Pura Vida!

Da Greg Petrelli
Il Costarica è una nazione affacciata sull'oceano pacifico e sull'atlantico, parte dell'istmo centramericano confina a nord con il nicaragua e a sud con panamà. Dopo essere stato al centro di un sanguinoso conflitto civile nel 1949 viene abolito l'esercito e la linea politica estera diventa di neutralità. Stranamente importa più di quanto esporta: tra il 2005 e il 2008 le esportazioni sono sempre calate e le importazioni cresciute, fino ad arrivare a una differenza di 5,804 miliardi U$D: 15.373 di importazioni e 9.569 di esportazioni, secondo quanto riportato dall'istituto italiano per il commercio estero. Oltre a questo fatto il turismo, principalmente statunitense, è una importante fonte di sostentamento per il paese. Ciò che ho visto con i miei occhi in questi pochi giorni in costarica è il fantasma del sottosviluppo mascherato dalle favole per i turisti; ampie zone del territorio nazionale sono incolte o abbandonate, lasciate morire in favore dei pochi centri di interesse turistico. Una terra verde e fertile che potrebbe alimentare tutti i Ticos con i prodotti più svariati viene coltivata ad Ananas e Banane, quasi tutti destinati al mercato estero.Tutti conoscono le montagne del costarica, i famosi vulcani, i laghi e le splendide foreste, per questo motivo ho deciso di andare sulla costa atlantica, largamente abbandonata a se stessa. San Josè, la capitale del paese, è florida e pacifica: splendida nel suo vestito vetero coloniale e nella sua atmosfera accogliente e moderna. La gente parla fluentemente in inglese e non teme lo straniero, non come dovrebbe; dovunque fioriscono operatori turistici e compagnie di bus privati e tour fra le splendide attrazioni costarricensi. Sul giornale si leggono misure per contrastare il traffico della città: modifica dell'orario degli statali e incentivo al telelavoro ("estrella" del 20\09); si, al telelavoro, che all'orecchio di molti dirigenti italiani sembra una bestemmia. La florida e ricca San Jose, capitale fra le montagne che nella notte si immerge in una confortante nebbiolina densa e fresca è regina dell'altipiano e centro di sviluppo urbano; all'interno della cerchia metropolitana si concentra la maggior parte dei Ticos del paese. A porto Limon, 150 km dalla capitale, sulla costa atlantica, le cose sono leggermente differenti. La ferita aperta cinque secoli fa sul mar del caribe anche qui è lungi da guarire e mostra la purulenza di un'infezione perenne; in città la gente è meno accogliente, eppure cerca di venderti droga o passaggi su taxi "pirata" o a volte entrambe le cose. Tutti i negozi, anche in centro, all'interno proteggono il banco e l'esposizione con una grata metallica, stile "gabbia dei polli" di Marqueziana memoria; lo stesso giornale che riportava i fasti della moderna, decente e "bianca" San Jose riporta la notizia di un diciassettenne assassinato a colpi di pistola per rubare il suo Ak-47. Non a caso la costa è quella atlantica, non a caso la popolazione qui è etnicamente composta da indios e neri, schiavizzati per secoli nelle vicine piantagioni e nei porti affacciati sul mare più sanguinoso della storia. Questo paese non è il Costarica senza esercito, prosperità e pace; questo è un altro paese, con un altro popolo e con un'altra miseria: è il piatto più basso della bilancia dello squilibrio interno alla nazione. Nel distretto di Limon vivono la maggioranza degli Indios e, sorpresa, la percentuale di alfabetizzazione fra di loro è del 86% (contro il 98% nazionale), per quanto possa valere, solo il 67% di loro possiede un telefono cellulare (contro la media nazionale dell 84%). Il costarica è un paese magnifico, tuttavia il suo splendore non può farmi chiudere gli occhi di fronte a quanto ho visto e vi ho raccontato. Come la storia ci insegna, i perdenti sono sempre gli stessi.

L'alba in spiaggia a Limon, Costarica


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