Provare a prendere la politica (e i suoi luoghi comuni) per le palle

Creato il 21 gennaio 2011 da Ilgrandemarziano
In questo squallidissimo contesto politico, che non dovrebbe far accapponare la pelle solo ai cittadini ideologicamente di opposizione, ma a tutti coloro che hanno a cuore la decenza, il rispetto e la civiltà di tutti quei valori che dovrebbero animare, prima di tutti gli altri, la vita delle persone e che sembrano ormai definitivamente discaricati al sesso e al denaro, come condizioni necessarie e (soprattutto) sufficienti alla soddisfazione e al successo esistenziale, senza nemmeno più quel senso di vergogna che una volta veniva glassato dal paravento dell'ipocrisia, viene da chiedersi che cosa dovrebbe mai fare un politico di qualsiasi estrazione ideologica (sempre che questo abbia ancora un senso, al di là delle pure categorie merceologiche della politica) per andare controcorrente, per cercare di invertire quella che sembra ormai più che una tendenza in atto, bensì una tragica, consolidata decadenza.
E non ne faccio una questione strettamente moralista. E nemmeno d'onore. Sono convinto che il titolo "onorevoli" attribuito agli eletti in Parlamento provenga tradizionalmente da loro stessi (smentitemi se non è così), come ad autoaffermare e rafforzare di fronte al popolo la propria legittimità a stare lì. Insomma non si viene eletti perché si è onorevoli, ma si è onorevoli perché si è eletti. Dunque non sono così ingenuo da pensare che possa esistere una politica "pura", immune ai suoi propri meccanismi seduttori e compromissorî.
Così, complici soprattutto questi strani giorni, da un lato sconquassati da scandali pruriginosi senza precedenti e dall'altro testimoni dell'apparente salire alla ribalta dello scenario politico italiano di almeno un volto nuovo, volto che si chiama Nichi Vendola, viene da domandarmi cosa dovrebbe veramente fare un politico per poter essere apprezzato e stimato nel suo ruolo (almeno tanto quanto può esserlo un politico, date le premesse di cui sopra). Nella fattispecie la considerazione mi sorge a valle della lettura di un articolo di Roberto Cotroneo, intitolato Nichi, l'acqua calda della sinistra, che - se non l'avete fatto - vi invito a leggere.
Ebbene, Cotroneo apprezzato scrittore (da non confondere con l'omonimo Ivan con il quale non mi risulta imparentato), partendo dall'analisi di C'è un'Italia migliore, libro di Vendola edito da Fandango, contesta al leader di SEL il fatto di essere "emozionale", ma che alla
"fine l’elenco dei temi seri affrontati da Vendola in questo libro è identico a quello dei luoghi comuni a cui sono collegati. Condivisibili i problemi. Eppure misteriose le soluzioni."
E Cotroneo non è il primo che sento esprimersi in questo modo a riguardo. Alla sinistra si contesta sempre la vacuità del pensiero. Grandi ideologie, ma nessun idea, grandi speranze, ma nessuna soluzione, grandi discussioni, ma nessuna azione, così, presto o tardi, la bolla di sapone - pop! - finisce per esplodere e non ne resta niente. Tanto (pro)fumo e niente arrosto, insomma, neanche una briciola. Il problema è che a me questa considerazione, in cui è caduto (anche) Cotroneo, sembra essa stessa diventata un annoso e pregiudizievole luogo comune.
Quando mai il politico parla al cittadino elettore di soluzioni? La missione del politico è prima di ogni altra cosa sventolare specchietti per convincere il cittadino a votarlo. E l'unico modo in cui può farlo è sentimentandolo sui luoghi comuni. Inutile che parli di PIL, bilanci, deficit, percentuali, soluzioni pratiche, difficili da comprendere e giudicare anche dai tecnici addetti ai lavori. Del resto non è forse vero che i temi degli slogan politici da qualsiasi parte essi provengano sono sempre gli stessi? "Più lavoro", "Scuola migliore", "Aiuti alle famiglie", "Sostegno ai giovani", "Meno tasse", "Sanità più efficace", "Pensioni più ricche", "Maggiore sicurezza", "Incentivi alle imprese", "Energia pulita" ecc. Non sono in fin dei conti anche questi, o soprattutto questi, "luoghi comuni", ma in fondo anche quelli che fanno bene o male la vita delle persone? E perché allora queste stesse contestazioni non vengono rivolte anche ai politici di centro-destra, giacché anch'essi sono tutt'altro che immuni al paradigma di essere tutti chiacchiere e distintivo?
Alla fine quello che conta prima di ogni altra cosa, dunque, non sembrano essere le idee (sempre opinabili), non le capacità personali (Superman non esiste), nemmeno l'onestà (la politica corrode). Che cos'è allora che dovrebbe importare secondo voi? Che cosa dovrebbe realisticamente cambiare? Come si può uscire da questo disorientante labirinto escheriano le cui pareti sembrano fatte di qualunquismo riflettente?
Un'idea a riguardo ce l'ho, ma mi piacerebbe sentire prima voi senza condizionare le vostre risposte.
[Credit: la foto della bolla di sapone è di Richard Heeks]