Ogni volta che so di cristiani perseguitati o
uccisi in terra d’islam, qui sgozzati, lì bruciati vivi, l’istinto mi muove a
compassione. L’istinto, tuttavia, come ben sa chi ne ha studiato la natura, sta
tutto in meccanismi riflessi, non mediati, nient’affatto ponderati, sicché a
lasciarlo fare si può esser certi di sbagliare. Allora in mio soccorso chiamo
la ragione, che non si fa pregare e prontamente accorre col suo cassetto degli
attrezzi. Per la compassione che d’istinto mi prende per i cristiani
perseguitati o uccisi in terra d’islam, ne usa uno che somiglia a un regolo
millimetrato, col quale mi dà sempre misura esattamente coincidente tra il martire
e il pezzo di merda. Detta così, però, mi rendo conto che la cosa possa
sembrare poco chiara, e allora passo all’esempio.
I copti decapitati dall’Isis,
avete presente? Quando ho saputo, il cuore mi si è stretto da far male: «Povera
gente», mi son detto, e giù a commiserare, afflitto da una pena immensa. Non
fosse accorsa la ragione – e qui vi prego di credermi, non esagero – temo sarei
morto dal dolore. Ma per fortuna non s’è fatta attendere: è subito arrivata e m’ha
messo sotto il muso un post di Berlicche.
«È
fuori di dubbio che, in Libia come in Danimarca, stiamo raccogliendo quanto
abbiamo seminato. Un tempo si diceva Horror vacui per indicare che, quando
esiste un vuoto, c’è qualcosa che lo riempie. La natura aborrisce il vuoto. Ma
talvolta ciò che lo riempie non è così piacevole. Se non ci fosse il vuoto, non
fosse stato creato il vuoto tutto sarebbe stato molto diverso. È difficile
occupare quanto è già pieno. È molto più semplice svuotare. Svuotare di ordine,
svuotare di senso, svuotare di Dio. Un tempo Dio riempiva tutto il cosmo con la
Sua presenza, tramite le sue creature. Poi si è deciso che erano le creature ad
importare, e non Dio. E un creatore è diventato inutile e imbarazzante, perché
stava là a ricordare che una creatura non può tutto: ad esempio, non può farsi
da sé. Le cose imbarazzanti dapprima le si nasconde, perché non siano viste dagli
ospiti; poi ci si libera di loro. Dio occupava uno spazio bello grosso. Grande
è il vuoto che si è fatto. I nichilisti dicono che è grande come l’universo
stesso e si sa, sono i nichilisti che oggi dominano le nazioni. Ma un
nichilista non ha difese contro chi questo suo vuoto ipotetico, questo suo
nulla mentale lo vuole occupare. Può solo continuare a ridere ebete,
rivendicando la superiorità del niente, sperando che l’ingombro che ha usurpato
il suo nulla cessi di esistere. Sciocco. Niente che esiste cessa di esistere.
Né Dio, né ciò che ha preso il suo posto. Così l’orrore del vuoto si è
trasformato in un altro orrore. Dal Dio che ha dato la vita per ciò che è, a
ciò che sceglie di non essere, a chi toglie la vita di ciò che è per riempirlo
di altro. Qualcuno che non sarebbe mai entrato se non l’avessimo fatto entrare,
se non gli avessimo creato spazio, non avessimo creato un vuoto. Perché
l’abbiamo già detto: quando c’è un vuoto qualcosa lo riempie. Noi siamo gli
uomini vuoti, ci ricordava un poeta molti anni fa. E ciò che ora viene per noi
ci riempie di orrore».
«Ma
che carogna!», ho esclamato. E la ragione s’è limitata ad aggiungere: «Cristiano.
Non copto, ma della stessa pasta». E allora, in un istante, la compassione –
puf! – scomparsa.