Pubblicità, se non lo vedi non ci credi.

Creato il 27 dicembre 2010 da Leonardocaffo

Questo pezzo lo avevo scritto per La Voce dei Senza Voce un po' di tempo fa, e si vede. Tra una cosa a l'altra anche questo non è andato in stampa ed è finito nella mia fatidica cartella "lavori minori senza collocazione". Lo colloco qua, e buonanotte.

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Per quanto fervida possa essere la nostra immaginazione ci sono cose a cui non possiamo arrivare da soli, informazioni sugli stati di cose del mondo che hanno bisogno di essere svelati, chiariti ed esplicitati. Per quanto possa sembrare immediato vedere in una bistecca un pezzo di cadavere o in una pelliccia la sofferenza dei visoni, le cose non stanno esattamente così. Obliterare è il compito che spetta alla “mano invisibile” della società, così avremo polpette invece di brandelli, hamburger invece di scarti, inserti in camoscio invece che in pelliccia di animali squartati e così via. Facciamola breve, e se ci sono filosofi che leggono mi perdonino. Oggi assistiamo ad un teatro di maschere e travestimenti linguistici per cui le cose, sono “altro” rispetto alla loro natura. Nella società dei consumi la pubblicità svolge un ruolo fondamentale, trasmettere a potenziali acquirenti (o fruitori in generale) informazioni svolte alla promozione di un determinato oggeto X. Ovviamente esistono anche pubblicità prettamente informative anche se in realtà si cela sempre la vendità di qualcosa, ad esempio una campagna a favore della donazione di sangue non vende niente in senso stretto ma vuole comunque attirare potenziali donatori ad un loro “prodotto”, ossia la donazione stessa. Il preambolo dell'articolo, come si è visto, concentrava l'analisi sul nascondimento dei prodotti di origine animale, cosmetici, alimenti, vestiari e chi più ne ha più ne metta. Associazioni animaliste, di varia natura, come LEAL per cui ora scrivo, cercano attraverso campagne pubblicitarie di contribuire come possono al disvelamento degli inganni a cui la società dei consumi ci ha portato. I messaggi sono vari, dalla ribellione alla vivisezione ad una più responsabile alimentazione. Dove va una pubblicità? Va dove la gente può vederla e leggerla, dunque soprattutto in giornali e riviste. Questi giornali, quotidiani soprattutto, pubblicano le pubblicità delle varie associazioni e tutti possono sapere cosa succede … No, non va così purtoppo e le campagne animaliste, nella loro prima versione (talvolta anche nella seconda), vengono continuamente rifiutate. Perché? Viene spontaneo domandarselo ma la risposta è molto articolata ed ha a che fare con quella “mano invisibile” di cui parlavo inizialmente. Sia chiaro, nessuno vuole essere complottista; l'analisi che faccio in questa sede muove da alcuni dati sul respingimento di pubblicità promosse da associazioni animaliste da parte di alcuni importanti quotidiani. Il comunicato stampa emesso da Campagne per gli animali in data 10 Giugno 2010 per annunciare la pubbblicazione della reclame “Ti guardano tutti negli occhi” su La Repubblica riporta il seguente dato, sia La Repubblica stessa che altri quotidiani quali, Corriere della Sera, La Stampa, Il fatto quotidiano hanno rifiutato di pubblicare la campagna nella versione originale in cui era stata pensata dagli autori mentre, nella sua versione riveduta, solo La Repubblica, infatti, ha accettato il lavoro. La pubblicazione del messaggio sul quotidiano è costata 7500 euro ed è stato, probabilmente, uno dei primi messaggi volti alla comunicazione dell'antispecismo in un quotidiano nazionale a grande tiratura. I rifutui dei quotidiani si concentrano principalmente sul contenuto troppo “forte” delle immagini proposte dagli animalisti ma attenzione, questo contenuto non è altro che la verità. Gli animalisti, e le associazioni che si fanno portavoci, non ritoccano mai le immagini perché, purtroppo, non ne hanno bisogno. Negare alla gente di vedere quelle immagini significa negargli la verità, le foto di animali squartati, torturati e vivisezionati sono il ritratto di ciò che accade constantemente in tutto il mondo. Chi non vuole rendere pubblico ciò che accade, non rende pubblica la verità. Nel dialogo La Repubblica il filosofo greco Platone narra, tra le cose, il suo mito più celebre quello della caverna che non racconterò, per esigenze di spazio, nella sua integrità ma che parafrasando possiamo immaginare come una rifessione sulla scoperta della realtà delle cose che ci circondano; viviamo in una caverna incatenati in cui tutto sembra avere una forma diversa e distorta rispetto alla natura intrinseca delle cose, liberati dalla caverna ciò che troviamo è la realtà nella sua brutalità. Per esigenze come le nostre, dentro la caverna si parlerà di spiedini e hamburger, fuori di cadaveri e sofferenza. I quotidiani che si rifiutano di pubblicare le campagne animaliste sono i guardiani di questa caverna, accecati dalla ignoranza e dal rispetto per le gerarchie contribuiscono, inconsapevolmente, a mantere tacite e silenziose tutte le pratiche di sofferenza attuate sugli animali. Impedire la conoscenza delle cose e impedire all'umanità di avvicinarsi alla libertà.


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