Pubblicata nella GURS la legge sull’acqua pubblica

Creato il 22 agosto 2015 da Comunalimenfi

E’ stata pubblicata, nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 34 del 21 agosto, la Legge regionale n. 19 dell’ 11 agosto 2015 recante “Disciplina in materia di risorse idriche”.

I limiti oggettivi del testo approvato, ora la parola passa ai Comuni.

La legge approvata dal Parlamento siciliano rispetta la normativa europea e nazionale ma, di fatto, rimette in discussione il ruolo di Sicilacque, la società controllata da una multinazionale francese arrivata nell’Isola nei primi anni del 2000 in forza di una legge nazionale voluta da Berlusconi. Probabile l’impugnativa del governo Renzi. Sullo sfondo anche un’altrettanto probabile causa civile.

La lunga storia di una lotta per l’acqua pubblica non è finita.

La Sici­lia ha visto la più impo­nente e con­ti­nua­tiva mobi­li­ta­zione a favore dell’acqua pub­blica degli ultimi 40 anni. Una bat­ta­glia che muove dalla neces­sità di con­tra­stare il furore ideo­lo­gico con cui sono state impo­ste le pri­va­tiz­za­zioni. Il Pre­si­dente Cuf­faro, da com­mis­sa­rio straor­di­na­rio per l’emergenza idrica, nel 2004 mette in liqui­da­zione l’ente acque­dotti sici­liani per costi­tuire la spa Sici­liac­que, di cui la regione man­tiene un 25% delle quote azio­na­rie e che, per appena 400.000 euro, cede per quarant’anni l’intero sistema acque­dot­ti­stico sici­liano, fatto di 50 anni di inve­sti­menti pub­blici, ad una società che oggi, a seguito di cambi socie­tari, è in mano alla mul­ti­na­zio­nale fran­cese Veo­lia. Nella con­ven­zione si fissa il costo dell’acqua grezza da ven­dere agli ATO pro­vin­ciali che nel frat­tempo e fino al 2007 com­ple­tano l’aggiudicazione del SII ai gestori pri­vati. Da rile­vare che tutte le gare per la gestione del ser­vi­zio idrico inte­grato sono state por­tate a com­pi­mento a colpi di com­mis­sa­ria­menti, con un unico con­cor­rente, con pro­fili di ille­git­ti­mità sol­le­vate dallo stesso garante per la con­cor­renza ed igno­rate dagli organi pre­po­sti. Una vera e pro­pria “spar­ti­zione a tavo­lino” la definì l’allora par­la­men­tare Rita Bor­sel­lino, che ha visto però nello stre­nuo rifiuto da parte dei Comuni a con­se­gnare le reti ai pri­vati e nel soste­gno attivo dei Movi­menti per l’acqua l’avvio di una lotta di resi­stenza e di proposta.

Da lì, in maniera par­te­ci­pa­tiva, nasce la pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare e con­si­liare per l’acqua pub­blica. Nel 2010 135 con­si­gli comu­nali e una pro­vin­cia deli­be­rano all’unanimità per il testo di legge ed i movi­menti rac­col­gono oltre 35.000 firme dei cit­ta­dini sici­liani nel mese di ago­sto dopo averne rac­colte 90.000 per i refe­ren­dum. Ma la Regione non desi­ste. I sin­daci «ribelli», tra i quali anche Michele Botta (ex sindaco) e Vincenzo Lotà (sindaco in carica), ven­gono negli anni costan­te­mente dif­fi­dati a con­se­gnare le reti ai pri­vati e sot­to­po­sti a pro­ce­di­menti per danno era­riale. Cuf­faro, Lom­bardo e Cro­cetta attra­verso i pro­pri diri­genti gene­rali con­ti­nuano ad inviare com­mis­sari pun­tual­mente riman­dati a casa dai sin­daci schie­rati con le fasce davanti alle porte dei muni­cipi e dalle popo­la­zioni resi­denti che insieme a par­roci e vescovi si schie­rano per l’acqua pub­blica. La legge Popo­lare approda all’Ars dopo la vit­to­ria refe­ren­da­ria ma resta al palo per lo scio­gli­mento anti­ci­pato del governo Lombardo.

Nel frat­tempo i gestori della pro­vin­cia di Palermo e Sira­cusa, rispet­ti­va­mente APS e SAI 8, fal­li­scono lasciando per­so­nale e debiti sulle spalle del pub­blico, e non avendo fatto gli inve­sti­menti pre­vi­sti, men­tre i gestori di Agri­gento, Enna e Cal­ta­nis­setta fanno pagare tariffe da capo­giro a fronte di un ser­vi­zio che non garan­ti­sce la distri­bu­zione arri­vando ad ero­gare acqua, a volte non pota­bile, anche una volta a set­ti­mana. Le con­tro­ver­sie giu­di­zia­rie si mol­ti­pli­cano insieme alle pro­te­ste dei cit­ta­dini, che arri­vano a sui­ci­darsi, come acca­duto in pro­vin­cia di Agri­gento, per la sospen­sione del servizio.

Col governo Cro­cetta l’iter della legge popo­lare riprende ma l’assessore Marino a chiu­sura degli emen­da­menti al testo in Com­mis­sione pre­senta un testo di riscrit­tura inte­grale che ne stra­volge i con­te­nuti pub­bli­ci­sti. Anche gli altri due asses­sori suc­ce­duti a Marino, Cal­leri e Con­tra­fatto fanno la stessa cosa ma a quel punto la Com­mis­sione boc­cia le riscrit­ture e lavora ad un pro­prio testo al quale col­la­bo­rano atti­va­mente, gra­zie ad un tavolo par­te­ci­pato, i pro­mo­tori del ddl Popolare/Consiliare. Il testo esi­tato dalla IV Com­mis­sione Ambiente ARS, presieduta da Giampiero Trizzino (M5S), assorbe quindi i con­te­nuti del ddl di ini­zia­tiva Popo­lare e Consiliare.

Se Ber­lu­sconi con l’art. 23 voleva imporre per legge la pri­va­tiz­za­zione, norma abro­gata dai refe­ren­dum, e i governi che si sono suc­ce­duti hanno ten­tato di negare quel risul­tato, Renzi lo aggira attra­verso prov­ve­di­menti come la legge di sta­bi­lità e lo sblocca ita­lia, che costrin­gono i Comuni a met­tere sul mer­cato i ser­vizi pub­blici locali e ad accen­trare il livello deci­sio­nale. Gli stessi ten­ta­tivi por­tati avanti in Sici­lia, dove l’MPA ha pre­sen­tato una pre­giu­di­ziale di inco­sti­tu­zio­na­lità, boc­ciata dall’Aula. In ultimo le dichia­ra­zioni del sot­to­se­gre­ta­rio Faraone, a testo quasi appro­vato, per sol­le­ci­tare l’Ato unico e la gestione indu­striale danno il polso della pre­oc­cu­pa­zione che la gestione pub­blica possa farsi strada osta­co­lando i grandi rag­grup­pa­menti indu­striali e le mul­tiu­ti­liy per la gestione delle ingen­tis­sime somme di capi­tale pub­blico.
La legge appro­vata, frutto di una media­zione tra le forze di mag­gio­ranza, rece­pi­sce buona parte dei con­te­nuti della legge di ini­zia­tiva Popo­lare e Con­si­liare pre­sen­tata nel 2010, pur ridu­cen­done la por­tata inno­va­tiva e ridu­cendo all’uso idro­po­ta­bile i con­fini di un testo che pre­ve­deva una visione oli­stica dell’uso della risorsa ed il rispetto delle diret­tive euro­pee; pone le basi per la gestione pub­blica del ser­vi­zio idrico, legit­tima i Comuni (come Menfi) che in que­sti anni hanno con­dotto una bat­ta­glia di resi­stenza rifiu­tando di con­se­gnare le reti ai privati.

La legge Popo­lare, così come quella appro­vata, era incar­di­nata all’art. 14 dello Sta­tuto autonomo della regione che asse­gna com­pe­tenze esclu­sive in mate­ria di acque pub­bli­che. La Sici­lia avrebbe potuto essere quindi la prima regione ita­liana a rece­pire l’indicazione poli­tica dei refe­ren­dum 2011 man­te­nendo come unica forma di gestione quella pub­blica e sfi­dando il con­si­glio dei mini­stri a ricor­rere presso la Corte costi­tu­zio­nale per veri­fi­care il «peso» dell’Autonomia che ha rango costi­tu­zio­nale. La mag­gio­ranza ha invece deciso di man­te­nere le tre forme di gestione pre­vi­ste dalla legge nazio­nale, pub­blica, mista e pri­vata, pur limi­tando in maniera strin­gente la gestione privata.

I pro­mo­tori della legge Popo­lare e Con­si­liare, pur cogliendo alcuni limiti ogget­tivi nel testo appro­vato dall’Aula espri­mono sod­di­sfa­zione per il risul­tato con­se­guito. La gestione pub­blica sarà rea­liz­za­bile dai comuni in forma sin­gola o asso­ciata, non potrà essere sospesa l’erogazione del minimo vitale, si potranno final­mente ana­liz­zare nel merito i con­tratti con i gestori pri­vati e le even­tuali ina­dem­pienze per veri­fi­care le con­di­zioni di recesso. La parola passa ai Comuni che con grande senso di respon­sa­bi­lità dovranno ora dimo­strare che la gestione pub­blica e par­te­ci­pa­tiva può essere più effi­ciente ed eco­no­mica di quella privata.

Da pro­mo­tori rite­niamo che la par­te­ci­pa­zione ed il con­trollo demo­cra­tico che era stato pre­vi­sto con l’art. 3, (e che l’Aula ha boc­ciato tra­sver­sal­mente col voto segreto), sia uno stru­mento fon­da­men­tale per una cor­retta pia­ni­fi­ca­zione delle risorse per que­sto fac­ciamo appello al Pre­si­dente Cro­cetta affin­ché si inte­sti per decreto l’istituzione del tavolo di con­sul­ta­zione per­ma­nente sul piano di gestione delle risorse idriche.

Adesso l’unica vera spada di Damocle sulla legge resta quella del giudizio di legittimità costituzionale su questa norma. Dopo la soppressione dell’ufficio del Commissario dello Stato il parere dovrà essere espresso infatti dal Governo centrale. Che, purtroppo, in materia di acqua tende a privilegiare la gestione privatistica degli impianti idrici, ancorché questi siano pubblici.

Clicca QUI per leggere la Legge regionale n. 19 dell’ 11 agosto 2015 recante “Disciplina in materia di risorse idriche”.

Excursus storico della legge tratto dal comunicato diramato dal Comitato Pro­mo­tore Legge di Ini­zia­tiva Popo­lare per l’Acqua Pubblica