Una nuova accusa contro il ministro che ha lasciato l’Udc garantendo la sopravvivenza del Premier. Le prime intercettazioni trasmesse dalla Procura di Palermo hanno spinto a chiedere le dimissioni.
Nei confronti di Saverio Romano ci sono varie prove. A partire dalla dichiarazioni inedite di un collaboratore della giustizia considerato di primo piano degli inquirenti : Giacomo Greco. Non è un mafioso qualsiasi , perché da decenni è stato al fianco di Provenzano. E conosce Romano da sempre perché sono cresciuti nello stesso paese , a Belmonte Mezzagno , piccolo centro a 24 Km da Palermo , con una forte presenza mafiosa.
Nel 1997 i carabinieri fermarono i due con una terza persona, che poi fu assassinata. Il pentito, inoltre, è il genero del boss Ciccio Pastoia che per decenni curò gli interessi economici e la latitanza di Provenzano. Nel 2004 Pastoia fu intercettato da una microspia mentre confidava i segreti al boss , svelando i mandanti ed esecutori di diversi omicidi.Fu arrestato e si suicidò per il disonore. I mafiosi bruciarono il loculo con la sua bara.
Le ipotesi di reato sul Romano sono gravissime, perché le sue azioni hanno avvantaggiato Cosa Nostra. Il parlamentare avrebbe incassato una tangente di 500 mila euro per aver favorito una società in cui avevano interessi Ciancimino e Provenzano. E per questo motivo gli inquirenti ritengono che Romano facesse parte di un comitato d’affari dove si collegano le condotte di imprenditori spregiudicati , liberi professionisti a libro paga , amministratori corrotti , politici senza scrupoli.
Secondo Greco la storia inizia nel 2001 , quando la famiglia Mandalà di Villabate , che gestiva la latitanza di Provenzano , e quella di Pastoia si interessarono per far votare Saverio Romano. Il pentito spiega che all’epoca venne a conoscenza di queste direttive dei boss perché informato da Pastoia e suoi figli. Mafia e politica si intrecciano ancora una volta , secondo Greco, c’era la necessità di portare Romano in Parlamento.
Evitando passi falsi il clan non si fece vedere insieme il parlamentare. Pastoia teneva i rapporti con lui mediante Nicola Mandalà , il mafioso che per due volte accompagnò Provenzano in una clinica a Marsiglia.
Secondo Ciccio Pastoia su Romano c’era il benestare di Provenzano. Ma nel 2003 le cose cambiano. I carabinieri puntano Belmonte Mezzagno , piazzando microspie e telecamere nascoste : lo stesso Romano finisce sotto inchiesta con Cuffaro. I boss sostengono di essere rimasti delusi perché il parlamentare non mantiene le promesse. Nel 2004 Ciccio Pastoia incaricò Greco per eseguire un attentato incendiario nell’abitazione del padre di Romano. Non si fece niente perché la mafia coprì che i Ros stavano indagando su di loro.
Greco è il quarto pentito a parlare del ministro, I Pm sono convinti che il parlamentare abbia consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa Nostra , mettendo a disposizione il proprio ruolo così contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione , tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi.
Secondo i Pm contro Romano c’è anche la corruzione. Le prove sono in 25 conversazioni registrate dai carabinieri di Monreale. C’è collegamento tra Romano e il gruppo energetico Gruppo Gas controllata da Provenzano e Ciancimino. Dalle conversazioni emerge che il parlamentare sia collegato a Gianni Lapis , rappresentante dell’azienda mafiosa, con relative somme incassate. Un pagamento che mette il ministro a disposizione dei Ciancimino. Ai politici Ciancimino versò in un solo anno 1 milione e 330 mila euro.
Nel 2003 Lapis chiamò Romano , mentre si trovava in Parlamento, per avere dei favori, uno dei quali era un emendamento della Finanziaria per poter agevolmente acquistare metano in Russia e essere autorizzato a rivenderlo in Italia. Romano si mise a disposizione , invitandolo a inviargli un fax con la stesura del testo da presentare. Gli investigatori evidenziano che due giorni dopo la vendita del Gruppo Gas che permise al professor Lapis di avere una disponibilità economica di circa 20 milioni di euro , i politici dell’Udc ( tra cui Romano) si sono prodigati ad agevolare Lapis.
Al ministro viene contestato che nello svolgimento delle sue funzioni pubbliche si sarebbe messo al servizio degli interessi di Ciancimino-Provenzano. Per i favori concessi Romano ricevette in tre tranche somme per circa 500 mila euro. Per il ministro Lapis era diventato una fonte di approvvigionamento dal quale non avrebbe voluto più staccarsi.