Provando… dobbiamo parlare di Sergio Rubini porta un po’ di “gusto” francese sulle assi dei palcoscenici italiani attraverso la messinscena di un “tritacarne” delle relazioni di coppia e dei rapporti d’amicizia.
Provando… dobbiamo parlare, che trova il suo compendio (o se preferite la sua dolce metà) nel quasi omonimo film da poco uscito al cinema, è una pièce che nasce per stare sul palco. Qui dà il suo meglio e qui forse doveva (unicamente) rimanere. Pur con qualche concessione alla bonarietà tipica dell’indole nostrana, una pièce dall’evidente sapore transalpino. Come è noto, il teatro francese ha dato i natali a molti spettacoli di successo ambientati tra le pareti domestiche, in un salotto, intorno ad un tavolino. Tra i tanti Le Prénom, diventato poi film uscito in Italia col titolo Cena tra amici, e Nos Femmes di Richard Berry che, dopo aver mietuto risate e successo al Théâtre de Paris, è anch’esso “saltato” sul grande schermo. Lo schema è sempre lo stesso, ovvero quello del polanskiano carnage: una manciata di personaggi sull’orlo della crisi (di coppia e di nervi) in una girandola di schiaffi dall’esito deleterio.
Provando… dobbiamo parlare di Rubini è una bella pièce contemporanea, fresca, brillante, scorrevole, intelligente. Pur priva di un’intrinseca originalità dell’intreccio, che è oramai un topos rodato, riesce nel portare, una volta tanto, un po’ di (sano) gusto francese nel teatro italiano. Il risultato è una comedy con pennellate black pungenti al punto giusto, più sbilanciata verso la risata grassa che non quella amara a denti stretti.
Detto questo, c’è un però. Rubini, infatti, cerca di fare qualcosa in più per (quantomeno provare) a svincolarsi dal già visto ed evitare una fotocopia del film. Rubini aggiunge allo spettacolo teatrale un certo gusto pirandelliano, una blanda riflessione meta-teatrale, stoppando qua e là il flusso della commedia con intromissioni di assistenti di regia o (finti) buchi narrativi generati dall’assenza di attori in ritardo alle prove. Insomma, Provando… dobbiamo parlare cerca di strizzare l’occhio un po’ a Sei personaggi in cerca d’autore, un po’ a Stasera si recita a soggetto e un po’ a Il gioco delle parti. Sergio Rubini, Isabella Ragonese, Fabrizio Bentivoglio e Maria Pia Calzone sono così attori e personaggi allo stesso tempo, vestono e svestono la maschera cercando di marcare il gioco del teatro. Ma il gioco vale la candela? Forse no, forse è un di più non del tutto riuscito né giustificato, confinato in sprazzi che lasciano il tempo che trovano. Ma allo stesso tempo è quel quid, di matrice e memoria puramente italiana, che dà voce e diritto di parola a qualcosa che forse, altrimenti, rischierebbe d’essere e rimanere un bisbiglio tra i tanti.
Provare, provare, provare. Come dice il titolo stesso, la pièce necessita d’essere provata e riprovata, messa e rimessa in scena, fino a diventare un vera e propria bomba ad orologeria (adesso solo in potenza).
Tutti bravi i quattro interpreti principali, anche se a spadroneggiare, per volontà registiche, è Fabrizio Bentivoglio, con un personaggio così caratterizzato e spassoso da coprire e colmare i vuoti passeggeri di uno spettacolo in progress che però, senza dubbio, sa divertire (e non poco!) ed essere di sicuro e prorompente impatto sul pubblico.
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