Psicologi, terapeuti e ciarlatani: diffidare dalle imitazioni! 1 parte

Da Psychomer
By
Paola Sacchettino
luglio 26, 2010Posted in: psicologia, psicologia clinica

“Uomini e donne di poca qualità ammantati di ciarle, abbondano in ogni campo. Nell’ambiente della cura la maschera del ciarlatano ebbe nei secoli un ruolo non privo di una sua dignità. A fronte di una medicina ufficiale che diceva di sapere e potere, mentre poco sapeva e nulla poteva, la ciarlataneria a modo suo, tra millanterie e stravaganze, rispose ad un bisogno insopprimibile e primario: trovare un rimedio anche solo consolatorio dell’inguaribilità della malattia, all’incalzare della vecchiaia, alla paura della morte. Il ciarlatano fu storicamente un prodotto dell’angoscia esistenziale dell’uomo e della sua ansia di vivere. Sfruttare quest’ansia, lucrare sull’angoscia e sull’ignoranza altrui, rese in molti casi la maschera del ciarlatano ignobile e la sua figura spregevole”. (G. Cosmacini – Ciarlataneria e medicina. Cure, maschere, ciarle – Ed. Raffaello Cortina 1998).

E’ molto importante, dunque, assicurarsi che colui al quale ci si rivolge per avere un aiuto, che sia di natura psicologico o medica, abbia le giuste cognizioni e competenze (nonché i titoli di studio relativi) per svolgere la professione di aiuto.

Al giorno d’oggi troppe persone si “improvvisano” terapeuti, sentono di averne la “vocazione”, ma molto spesso non sono consapevoli dei danni che possono causare ai propri clienti, applicando tecniche sbagliate, inappropriate o che non conoscono alla perfezione.

Senza contare le reazioni inconsce che possono scatenare, non essendo poi in grado di gestirle dopo la seduta, poiché completamente (o quasi) a digiuno dei processi che stanno alla base di certe patologie o di certi meccanismi piscologici.

Non si può prescindere dalla teoria, dalla conoscenza delle maggiori scuole di pensiero, dai vari approcci terapeutici e dalle principali disfunzioni che possono presentare le persone che ricorrono alla richiesta di aiuto, se pur è vero che, senza la pratica, tanta pratica, non è possibile diventare dei buoni terapeuti.

Il buon senso e la sensibilità innata della persona, da soli non bastano per far sì che il paziente sia al sicuro ed in buone mani.

Il termine iatrogeno (dal greco iatròs, medico e gennan, generare) indica una risposta sfavorevole o un effetto patologico conseguente ad un atto terapeutico improprio o eccessivo. Implica pertanto un giudizio negativo ed in tale senso si trova abitualmente associato ai termini lesione o danno.

Da un punto di vista sociologico esistono tre forme di iatrogenesi: clinica, sociale e culturale.

La iatrogenesi si riferisce il più delle volte alle conseguenze negative delle azioni dei medici, ma può essere riferita anche ad errori attribuibili a psicologi, terapeuti, farmacisti, infermieri, dentisti e così via. Inoltre la iatrogenesi non è imputabile esclusivamente alla medicina occidentale, ma anche e soprattutto alle medicine alternative (Wikipedia).

Le lesioni iatrogene possono essere dovute a somministrazioni di farmaci errate per qualità o quantità o per impropria prescrizione degli stessi, ad interventi medici e/o terapeutici errati, quanto ad imperizia e scarsa preparazione del professionista della relazione di aiuto.

Qualunque di queste figure professionali può essere chiamata a rispondere, davanti alle competenti autorità giudiziarie, dei cosiddetti “danni iatrogeni”, ossia dei pregiudizi alla salute, direttamente imputabili ad erronee indicazioni e prescrizioni.

Nell’esercizio della sua professione il terapeuta può incorrere in varie fattispecie di responsabilità, penale, civile e disciplinare, che conseguono più o meno direttamente a:

  1. inosservanza di obblighi o violazione dei divieti imposti da leggi e regolamenti che disciplinano espressamente l’esercizio della professione;
  2. trasgressione dei doveri di ufficio o di servizio inerenti al rapporto di impiego subordinato da enti pubblici o privati;
  3. inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contratto di prestazione d’opera nei confronti del cliente privato;
  4. errata applicazione delle regole diagnostico-terapeutiche da cui derivi un danno al paziente (lesione personale o morte).

…continua…

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About the Author

Ciao, sono Dottore in Scienze e Tecniche Psicologiche ad indirizzo psicosociale, iscritta al primo anno di Psicologia Criminale all'Università di Torino (laurea magistrale) e Dottore in Scienze Motorie. Ho una Specializzazione in Criminologia e Psicologia investigativa; sono Counsellor nelle relazioni di aiuto psicologico e Psychoterapeute Analytique (Bruxelles). Ho conseguito un Diploma di perfezionamento in Psicologia dello Sport dell'ISEF/SUISM di Torino ed una Specializzazione in Chinesiologia preventiva e rieducativa. Leggi il mio profilo completo nella sezione "About us".

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