Psicologo tra stereotipi e denti stretti
Da Sessuologiacagliari
@DessiAntonio
Nella mia professione di psicologo ma anche nella vita di tutti i giorni quando non mi viene richiesto il mio supporto professionale rimango sempre molto affascinato ed allo stesso tempo incuriosito da quelli che sono gli stereotipi in top list sulla figura professionale dello psicologo.
La vita di chi svolge una così delicata attività necessita di tanto equilibrio nel saper gestire la propria vita professionale da quella privata. Pertanto le osservazioni sono pertinenti qui, sul blog, nella mia stanza virtuale dello psicologo.
Lo stereotipo è la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche o qualità: nel nostro caso gli psicologi. Si tratta di un concetto astratto e schematico che può avere un significato neutrale (ad es. lo stereotipo del Natale con la neve e il caminetto acceso), positivo (la cucina italiana è la più raffinata del mondo) o negativo (l'associazione tra consumo di droghe e la musica rock) e, in questo caso, rispecchia talvolta l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri gruppi.
Sicuramente lo stereotipo sulla figura dello psicologo è stato studiato ampiamente dai colleghi che si occupano di ricerca in ambito sociale, ma il mio contributo proviene dall'esperienza clinica e da ciò che sento dire a persone che, a conclusione di un percorso o all'evidenza di cambiamenti concreti nella propria vita, fanno.
In maniera del tutto inaspettata ho riscontrato che sono proprio le persone più giovani ad avere forti pregiudizi e resistenza a contattare uno psicologo ma allo stesso tempo ad avere maggiore flessibilità a cambiare questa percezione una volta raggiunti gli obiettivi previsti dal progetto di intervento.
" Pensi dottore che prima non credevo negli psicologi, invece ora mi vanto di essere stato in grado di affrontare tale confronto".
" ... e pensare che prima classificavo tutto come strizzacervelli. Paradossalmente prima ero convinta di essere malata, ora ho capito di essere una persona con risorse che può cambiare".
Questi sono solo alcuni esempi che aiutano a capire quanto le persone costruiscano un'immaginario collettivo attorno ad una figura professionale come quella dello psicologo.
Chi va dallo psicologo è pazzo. In questo senso la mia esperienza personale, perché uno psicologo che svolge con etica la propria professione ha svolto anni di lavoro psicoterapeutico su se stesso per poter lavorare, ma anche professionale, mi portano a dire che rivolgersi ad uno psicologo significa aver già avviato un cambiamento reale nella propria vita. Spesso sento delle frasi del tipo: "Poverini, stanno proprio male quelli che vanno da uno psicologo", o peggio ancora "io sono proprio curioso di vedere chi va dallo psicologo e cosa dice, pura curiosità". In realtà la percezione "nella stanza di uno psicologo" reale è totalmente diversa. E' un lavoro costante di cambiamento, di autoaffermazione e centro propulsore di benessere individuale e relazionale. E i cambiamenti non sono qualcosa in cui "credere". Esistono e sono reali.
Esistono sicuramente tanti altri stereotipi sullo psicologo, ma sicuramente chi legge ne sa più di quanti ne sappia io.
Altro aspetto che sicuramente è molto interessante è la frase "Io non ci vado dallo psicologo, tanto lo so già che cos'ho". Spesso una simile frase denota molta fragilità al confronto ed allo stesso tempo un irrigidimento su una posizione precaria: un sorridere a denti stretti con gli occhi umidi.
In questo caso è sempre bene fare una considerazione di base, ovvero che in questi casi sarebbe molto nocivo rivolgersi realmente ad uno psicologo. Spesso queste persone costruiscono una loro idea sul loro disagio, negato, talvolta anche basandosi su semplici letture di settimanali o mensili di benessere, o peggio ancora su libri con cd allegato.
La posologia degli articoli psicologici prevede che questi siano semplicemente uno stimolo di riflessione su una problematica psicologica ma non certamente la soluzione ad un problema individuale.
Inoltre la presenza di un sentimento di sfiducia di base fa si che queste persone producano altri stereotipi, ovvero che lo psicologo dopotutto mente, tenta di manipolarle, usa la tecnica del linguaggio per imbrogliarle e in generale si approfittino di loro. E' il famoso stereotipo dello "strizzacervelli", che altro non è che la trasposizione di uno schema di sfiducia sulla figura professionale dello psicologo. Strizzacervelli è colui che manipola un cervello contro volontà. Nessuno psicologo agisce senza la cooperazione della persona che ne richiede l'aiuto e qualsiasi relazione terapeutica funzionante è possibile a seguito di un accordo di collaborazione. Un po' come quando si va dal dentista: se non apri la bocca non può vedere se hai carie! E se non apri la bocca perchè hai paura, forse è meglio che ci pensi un po' e quando sei pronto e il dente fa male perchè è peggiorato riprovare.
Da qui nasce l'evitamento nell'instaurare una relazione, la diffidenza nel confidare ad "uno sconosciuto" pensieri ed emozioni, e il mantenimento di un atteggiamento distaccato. A volte persone del genere possono arrivare a "sfidare" questi stereotipi, presentandosi dallo psicologo ma mostrandosi assolutamente poco collaboranti. A volte per assecondare un partner, un familiare, un amico che, stremati dal disagio che provano nella relazione con loro, li spinge ad affrontare i propri problemi personali. Questo garantisce loro la possibilità di attaccare per non essere attaccati. In realtà lo psicologo è li per offrire un aiuto e prima di poter iniziare un percorso la persona dovrebbe essere disposta a mettere in discussione il suo schema di sfiducia, che risulterebbe assolutamente predittivo di un intervento che vira verso il fallimento. Così lo psicologo spesso non accetta di portare avanti casi di questo tipo, semplicemente per tutelare l'equilibrio, sebbene precario, della persona.
Andare dallo psicologo è una possibilità. Per il resto girare a denti stretti, irrigidirsi mente si legge "Novella 2000", "Chi" o gli ultimi "aforismi" di Belen o Barbara D'Urso non è altro che una scelta di vita, e nessuno psicologo si oppone chiedendo che questo venga cambiato.