Provocazione in forma d’apologo 216

Creato il 20 marzo 2012 da Fabry2010

Pubblicato da robertorossitesta su marzo 20, 2012

Quando sei ancora giovane il pessimismo cosmico si scontra buffamente con le grandi aspettative che tuttavia conservi intorno alle tue riuscite. Così se sei un ipocondriaco, cioè se le tue contraddizioni, allo scopo di tenerti occupato, hanno scelto l’ipocondria per svelarsi un attimo e subito nuovamente velarsi, non puoi che imbatterti in un medico come quello in cui s’imbatté un mio compagno di scuola.
L’ho incontrato un paio di mesi fa, per caso. All’inizio quasi non ci riconoscevamo, è normale, ma l’antica simpatia è scattata ugualmente, così siamo andati a sederci in un caffè per raccontarci le nostre vite in mezz’ora. Lui per la sua si è preso pochissimi minuti ma si è diffuso un po’ di più sull’incontro con un medico di cui gli dicevano che avrebbe risolto tutti i suoi problemi.
Nella loro prima ed ultima visita costui lo fece parlare quindi gli disse: “Bene, adesso si cambia. Aria e vita nuova. Regime e sacrifici. E alla fine vedrà”.
“Mi dica, Dottore. Sono pronto.”
“Quanto ha detto che beve?”
“Una birretta a pasto, e dopo se capita un amaro.”
“LEI NON DEVE PIÙ TOCCARE UNA GOCCIA D’ALCOL!”
“Come sarebbe a dire: più niente amaro? Solo una birra al giorno? Alla settimana?”
“MA LEI CAPISCE CAZZO QUANDO LE SI PARLA?”
“Capisco sì. Il fatto è proprio quello, che capisco, o se non altro voglio capire. Anche non dire falsa testimonianza e non desiderare la donna d’altri giova allo spirito e quindi forse anche alla salute. Ma lei non mi ha nemmeno visitato e già mi dice cosa non bere. E cos’è che invece potrei bere?”
“Spremuta d’ananas e succo di cicoria.”
“Ah. E mangiare?”
“Crema d’aglio e violette candite.”
“La crema d’aglio mi piace, spero non sia un problema. Ma le violette candite sono difficilissime da trovare e costano un’enormità.”
“NON MI FACCIA DISCORSI VOLGARI!”
“Parlare di ciò che posso permettermi senza andare a rubare non mi sembra un discorso volgare. E a proposito di questo: quanto a lungo, all’incirca, dovremo vederci, e quanto mi costeranno i suoi onorari e i farmaci che prescrive, secondo quello che mi dicono rigorosamente non mutuabili? Sa, come le dicevo per vivere non rubo, e avrei bisogno di farmi un’idea.”
“VUOLE PER CASO UN PREVENTIVO?”
“Ho detto che avrei bisogno di farmi un’idea, ma lo chiami pure come vuole.”
“E ALLORA SE NE VADA!”
“Con piacere. E uscendo di qua mi farò pure un aperitivo extra, ne sento davvero il bisogno.”
E l’amico ha concluso il racconto dicendo con un sorriso: “Ho imparato la lezione e a riconoscere il tipo. Alto, magro, volto gelido eppure ispirato. Occhialini d’oro e vestiti dai colori spenti, tinta su tinta. Così non ci sono cascato più.”
“Non dirmi che hanno tutti quella faccia, che non ce n’è di bassi e grassi coi vestiti sgargianti.”
“Infatti non te lo dico. Non ci sono cascato più vuol dire che non sono più cascato in quel tipo di trappola, tanto al mondo ce ne sono infinite e finirci dentro è il nostro terrore ma anche la nostra libidine.”
Ci siamo guardati. Lui con pochi capelli, il viso rubizzo e gli occhi giallini. In me gli anni hanno lavorato in modo diverso ma non mi hanno risparmiato di certo. Visibilmente di pelo anziano e fuori garanzia entrambi, ma ancora in piedi a prenderne e a cercare di darne, almeno di dirne.
Ci siamo lasciati con un sorriso, una stretta di mano e la promessa di telefonarci.
Telefoniamoci davvero, amico mio ritrovato, e vediamoci qualche volta, dal momento che fra il tutto che sognavamo allora e il nulla che ci sentiamo intorno adesso c’è pure lo spazio per un qualcosa che non fa male a nessuno e fa tanto bene al cuore, assai più di quei farmaci di cui, a dispetto delle nostre smargiassate, continuiamo a imbottirci ambedue.
Ma tu te lo ricordi, amico, che in quarta ginnasio abbiamo imparato che in greco “farmakon” vuol dire veleno?


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