Nel posto in cui abito, provincia siciliana terrosa mafiosa disperata improduttiva dove fino alla generazione dei miei nonni la stratificazione sociale consisteva nella formula "signorotto vs massa di contadini" e dove fino alla generazione di mio padre - salvo rare eccezioni - il rapporto tra i sessi era "gli uomini fanno cose da uomini, le donne cose da donne", nel posto in cui abito ci sono belle dinamiche narrative, specie tra i giovani. Come per esempio la considerazione che è finito il mondo di noi maschietti e che quindi si si assistono a tante di quelle gustosissime scene che ci sarebbe di farci un libro e un film. Uno? No, tanti, tantissimi. Il fatto è che una volta uscivi per le strade e c’eravamo solo noi maschietti. Le donne le trovavi nell’intimità, nelle stanze chiuse, con regole e riti ben codificati. Adesso invece ci sono donne ovunque, le trovi a lavoro, all’università, nella vita pubblica e nelle uscite con gli amici. Sono diverse da noi maschietti, forse più fragili, sicuramente più emotive, ma senza tutta la nostra zavorra del dover-essere. Ci accorgiamo infatti che i loro standard di comportamento, i loro codici sociali, le loro auto imposizioni, spesso, sono molto più labili dei nostri. Noi che in qualche modo ci dobbiamo sempre conformare a qualcosa. Che esercitiamo il nostro rigido autocontrollo, tutti presi dalla nostra razionalità. Loro che invece, quando c’è da sbroccare, sbroccano senza tanti complimenti, che sembrano avere un rapporto più sincero e meno prepotente e coercitivo con la propria emotività. Forse a volte le troviamo più libere di noi, in tutti i sensi. Forse a volte le invidiamo, anche se questo non lo si ammetterà mai. Ora, i maschietti hanno sempre bisogno di “prove” per sentirsi “uomini”, e cioè - fondamentalmente - diversi dalle femminucce. E in un contesto del genere - di crisi, rivolgimento, confusione, identità che traballa - che fanno? Ovvio, fanno quadrato, alzano i ponti, per ritrovare se stessi. Siccome l’identità maschile è in crisi, in altre parole, vengono accentuate le logiche di branco, l’ossessione sessuale, le etichette e gli stereotipi. C’è bisogno di definizioni salde e inconfutabili, infatti, da accettare come dogmi. Nessun ragionamento o spirito critico, per carità. Siccome questo mondo trema dalle fondamenta, abbiamo bisogno di robusti pilastri – definizioni, parole, un vocabolario autorevole – che sorreggano tutto. A tal proposito il concetto di “puttana” - non declinato nella sua accezione professionale - è un gran bell'esempio. Puttana è una donna che “si concede facilmente”. Una vergogna, uno scandalo. Donna di facili costumi. Immorale. Però, a pensarci, cos’è che fa indignare in una “puttana”? Il fatto che “la dà facilmente”? Che “conceda troppo facilmente il suo corpo”? Che "non si rispetti"? Che svaluti in questo modo i suoi “tesori”? O piuttosto il fatto che si conceda a tanti maschi, ognuno dei quali poi si vanterà in “pubblico”, nel branco dei maschi, della sua “conquista”? E che, d’altra parte, questa conquista non sarà più - ecco il punto - “facilmente classificabile”? Io penso che la considerazione più importante da fare sia quella che l'elemento-puttana svaluta il valore della conquista maschile, ecco perché è uno scandalo. La puttana e il puttanesimo rimescolano le carte. Fanno confondere i maschetti, fanno tremare la terra sotto i loro piedi. E così, invece di sminuire il valore della conquista maschile – non sia mai! – il maschio preferisce sminuire il valore della femmina. E dunque: puttana. Il concetto di puttana, detto ciò, si può definire come una purissima "costruzione maschile”. Ed è banale pure chiedersi: perché il maschio che si “concede facilmente” è un playboy e la femmina una puttana? Perché c’è questa differenza così “di natura” tra i due modi di “concedersi facilmente”? Risposta banale: nient'altro che logiche di branco. Per concludere c'è da dire che il concetto di puttana è sfaccettato e multifunzionale, perchè la puttana è un’entità ambigua, insieme ammaliante e pericolosa. Attrae e fa paura, come nella migliore delle tradizioni mitologiche. Devi spassartela con lei, sei quasi obbligato a farlo in qualità di maschio, ma c’è sempre la raccomandazione: non te ne innamorare! La puttana è buona per una botta e via. Per la conquista di una notte, o per brevi periodi, e poi subito - corri, corri, maschetto - subito a vantartene con gli amici. Con gli altri del branco.
Illustrazione di Marina De Santis
Note
1) Sul tema ho letto questo grandissimo post su Abbattoimuri.wordpress.com: Sono puttana e me ne vanto
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