pubblica condivisione di perplessità personali

Creato il 08 ottobre 2012 da Gaia

Sono mesi che prendo in considerazione l’idea di candidarmi a consigliere comunale di Udine. Non perché io sia attratta dall’attività politica in sé, ma perché ho tante idee per la città, e vorrei essere nella posizione di proporre e contribuire ad attuare queste idee. Il problema è tutto quello che c’è in mezzo. Anche se ci dicono che adesso siamo governati da tecnici, la politica non la fanno i tecnici, ma i politici, Monti incluso. Conquistare, mantenere e gestire il potere è un mestiere in sé. Non tutti sono adatti, anche se preparati in altri campi. E chi non è adatto, con la competizione che c’è, non avrà il potere o non riuscirà a tenerlo.
Facendo un esempio nel mio piccolo, io per candidarmi dovrei trovare una lista – per quanto le mie idee possano essere buone, non si può prescindere da questo primo compito da svolgere, già di per sé difficile. A chi chiedo di candidarmi? E chi mi accetta?
Il Movimento 5 Stelle, nonostante io abbia stima di alcuni ‘grillini’ che ho conosciuto, l’ho scartato subito. Troppo aggressivo nell’espressione e nei metodi, troppo odiosa la figura di Grillo, e ultimamente ci si sono messe anche le lotte intestine nella mia regione, che non ho seguito ma di cui ho carpito qualcosa che non mi è piaciuto – nel giro di pochi giorni mi è arrivata prima una mail di raccolta delle candidature con il Movimento 5 Stelle, scritta da un certo MG, poi una mail in cui un’altra persona dello stesso movimento, che chiameremo MZ, precisava che solo il suo gruppo è autorizzato a raccogliere candidature, e infine una terza in cui MG descriveva MZ come delirante, preso da stato di panico e di dubbio gusto. Non voglio saperne altro.
Il PD è in un tale stato confusionale che, pur stimando, anche qui, alcuni suoi esponenti, non mi sembra proprio un partito di cui io potrei desiderare di fare parte, o in cui potrei durare anche solo dieci minuti. L’Italia dei Valori non è abbastanza di sinistra per me, e per quanto riguarda SEL, sicuramente il partito con cui ho più affinità, anche qui dissento su alcune cose, di sostanza e di metodo, tra cui certe tecniche comunicative o eccessivamente retoriche o addirittura radical chic. E probabilmente tutti i partiti che ho nominato si sentirebbero offesi dall’idea che io veda la questione in termini così utilitaristici, quando loro si aspettano prima la dedizione, poi, eventualmente, la candidatura. Ma è questo il problema: perché bisogna essere per forza in un partito per avere voce in capitolo, per contribuire? Essere in un partito richiede molti compromessi, non a tutti va bene.
Finora ho bussato un po’ e ho trovato porte al massimo socchiuse, e forse è comprensibile: non riesco a trovare nessuno che la pensi abbastanza come me e chiunque mi conosce sa che non riesco a stare zitta.
L’idea rimanente, e la più entusiasmante, era di candidarmi da sola, con una lista mia. Questo mi darebbe la libertà di non dover chiedere il permesso a un partito, di non dovermi dedicare ad attività cui non credo solo per visibilità, e di poter dire esattamente come la penso. Il problema è che la legge italiana impone di indicare un candidato sindaco, e, in un comune delle dimensioni del mio, di trovare almeno 27 persone e 200 firme. Potrei anche farlo, ma poi con quali soldi condurrei la campagna? Il colpo di grazia forse è stato quando mi è stato fatto notare che non si può fare una campagna elettorale con i foglietti stampati con la stampante di casa. In realtà forse si può. Ma ha senso?
La questione veramente interessante, in realtà, è se valga la pena candidarsi, cioè quale parte della società sia agente di cambiamento. Banalmente, io penso: tutte. C’è quello che fanno i singoli e i cittadini organizzati, le idee diffuse da chi ha l’autorità o il potere di diffonderle, l’informazione, le contingenze locali e mondiali, l’imprenditoria e i soldi e, sicuramente, anche la politica. Fin qui non dico niente di particolare, anche perché nessuno sa per certo in che proporzioni ciascun fattore guida il cambiamento. Ma come fa un singolo a capire qual è il suo posto?
E che spazio c’è perché i cittadini facciano pressione sui politici senza esserlo? E fino a che punto si può attuare l’ideale di democrazia diretta e limitare il ricorso alla delega?
Intanto continuo a dire la mia su come la città e la regione sono governate. Con Mobicittà sto preparando un decalogo per la promozione della mobilità sostenibile in città, da mettere a disposizione di tutti i candidati. Sostengo localmente la campagna per il Reddito Minimo Garantito. Vi ricordo anche, se siete udinesi, che il nostro è il decimo comune capoluogo in Italia per debiti per residente: 1639 euro a testa, +27% rispetto all’amministrazione precedente. Molti temevano che Honsell sarebbe stato un sindaco spendaccione (ma non voglio farla troppo semplice). Il problema è che, come dice il vicesindaco, i debiti sono dovuti ai mutui accesi – con le banche. Banche: vi ricordano qualcosa?


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