L'originale gioco Q-Games torna in una sadica versione beta che dura poco e funziona ancora meno (ma è tutto calcolato). Ecco il resoconto delle (poche) ore passate a contrastare il Vuoto.
Francesco Serino ha videogiocato tanto e a tutto, posseduto due diversi Tamagotchi e abbandonato un Furby in autostrada. Mentre cresceva i pixel rimpicciolivano, mentre leggeva ha iniziato a scrivere. E ora eccolo qua, dopo un salto nello spaziotempo atterra su Everyeye, ma già da tempo è su Facebook, su Twitter e su Google Plus.
Più che una beta, quella di The Tomorrow Children che si appena conclusa è stata una sorta di slot machine: solo i più fortunati sono riusciti a collegarsi, e tra loro pochissimi hanno potuto giocare per più di due ore consecutive. Sony ci aveva avvertito: questa nuova sessione di prova avrebbe avuto la doppia funzione di far provare il titolo, e di testare a dovere i server prima del lancio, ma non sarebbe stato male avere una manciata di ore senza il fiato sul collo di una possibile disconnessione, e senza possibilità di ricollegarsi. Alla fine dei tre giorni, divisi in tre sessioni da tre ore, quindi non continuati, ho passato molto più tempo tentando di entrare in partita che giocando. Il fatto che due delle prove fossero programmate in notturna non ha certo aiutato, ma ha avuto comunque un ruolo importante nel farmi apprezzare l'originale ambientazione del gioco. Nell'ultimo giorno di beta, i server sono stati attivi dall'una alle quattro di mattina, costringendomi a centinaia di infruttuosi tentativi che ho dovuto ingoiare, uno dietro l'altro, in uno strano stato di stanchezza euforica. Il caricamento letteralmente su rotaie, viaggio immaginario in un freddo vagone della metropolitana attraverso la galleria che unisce il nostro mondo a quello di The Tomorrow Children, quella notte è tutto ciò che è apparso sul mio schermo. In compagnia della voce gracchiante di Todd su Skype e del battimetallo cadenzato di ruote e ruotaie in movimento, ho sbattuto la faccia sul socialismo storico più che su quello ideologico, su cui invece costruisce il suo gameplay questo folle esperimento chiamato The Tomorrow Children. Tutto è di tutti, il problema è che non è mai abbastanza, proprio come lo spazio sui server.
L'occhio della madre
Ma è anche giusto così, pagare dopo l'immensa fortuna del giorno precedente, quando ho potuto giocare a The Tomorrow Children per due abbondanti ore. Ricordo tutto come un sogno a occhi aperti, perché è questo quello che sembra il gioco Q-Games. Sono nel tutorial, ma già nel nulla di quello che il gioco chiama il void: il vuoto. Attorno a me l'orizzonte è fumo bianco sospeso, denso come la nebbia che si crea in un bicchiere d'acqua in cui cade inavvertitamente una goccia di latte. Sul suolo pochi punti di riferimento, e in piedi poco più avanti, fiero, uno schermo che trasmette il volto duro e al tempo stesso amichevole di un uomo. Imparo i rudimenti che mi serviranno per non perdere bussola e speranza, e mi vengono addirittura forniti dei documenti di cittadinanza. Finalmente il gioco inizia. The Tomorrow Children ti assegna automaticamente a una città, ma è subito possibile cambiare destinazione scegliendo tra le città più popolate, le meno popolate, quelle in cui giocano i nostri amici e così via, per un'altra manciata di filtri. Ho avuto modo di vederne solo due, perché al mio terzo spostamento sono stato costretto a un riavvio, ma fortunatamente le due città da me visitate si trovavano impelagate in situazioni così diverse che nonostante il tempo relativamente breve, ho avuto modo di testare con mano parte della presunta elasticità di The Tomorrow Children. Se nella prima, organizzatissima città, l'unico problema era in che modo espandere municipio e case, nella seconda la situazione è completamente diversa: il mio arrivo è intempestivo, sbarco subito dopo che la popolazione ha finalmente capito che i dispositivi di difesa costruiti non basteranno mai contro quell'enorme rettile bipede da quaranta piani che si avvicina all'orizzonte. Brulica, la seconda città: di paura e confusione. Non bastano le risorse per costruire nuove strutture, non bastano le riserve di cibo e non basta nemmeno il tempo, perché la bestia è sempre più vicina. Il caos sembra aver superato da un bel pezzo i livelli di guardia. Intenti a cercare una soluzione, i cittadini dimenticano persino di raccogliere energia a sufficienza per mantenere in funzione anche le strutture basilari. Li aiuto io, montando sul tapis roulant apposito e dosando con attenzione la velocità della corsa: in pochi minuti la corrente elettrica non è più un problema. Dall'altra parte del nulla, oltre al void, compare finalmente un'isola: ha la forma di un abominevole maiale blu alto parecchi metri! Controllo gli strumenti in mio possesso e trovo piccone, scala retrattile, vanga... aspetto diligentemente con gli altri giocatori che l'autobus ci venga a prendere.
Il viaggio dura circa un minuto. Lo schermo all'interno del veicolo alterna marce sovietiche a propaganda orizzontale, e ogni giocatore è diligentemente al suo posto, naturalmente in piedi, aggrappato al sicuro di una manigliera. Siamo tutti uguali, cloni di bambola bambina, ma ci è permesso cambiare vestito, utilizzare colori, ma senza toccare i capelli. Lo sbarco sull'isola che il void ha appena rigurgitato avviene davanti a un cospicui gruppo di compagni già all'opera: scavano, impilano, si arrampicano come formiche su una briciola di pane. Inizio anche io l'esplorazione. Utilizzando una galleria già scavata mi dirigo all'interno del suino e scopro che in parte è cavo, ma al suo interno è buio pesto e al buio, noi cloni, rischiamo la pelle. C'è chi cammina trasportando lanterne, chi si porta dietro misteriose piante luminescenti per non cadere in chissà quale buco, e chi fugge da alcune strane creature volanti, comparse all'improvviso nelle viscere del porco cristallizzato che stiamo esplorando. Me ne trovo una davanti subito dopo aver scovato una matrioska nascosta tra alcune rocce, che una volta portata in città darà vita a un nuovo cittadino gestito dalla IA, e lo faccio fuori a colpi di picconate isteriche. Rimango con pochissima energia, mentre fuori un portentoso quanto terrificante rombo fa scendere la notte sul void. Decido che è ora di tornare in città, e dopo aver riversato tutto il raccolto nell'apposito spazio, mi dirigo nuovamente nella vicina fermata dell'autobus.
A destinazione cerco di capire un po' come sono strutturate le zone, e scopro che non posso ancora diventare cittadino della città a tutti gli effetti, e quindi costruirmi una casa, perché il municipio è troppo piccolo e il numero di abitanti ha già raggiunto il suo massimo. Faccio la fila davanti all'ufficio del lavoro e dopo tre giocatori è finalmente il mio turno: il gioco mi mette davanti alla lista delle cose che ho fatto, e mi dà dei punti esperienza per il mio buon lavoro, che spendo subito in una delle sei abilità a disposizione (destrezza, forza d'animo, potenza, patriottismo, forza e agilità). Un salto ai negozi e vedo che è possibile comprare nuovo equipaggiamento, addirittura un jetpack e armi da fuoco. Il tempo passa velocemente, e la foschia che poggia bianco su bianco rendendo il void ancora più enigmatico, si dirada: è giorno. In lontananza, l'isola a forma di suino inizia a distruggersi, molecola dopo molecola, fino a che non rimane solo pioggia di minuscoli detriti sospesi nell'aria. Un altro boato squarcia l'operoso silenzio dei compagni, e questa volta è proprio lui, l'enorme mostro che sembra un po' Godzilla, a un passo dalle case, a un passo da tutto quello che abbiamo costruito. Una zampata in più, e inizia la distruzione. Dopo la drammatica passeggiata, il mostro si allontana, della nostra città rimane ben poco, ma i sopravvissuti hanno già iniziato a ricostruire... questa volta iniziando da due grossi cannoni.
Il montaggio analogico
The Tomorrow Children è un gioco cooperativo, ma non nel senso che i videogiochi hanno dato al termine. La cooperazione in The Tomorrow Children è infatti di gruppo: non si sta mai davvero insieme, ma si lavora sempre tutti insieme. Bisogna stare attenti ai livelli di cibo, di legna, di materiali edili, di corrente, e bisogna costantemente pensare a un possibile attacco da parte delle creature che vagano per il void, che possono avere la forme di mosconi grossi come uno scooter, o giganteschi mostri capaci di distruggere tutto con un semplice giro di coda. Con i giusti requisiti tutti potranno decidere dove costruire la propria casa, ma le altre strutture della città saranno sempre in mano al popolo, e mai al singolo. Per decidere cosa costruire è infatti necessaria una votazione, e per costruirlo un giocatore dovrà risolvere una sorta di puzzle davanti al tavolo di lavoro comunitario che si trova in ogni città.
Ogni edificio pubblico può ospitare una persona al massimo, gli altri dovranno educatamente mettersi in fila. Le isole dalle quali estrarre risorse vanno e vengono senza apparente continuità: come le vedrete formarsi improvvisamente all'orizzonte, le vedrete scomparire. Il void non può essere attraversato a piedi, affonderete nel nulla se ci proverete, ma potrete allontanarvi dalla città sia utilizzando il bus cittadino che, nel caso siano presenti, vetture di diverso tipo. Sulle isole potrete scavare in qualsiasi direzione, ma l'uso di ogni oggetto è limitato, quindi una piccozza non basterà per sempre. Ogni strumento esiste in diverse qualità, che ne aumentano la durata e la velocità dell'azione ad esso correlata. Costruire delle difese sufficienti in città è a dir poco essenziale: meglio armarsi bene prima, anche se in qualche modo limiterà l'espansione iniziale della città, che dover ricostruire tutto dopo. Le isole che compaiono nei dintorni della città non sembrano essere generate casualmente, e questo porta ad alcuni dubbi: quante tipologie di isole ci saranno al lancio? In quanto tempo la loro apparente imprevedibilità si trasformerà in noia? Ed è abbastanza tutto questo per tenere incollati allo schermo i giocatori per un tempo sufficiente a non rimpiangere i soldi spesi? Di certo, almeno tecnicamente, è impossibile avere dubbi: The Tomorrow Children è un vero e proprio gioiello, che sfrutta tecniche avanzate per una resa dei materiali e un sistema di illuminazione globale che, almeno fino a oggi, avevamo visto solo in qualche film in computer grafica di altissimo livello. Il particolare stile rende tutto più facile in termini di calcolo, il void è un luogo spoglio, è il nulla a tutti gli effetti, ma nonostante questo, rimanere a bocca aperta è stata una costante della mia breve esperienza con The Tomorrow Children.
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