Prova a spiegare il decreto Bondi ….

Creato il 20 maggio 2010 da Nenet


In quest’ultimo periodo di lotta ci siamo trovati spesso a dover combattere una mentalità che si è insediata nella testa di molta gente e cioè che noi lavoratori dello spettacolo saremmo delle sanguisughe della società. Questo purtropppo perchè per molto tempo chi ha la volontà di annientarci, ha sfruttato i media per questo scopo, dando false informazioni. Una notizia per tutte. Il giornalista Porro che ad Annozero asserisce che noi guadagnamo 70.000 euro l’anno. Naturalmente l’abbiamo subissato di mail con dichiarazione dei redditi alla mano ma intanto la falsa informazione è passata. E come questa molte altre. C’è un’altra parte che invece non conosce il nostro lavoro. Più precisamente tutto il lavoro che svolgiamo prima della messa in scena dello spettacolo. Ci è capitato quindi di dare, volentieri, spiegazioni sul nostro lavoro per far capire che noi non siamo, come si vuol far passare, dei “parassiti”.

La stessa cosa è capitata ad un mio collega che ha deciso di mettere per iscritto il suo pensiero. Lo pubblico qui con il suo permesso perchè trovo che potrebbe essere interessante per molti soprattutto per coloro che la pensano come Bondi!

Grazie ad Alberto ed un caro saluto a tutti voi!

Nenet

Un caro amico, totalmente estraneo al mondo dei Teatri Lirici e, come tanti, disinformato o male informato sulle vicende che in questi giorni hanno portato a parlare dei Teatri Lirici su stampa e TV, mi chiede cosa sia il decreto Bondi… Provare a spiegarlo a chi non sa nulla è veramente difficile se si vuole giungere a far comprendere, oltre al decreto, le motivazione della nostra protesta. A tal fine non ho potuto evitare di partire da lontano e spiegargli così quello che, al di là dei fatti oggettivi, rimane comunque un mio personale punto di vista. Ho cercato di evitare di parlare di un certo personaggio al quale io attribuisco la responsabilità di molti mali del nostro paese, ma anche questo non è stato possibile, perché a mio avviso quello che stiamo subendo oggi è uno dei risultati di un’operazione partita da lontano, dagli anni ‘80 con un certo Berlusconi e le sue televisioni, che da “dispensatrici” di cultura, informazione e intrattenimento quali ci si aspetta che siano, si trasformano invece in contenitori di pubblicità (i cui proventi devono ingrassare il padrone) con programmi pensati sempre più solo in funzione degli sponsor. Perciò programmi sempre più “di massa”, una massa le cui esigenze sono create dalla televisione e la televisione che asseconda le esigenze della massa creandogliene di nuove, in un loop che va avanti da 30 anni… Il venditore di false illusioni, il Signore degli Inganni (per citare un best seller di Terry Brooks) trova i compratori di false illusioni e i sudditi adatti a credere agli inganni… Berlusconi non sarebbe arrivato fin qua se non avesse trovato una naturale predisposizione in una vasta categoria di persone, sparse nelle diverse categorie e classi sociali, che hanno visto incarnare in lui i loro sogni di ricchezza facile e veloce, vita lussuosa, ville, auto, donne a pagamento e tutto quello che sappiamo… Perciò la mia conclusione è che la “colpa” di Berlusconi è comunque relativa, ha semplicemente trovato e sfruttato il famoso terreno fertile, creando contemporaneamente e con abilità nuovi terreni da coltivare.
E’ superfluo spiegare cosa abbia a che fare la cultura con tutto ciò: la cultura è ciò che non rende fertile quel terreno sfruttato dai coltivatori di inganni, la cultura è il filtro che non lascia passare segnali falsi e fuorvianti come quelli che ho detto prima, la cultura è ciò che permette all’essere umano di ragionare con la propria testa, che gli permette di capire e giudicare e perciò diventa lo scudo contro ogni forma di condizionamento, il partigiano che resiste all’invasione della mente, il nemico di ogni regime. La storia ci insegna, viceversa, che ogni oppressore, ogni tiranno ha volutamente tenuto nell’ignoranza il popolo da opprimere, eliminando così ogni possibilità di ribellione soffocandone il semplice desiderio, il popolo non si ribella perchè non pensa neppure di doversi ribellare, la sua ignoranza non gli permette di capire che sta male, il lavaggio del cervello è completo, il gioco è fatto.

Il lavoro iniziato con le televisioni, tornando a oggi, prosegue immediatamente con la “fabbrica di cultura”, cioè la scuola. Vediamo tutti cosa è successo con la scuola, che dalle nefandezze della riforma Moratti è arrivata fino ai tagli di quest’ultimo governo, alle “riforme” della Gelmini che hanno annichilito la scuola, non l’hanno eliminata ma l’hanno messa semplicemente in condizioni di “non nuocere”, a partire dall’istruzione elementare fino alle università, da sempre “focolaio” di rivolte anche storiche come quella del ‘68.

Il lavoro prosegue poi, ovviamente, con l’informazione che utilizzando il mezzo di partenza, la televisione, informa in maniera parziale, e con la “conquista” della stampa che viene semplicemente acquistata dal tiranno, allontanando nel contempo i giornalisti scomodi che non si allineano o, meglio, non si lasciano acquistare. Ma il mezzo preferito rimane sempre la televisione, che ormai entra in casa e in testa con la forza che le viene dall’abitudine del suo utilizzo e della spesso apparente innocuità. Il giornale non è così immediato e così invadente, ma anche qui può subentrare una certa abitudine a comprare e leggere spesso senza porsi in maniera critica di fronte a quanto si legge, senza accorgersi che quel giornale può essere ormai nelle mani di qualcuno che sta nascondendo delle verità per propinarne altre addomesticate. In Sardegna, per esempio, comprare il giornale si traduce automaticamente con comprare “L’Unione Sarda”: quante persone sanno chi è il proprietario dell’Unione Sarda e quale sia la sua parte politica ? Per me la percentuale di persone a conoscenza di questi semplici dati, a prescindere ovviamente dal giornale acquistato e letto, è veramente bassa, e questo è il naturale frutto della coltivazione dell’ignoranza, intesa sempre non in senso dispregiativo ma nel suo significato di “non conoscere”. Naturalmente non si possono tenere in considerazione quei giornali che da sempre sono di dichiarata parte politica perchè vengono acquistati solo da chi già concorda con quella parte politica…

La televisione è diversa, la televisione è ancora più subdola, ti inganna con programmi che soddisfano la naturale guardonesca morbosità, con programmi in cui lo spettatore stupido si sente un genio perché vede qualcuno sudare perché non riesce a rispondere ad una domanda a cui invece lui sa rispondere perfettamente, ti invoglia a consumare beni di cui non hai bisogno e li consumi acquistandoli probabilmente dallo stesso proprietario della televisione e sei dentro quel circolo vizioso descritto prima…

Arriviamo ora alla domanda iniziale: cosa è il decreto Bondi…

Il decreto Bondi è semplicemente uno dei frutti della coltivazione di ignoranza, un mezzo per indebolire ancora di più la cultura in Italia.

Nel 1967 lo Stato italiano riconosce ” l’attività lirica e concertistica di rilevante interesse generale, in quanto tesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale. Per la tutela e lo sviluppo di tali attività lo Stato interviene con idonee provvidenze.” Il testo fra virgolette è tratto dalla legge n° 800 del 1967, legge emanata appunto con lo scopo descritto. Stabilisce quindi che in Italia ci sono 13 teatri di importanza particolare, che prendono la denominazione di Enti Lirici, e ne finanzia l’attività. Precisiamo subito una cosa: questa è da tempo la principale contestazione fatta da chi non ha capito un concetto fondamentale, e cioè il concetto che la lirica non è solo spettacolo. Considerandola solo una forma di spettacolo diventa difficile non dire che tutte le altre forme di spettacolo indistintamente meritano lo stesso identico trattamento che la legge 800 riserva agli Enti Lirici: il concetto fondamentale che deve essere capito è che la lirica è spettacolo ma nello stesso tempo è la storia della cultura musicale italiana per eccellenza, la forma musicale nata in Italia e diffusa poi in tutto il mondo, la forma musicale che i grandi musicisti stranieri hanno dovuto studiare qui in Italia al fine di comporre i capolavori che conosciamo. La lirica è perciò un monumento che va salvaguardato a tutti i costi, pena la perdita di una parte enorme della storia della nostra cultura. Un giornalista ha commentato, stupidamente, che gli scrittori non sono finanziati con denari pubblici, eppure, dice, anche quella è cultura. Ma non è la storia della cultura, non fa parte dei fondamenti della cultura italiana che invece vengono riconosciuti nelle opere di Dante (ne cito uno per tutti), che uno stato ha il dovere di salvaguardare. Per questo non finanzia ogni forma d’arte o di cultura, ma finanzia quelle che crede siano fondamentali nella storia della nostra cultura.

A tal proposito, quindi, viene emanata la legge 800 che garantisce questo impegno dello stato nei confronti dei più importanti Teatri d’Italia.

Nel 1996 un decreto di Veltroni trasforma gli Enti Lirici in fondazioni di diritto privato, permettendo ai privati “l’ingresso” nei teatri mediante sponsorizzazioni che dovrebbero portare altri soldi alla lirica, ma questo non avviene o avviene in parte. I privati “sponsorizzano” in maniera cospicua solo se c’è l’incentivo della defiscalizzazione. Questa non c’è e perciò le fondazioni di minore importanza non attirano grossi sponsor, mentre il discorso è ovviamente diverso per un teatro come il Teatro alla Scala di Milano, o l’Arena di Verona…

Nel frattempo certe cattive gestioni degli Enti Lirici prima e delle fondazioni poi da parte di quelle figure di espressione puramente politica nominate ad amministrarli, i sovrintendenti, portano a grossi passivi economici, i finanziamenti non bastano più, si indebitano con le banche, si chiedono altri finanziamenti ed anticipi su quelli futuri e mentre i lavoratori dipendenti dei teatri attribuiscono la responsabilità del tracollo alla cattiva gestione e agli sprechi dei cachet astronomici dei cantanti solisti, dei direttori d’orchestra e dei registi, i costi delle figure dirigenziali la cui retribuzione non è stabilita dal contratto nazionale ma è a contrattazione libera, i sovrintendenti, che stranamente non vengono mai chiamati a rispondere di tutto questo, attribuiscono invece la colpe ai costi del mantenimento del personale stabile. Il loro ideale di teatro è quello con una decina di dipendenti stabili soprattutto nelle figure dirigenziali e coro, orchestra e tutto il personale che serve alla messa in scena di un’opera viene chiamato se e quando serve. Siamo perciò all’idea di lavoro stagionale. Per inciso, in Italia esiste un teatro così: è il Teatro Regio di Parma, con pochissimi dipendenti, un sovrintendente che fra stipendio e benefit prende circa 350000 euro all’anno e un deficit di svariati milioni di euro. Bondi lo indica come teatro-modello. Se il problema sono i dipendenti ci si chiede da dove viene il deficit del Teatro Regio di Parma… Il sovrintendente-modello di questo teatro-modello è quello che per circa dieci anni fu sovrintendente al lirico di Cagliari, che lasciò con un debito di 26.000.000 di euro. Fu “punito” per questo ? Nemmeno per idea… fu premiato con la nomina a sovrintendente del Teatro alla Scala da dove, per fortuna, dopo una serie di scioperi ad oltranza dei lavoratori che non lo volevano, dovette andar via senza mai metterci piede ed infine approdò a Parma. Quel debito di 26.000.000 qui a Cagliari ci fa soffrire ancora e ancora ne soffriremo per anni.

Cosa fa il governo nel frattempo? Taglia i fondi per “eliminare” gli sperperi… A nessuno viene in mente di controllare le gestioni, ovviamente. Una parte dei sovrintendenti insiste sui costi del personale stabile contro cui parte una campagna denigratoria ed infamante, che guidata da gente del calibro di Brunetta (figlio di un musicista mediocre che non è mai riuscito ad entrare in un’orchestra stabile e perciò avvelenato contro la categoria) attraverso la stampa prezzolata arriva a definirci “privilegiati, mantenuti, gente che lavora 16 ore alla settimana e guadagna 70.000 euro all’anno”. I tagli al fondo unitario per lo spettacolo (FUS) erano già iniziati col precedente governo Berlusconi, i fondi vennero poi ripristinati dal governo Prodi, e nuovamente tagliati dall’attuale governo, tagli che andranno avanti progressivamente fino a eliminare definitivamente il finanziamento pubblico. Il decreto Bondi nasce con l’intento di “porre fine allo stato di grave crisi economica dei Teatri Lirici” e lo fa proseguendo con i tagli, bloccando le assunzioni, riducendo notevolmente le retribuzioni, vietando il reintegro del personale collocato a riposo (blocco del turn-over) e perciò di fatto portando alla morte dei teatri trasformandone l’attività che diventa praticamente stagionale (ti chiamo se mi servi e solo per quanto mi servi, pagandoti di conseguenza…), in breve si arriva ai teatri agognati dai sovrintendenti ( o meglio dalla loro associazione:l’ANFOLS), veri artefici del decreto Bondi. E’ doveroso specificare che non tutti i sovrintendenti possono essere considerati responsabili di quanto sta accadendo: alcuni hanno immediatamente preso posizioni di netto dissenso sia nei confronti dei tagli che del decreto, altri sono rimasti su posizioni più moderate, altri invece appoggiano e sostengono fortemente tagli e decreto. Questi ultimi costituiscono un gruppo che, almeno ufficialmente, è in netta minoranza, ma per una serie di vicende interne all’ANFOLS rimane di fatto padrone assoluto del campo. Bondi oggi sostiene che il decreto è fortemente voluto dai sovrintendenti, ma visto lo stato delle cose, non è esatto: dovrebbe dire che è fortemente voluto dal gruppuscolo di sovrintendenti rimasti al timone dell’ANFOLS. Col suo decreto sposa la teoria dei costi del personale stabile insieme a quella dei musicisti privilegiati e mantenuti, che producono poco e sono pagati troppo. La soluzione perciò e mandarci tutti a casa, abbastanza lentamente, ma inesorabilmente… C’era in progetto anche di trasformare il Ministero dei Beni Culturali in una S.p.A., come la protezione civile, e farla gestire a quella cricca recentemente smascherata… E’ necessario aggiungere altro per capire cosa ci ha portato al decreto Bondi ? In conclusione, si tiene il popolo nell’ignoranza, gli si fa vedere un nemico responsabile della crisi in un lavoratore “da 70.000 euro all’anno per 16 ore di lavoro alla settimana” e la mossa è fatta. Si mettono lavoratori contro lavoratori e si regna incontrastati su le divisioni create ad arte, il paese è sempre più ignorante, privo di cultura e di cervello. Il Signore degli Inganni muove e vince.

A.L.


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