Psicologia della moda: la pulizia dell'armadio e la percezione di sé

Da Susanna Murray


Buon anno e buon rientro dalle ferie!
Io torno dopo 3 settimane di riposo, di cui necessitavo :)
Oggi volevo commentare un articolo americano su un tema molto femminile legato all'immagine corporea.
In questi giorni è uscito su Psychology Today un post della dottoressa Jennifer Baumgartner, psicologa  di cui avevo già parlato nel post La psicologia della moda. In questo nuovo articolo la Baumgartner presenta il caso di una donna, che ha seguito in consulenza, che vive, in modo conflittuale e difficile, il rapporto con il proprio guardaroba e con se stessa. L'inizio di un nuovo anno è connotato spesso dalla promessa di un rinnovamento di sé, un nuovo inizio, una persona nuova. Tra i cosiddetti "buoni propositi" spesso c'è il perdere peso, i cambiamenti nel lavoro, il migliorare le relazioni con gli altri e... la pulizia dell'armadio. 
E' incredibile quello che si può trovare nell'armadio di qualcuno, ma ancora più incredibile è trovare nel suo interno tanti aspetti, tante caratteristiche psicologiche così significative e rappresentative del suo proprietario. Gli aspetti personali legati all'abbigliamento nascondono molti significati, come l'acquisto dei vestiti, il modo in cui vengono conservati e vengono ordinati (o meno ) nell'armadio, alla ricerca spesso di un'identità del sé più intima e anche meno visibile, rispetto a quando si è in un contesto pubblico. La Baumgartner racconta di essere stata convocata per una paziente che si riproponeva di rinnovare il proprio armadio (anche a seguito di un dimagrimento ), ma si sentiva bloccata ogni volta tentasse di ripulirlo. Nel momento in cui vengono passati al setaccio i pantaloni, gli abiti, le scarpe, gli accessori e le motivazioni alla base di certe scelte di abbigliamento, emergono dalla paziente quattro tematiche principali: come trovare abiti adatti alla sua nuova corporeità, indossare abiti che sentisse rispecchiassero se stessa e la sua età, riuscire a mantenere le apparenze nonostante le difficoltà economiche, il cambiamento di ruoli e d'identità. Queste tematiche così personali ed individuali rappresentano il vissuto della paziente, che sembra stare tutto dentro un unico armadio. Questa donna ha deciso di perdere peso, ma non sappiamo perché: non sappiamo come, quanto e cosa l'ha condotta ad un cambiamento, ma la Baumgartner spiega come la perdita, o l'aumento del peso, necessita di una "ricalibrazione" della percezione del proprio corpo.
Un po' come dire che la bilancia e lo specchio, non bastano per sentirsi cambiate, diverse.
Il lavoro inizia da qui. Inizia da un cambiamento fisico che sembra aver anticipato il cambiamento psicologico (cioè percettivo ed emotivo ), con cui la paziente deve fare ancora i conti. La donna non era disposta ad eliminare dal suo guardaroba i vestiti che ora le vanno larghi: forse vuole conservarli per paura di riprendere peso, forse li vuole tenere per ricordarsi gli obiettivi che ha raggiunto e la fatica o forse la paziente non ancora riesce ad avere una percezione corretta del suo corpo. Ogni nostro cambiamento - emotivo, corporeo, di salute, nelle decisioni della vita - richiede che avvenga un processo di consapevolezza profonda e non solo razionale. Riconoscere il cambiamento dovrebbe essere un percorso in divenire, che passa dalla "pancia" , come dico io, cioè dal mondo interno di emozioni in movimento ( e quando dico "in movimento", chi mi segue, e conosce il mio metodo di lavoro, sa che mi riferisco anche al corpo, perché corpo e psiche dovrebbero lavorare insieme ) e non solo dalla semplice consapevolezza cognitiva, che soprattutto per le persone più intelligenti è immediata, ma poco risolutiva. A volte si è così condizionati dai messaggi esterni che ci dicono di dimagrire, di mangiare solo certe cose e altre no, di fare attività fisica, di prendere come modello un corpo ideale, che alla fine i cambiamenti del nostro corpo sembrano essere solo "i risultati dei nostri obiettivi" ( metto tra virgolette queste due parole perché non mi piacciono molto: risultati e obiettivi, riferiti ad un essere umano, sono molto pericolosi fuori da certi contesti...), ma non ci concediamo i tempi per adattarci al nostro vero corpo, quello reale che abbiamo ora davanti allo specchio.
Un altro aspetto su cui la paziente ha dovuto lavorare è stata l'età: si è resa conto di sentirsi piuttosto confusa in merito al fatto che fosse giovane o meno.
Era fuori luogo oppure adeguata?
Quando il messaggio che tante donne ricevono è : "giovinezza = bellezza", ma soprattutto che la giovinezza è ormai "uno stile" di abbigliamento, di vita, di pensiero, una cultura intera che ti chiede se vuoi essere adeguata al mondo che corre o tagliata fuori, per molte, in lotta con la propria immagine corporea, diventa difficile capire chi sono e cosa vogliono e quanti anni hanno davvero. Sebbene essere giovani sia diventato tristemente un valore, vestirsi "più giovane" non vi farà sembrare tali. Forse è importante fare un analisi su come ci sente "in quei panni" e se come ci vediamo allo specchio corrisponde a quello che viviamo in quel momento. Piuttosto che apparire giovani, sarebbe importante apparire autentici, per non vivere il senso di estraneità o disagio del mettere i panni di qualcun'altro che non ci rappresenta davvero. Gli abiti rappresentato per molti anche lo status economico e nonostante la crisi economica si vorrebbe poter continuare ad acquistare abiti costosi, nell'illusoria convinzione che il valore di una persona si misura anche in base ai suoi mezzi economici e gli oggetti che può acquistare.
Infine uno degli aspetti più importanti, su cui credo soprattutto le donne debbano lavorare molto per uscire da certi stereotipi, sono i ruoli. Il guardaroba della paziente rimandava proprio questo gioco dei ruoli: mamma, figlia, studentessa, professionista, amica, moglie, ecc.Ogni ruolo necessitava di un look idoneo che confermasse di essere davvero una madre amorevole, davvero una lavoratrice professionale, davvero una moglie sexy, come se la paziente stessa non bastasse o non si sentisse convincente o all'altezza di tutti questi ruoli.

charles s. anderson design co.


Tutti abbiamo e rivestiamo più ruoli, anche nella stessa giornata, ma vivere a compartimenti stagni non è possibile. L'unica cosa possibile è integrare queste parti in un'unica individualità che sarà una donna che può portare fieramente se stessa e quello che è ( nel bene e nel male) nei vari piani della sua vita. La Baumgartner sottolinea che le problematiche della sua paziente sono comuni a molte donne e che l'armadio è stata un'ottima metafora da cui partire per iniziare a lavorare con lei.
Bene.
Mi è piaciuto molto sviluppare questo tema dell'abbigliamento e gli aspetti psicologici, così come i "ruoli" in cui molte donne si sentono imbrigliate. E voi vi sentite rinchiuse in alcuni ruoli?
A presto e un caro saluto