la mia vita
Madrid-Stoccolma
E ho perso tutte le mie scommesse
Non resta che la Patagonia, la Patagonia, alla mia im¬mensa tristezza, la Patagonia e un viaggio nei mari del Sud
Sono in viaggio
Sono sempre stato in viaggio
Sono in viaggio con la piccola Jehanne de France
Il treno fa un salto mortale e ricade sulle ruote
Il treno ricade sulle sue ruote
Il treno ricade sempre su tutte le ruote
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmartre? »
Siamo lontani, Jeanne, sei in treno da sette giorni
Sei lontana da Montmartre, dalla Collina che ti ha nutrita, dal Sacro Cuore dove ti sei rannicchiata
Parigi è scomparsa nella sua vampa immensa
Non restano altro che ceneri a non finire
La pioggia che cade
La torba che si gonfia
La Siberia che gira
La greve coltre di neve che sale.
E il sonaglio della follia che tintinna come un estremo desiderio nell'aria illividita
Il treno palpita nel cuore degli orizzonti plumbei
E la tua pena sogghigna...
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmar¬tre?»
Le inquietudini
Dimenticale
Tutte le stazioni screpolate oblique sui binari
I fili del telegrafo ai quali stanno sospese
I pali che fanno smorfie gesticolano e le strozzano
Il mondo si stira si allunga e si ritira come una fisar¬monica tormentata da una sadica mano
Negli squarci del cielo, le locomotive infuriate
Fuggono via
E nei buchi
Le ruote vertiginose le bocche le voci
E i cani del malaugurio che ci abbaiano alle calcagna
Sono scatenati i demoni
Ferraglie
Tutto è un accordo stonato
« Il brun-run-run » delle ruote
Urti
Sussulti
Siamo un temporale nel cranio di un sordo...
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmartre?»
Ma sì, mi dai ai nervi, lo sai pure che siamo lontanissimi
La follia surriscaldata mugola nella locomotiva
La peste il colera si destano come ardenti braci sulla strada ferrata
Scompariamo nella guerra ingoiati in una galleria
La fame, sgualdrina, si aggrappa alle nuvole in corsa
Resta lo sterco delle battaglie, l'atroce lezzo dei mucchi di morti
Ma fa come lei, fa il tuo mestiere...
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmar¬tre?»
Si, siamo lontani, siamo lontani
Tutti i capri espiatori sono crepati in questo deserto
Senti i campani di questo gregge rognoso Tomsk Celjabinsk Cainsk Obi Taichet Verchne Udinsk Curgan Samara Pensa-Tulun
La morte in Manciuria
E’ il nostro scalo è il nostro ultimo rifugio
Questo viaggio è terribile
Ieri mattina
Ivan Ulic aveva i capelli bianchi
E Colia Nicolai Ivanovic si morde le dita da quindici giorni...
Fa come loro la Morte la Carestia fa il tuo mestiere
Costa cento soldi, sulla transiberiana, costa cento rubli
Mette la febbre ai sedili e rosseggia sotto il tavolo
Il diavolo è al piano
Le sue dita nodose eccitano tutte le donne
La Natura
Le Puttane
Fa il tuo mestiere
Fino ad Harbin...
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmar¬tre?»
La vuoi finire... e lasciarmi in pace
Hai le anche ossute
Il ventre amaro e sei infetta
Parigi non ha saputo metterti di meglio nel grembo
E un po' d'anima anche... se no non saresti infelice
Ho pietà ho pietà vieni un po' qui sul mio cuore
Le ruote sono mulini a vento del paese di Cuccagna
E i mulini a vento sono stampelle fatte volteggiareda un mendicante
Siamo gli storpi dello spazio
Avanziamo sulle nostre quattro piaghe
Ci hanno tagliato via le ali
Le ali dei sette peccati
E tutti i treni sono zimbelli del diavolo
Un pollaio
Il mondo moderno
La velocità non può fare miracoli
Il mondo moderno
Le lontananze sono veramente troppo lontane
E alla fine del viaggio è terribile essere un uomo con una donna...
«Dimmi, Blaise, siamo molto lontani da Montmartre?»
Ho pietà ho pietà vieni qui ti racconto una storia
Vieni nel mio letto
Vieni sul mio cuore
Ti racconto una storia...
Vieni! Vieni!
Alle isole Figi regna l'eterna primavera
La pigrizia
L'amore fa venir meno le coppie nell'erba alta e sotto i banani va attorno la calda sifilide
Vieni nelle isole perdute del Pacifico!
Portano il nome della Fenice, delle Marchese
Borneo e Giava
E Celebes dalla forma di gatto
Non possiamo andare in Giappone
Vieni nel Messico!
I tulipani fioriscono sugli alti pianori
Le tentacolari liane sono la chioma del sole
Fanno pensare alla tavolozza e ai pennelli di un pit¬tore
Colori che stordiscono come gong,
Rousseau c'è stato
Ne è rimasto abbagliato
È il paese degli uccelli
L'uccello del paradiso, l'uccello lira
Il tucano, l'uccello che ride
E il colibrì fa il nido nel calice degli gigli neri
Vieni!
Ci ameremo fra le rovine maestose di un tempio azteco
Sarai il mio idolo
Un idolo variopinto infantile un po' brutto e strana¬mente bizzarro
Vieni!
Se vuoi andremo in aereo e sorvoleremo il paese dei mille laghi
Le notti vi sono incredibilmente lunghe
L'antenato preistorico avrà paura del mio motore
Atterrerò
E costruirò un hangar per il mio aereo con ossa fossili di mammut
Il fuoco primitivo riscalderà il nostro povero amore
Samovar
E ci ameremo come due buoni borghesi vicino al polo
Vieni!
Jeanne Jeannette Ninette nini ninon nichon .
Mimi mamour ma poupoule mon Pérou
Dodo dondon
Carotte ma crotte
Chouchou p'tit-coeur
Cocotte
Chérie p'tite chèvre
Mon p'tit-péché mignon
Concon
Coucou
Elle dort.
Dorme
E di tutte le ore del mondo non ne ha avuto nemmeno una
Tutti i volti intravisti nelle stazioni
Tutti gli orologi
L'ora di Parigi l'ora di Berlino l'ora di Pietroburgo e l'ora di tutte le stazioni
E a Ufa, il viso insanguinato dell'artigliere
E il quadrante stupidamente luminoso di Grodno
E il continuo anticipo del treno sull'ora
Ogni mattina bisogna regolare l'orologio
Il treno va avanti e il sole sta indietro
Non vi è scampo, sento le campane sonanti
Il campanone di Notre-Dame
La campana stridula del Louvre che diede il segnale della notte di San Bartolomeo
I carillon arrugginiti di Bruges la Morta
I campanelli elettrici della biblioteca di New York
Le campane di Venezia
E le campane di Mosca, l'orologio della Porta Rossa che mi dava il conto delle ore quando ero in ufficio
E i miei ricordi
Il treno ha rumore di tuono sulle piattaforme girevoli
Il treno corre
Un grammofono stride una marcia tzigana
E il mondo, come l'orologio del ghetto. di Praga, gira inesorabilmente a rovescio.
Sfoglia la rosa dei venti
Ecco il suono confuso degli uragani scatenati
Corrono in un turbine i treni sull'intrico dei binari
Giocattoli del diavolo
Vi sono treni che non s'incontrano mai
Altri si smarriscono per strada
I capostazione giocano a scacchi
Tric-trac
Bigliardo
Carambole
Parabole
La strada ferrata è una nuova geometria
Siracusa
Archimede
E i soldati che lo sgozzarono
E le galere
E le navi
E gli ordigni prodigiosi di sua invenzione
E tutti i massacri .
La storia antica
La storia moderna
I vortici
I naufragi
Anche quello del Titanic che ho letto sul giornale
Altrettante associazioni di immagini che non riesco a sviluppare nei versi
Poiché sono ancora un pessimo poeta
Poiché trabocca in me l'universo
Poiché non ho pensato ad assicurarmi sugli infortuni ferroviari
Poiché non so andare fino in fondo
E ho paura.
Ho paura
Non so andare fino in fondo
Come il mio amico Chagall potrei fare una serie di quadri dementi
Ma non ho preso appunti in viaggio
« Scusate la mia ignoranza
« Scusate se non conosco il gioco antico dei versi»
Come dice Guglielmo Apollinaire
Tutto quanto riguarda la guerra lo si può leggere nelle «Memorie» di Kuropatkin
O nei giornali giapponesi che sono anche crudamente illustrati
Perché dovrei documentarmi
Mi abbandono
Ai sussulti della memoria...
A partire da Ircutsk il viaggio divenne troppo lento
Assai troppo lento
Eravamo nel primo treno che correva attorno alle rive del Baical
La locomotiva era imbandierata e ornata di lampioni
E avevamo lasciato la stazione sotto le note tristi dell’inno allo Zar.
Se fossi pittore metterei molto rosso, molto giallo sulla fine di questo viaggio
Poiché sono persuaso che fossimo tutti un po' matti
E che un immenso delirio insanguinasse le facce di¬sfatte dei miei compagni di viaggio
Man mano che ci avvicinavamo alla Mongolia
Che crepitava come un incendio.
Il treno aveva rallentato la sua corsa
E percepivo nel cigolio incessante delle ruote
I folli accenti e i singhiozzi
Di una liturgia eterna.
Ho visto
Ho visto i treni silenziosi i neri treni che tornavano dall'Estremo Oriente passando come fantasmi
E il mio occhio, come il fanale di coda, è ancora in corsa dietro quei treni
A Taiga 100.000 feriti agonizzavano per mancanza di assistenza
Ho visitato gli ospedali di Crasnoiarsk
E a Hilok abbiamo incrociato una lunga tradotta di soldati impazziti
Nei lazzaretti ho visto piaghe troppo vaste, ferite che sanguinavano a fiotti
E le membra amputate danzavano attorno o prende¬vano il volo nell'aria velata
L'incendio era su tutte le facce in tutti i cuori
Dita idiote picchiettavano su tutti i vetri
E sotto la pressione della paura gli sguardi scoppiavano come ascessi
In tutte le stazioni si bruciavano tutti i vagoni
E ho visto
Ho visto treni di 60 locomotive fuggire a tutto vapore inseguite dagli orizzonti in calore e stormi di corvi alzarsi a un disperato inseguimento
Scomparire
In direzione di Port Arthur.
A Cita si ebbe qualche giorno di respiro
Sosta di cinque giorni causa l'ingombro della strada ferrata
Li passammo in casa del signor Iankelevic che voleva farmi sposare l'unica figlia
Poi il treno ripartì.
Ora ero io al piano e col mal di denti
Rivedo senza difficoltà questo interno così tranquillo la bottega del padre e gli occhi della ragazza che di sera veniva a letto con me
Mussorgski
E i lieder di Hugo Wolf
E le sabbie del Gobi
E a Hailar una carovana di cammelli bianchi
Sono sicuro di essere stato ubriaco per più di 500 chi¬lometri
Ma ero al piano e non ho visto altro
Quando si viaggia si dovrebbero chiudere gli occhi
Dormire
Avrei tanto voluto dormire
Riconosco tutti i luoghi ad occhi chiusi dal loro odore
E riconosco tutti i treni dal rumore che fanno
I treni d'Europa sono a quattro tempi mentre quelli d'Asia sono a cinque o a sette tempi
Altri vanno in sordina sono ninne nanne
E ve ne sono che nel rumore monotono delle ruote mi ricordano la prosa greve di Maeterlinck
Ho decifrato tutti i testi confusi delle ruote e ho messo insieme gli sparsi elementi di una bellezza violenta
Che posseggo
E che mi fa violenza.
Tsitsicar e Harbin
Non vado più in là
È l'ultima stazione
Sbarcai ad Harbin proprio quando avevano appiccato il fuoco agli uffici della Croce Rossa.



o Parigi
Gran focolare cordiale coi tizzoni incrociati delle tue strade e le tue vecchie case chinate sopra a riscaldarsi
Come nonne
Ed ecco dei manifesti, rosso verde multicolori come il mio breve passato giallo
Giallo il fiero colore dei romanzi francesi all'estero.
Mi piace farmi sfiorare dagli autobus in corsa nelle grandi città
Quelli della linea Saint-Germain-Montmartre mi tra¬sportano all'assalto della Collina
I motori mugghiano come i vitelli d'oro
Le vacche del crepuscolo brucano il Sacro Cuore
O Parigi
Stazione centrale scalo delle volontà crocevia delle in¬quietudini
Soltanto i negozianti di vernici hanno ancora un po' di luce alla porta
La Compagnia Internazionale dei Vagoni Letto e dei Grandi Espressi Europei mi ha inviato il suo opuscolo
È la più bella chiesa del mondo
Ho amici che mi circondano come paracarri
Quando parto hanno paura che non torni più
Tutte le donne che ho incontrato si levano agli orizzonti
Coi miseri gesti e gli sguardi tristi dei semafori sotto la pioggia .
Bella, Agnès, Catherine e la madre di mio figlio in Italia
E quella, la madre del mio amore in America
Vi sono urla di sirena che mi strappano l'anima
Laggiù in Manciuria un ventre sussulta ancora come in un parto
Vorrei
Vorrei non avere fatto mai i miei viaggi
Stasera mi tormenta un grande amore
E mio malgrado penso alla piccola Jehanne de France
È in una sera di tristezza che ho scritto questa poesia
In suo onore
Jeanne
La piccola prostituta
Sono triste sono triste
Andrò al « Lapin agile» a ricordarmi della giovinezza perduta .
E a bere poi rincaserò solo



Parigi



Città della Torre unica della gran Forca e della Ruota



Blaise Cendrars
Parigi,
1913


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