Alle prese con la festa per il venticinquesimo compleanno della figlia Milena e deciso a ripulirsi dalla dipendenza dalla droga, l'uomo si troverà coinvolto in un traffico non voluto di ecstasy che lo costringerà a tornare al lato più oscuro della sua anima, trasformando la notte della festa in un vero e proprio massacro operato grazie all'aiuto del vecchio socio Radovan.
E alla violenza estrema di un'alba silenziosa e terribile si accosta il risveglio di un nuovo giorno che pare quasi non avvedersi di quanto accaduto nel buio.
Non mi sarei mai aspettato che Refn sarebbe riuscito a destreggiarsi così bene in un genere che mi pareva quanto di più lontano ci fosse dal suo attuale stile visionario e sconnesso: eppure la trilogia di Pusher, estremamente realistica e legata a doppio filo all'approccio del dogma, funziona, e funziona alla grande, arrivando addirittura a migliorare dalla prima alla terza pellicola, rinnovandosi pur mantenendo le stesse tematiche di fondo.
Cambiano i protagonisti - Frank, Tonny e Milo rispettivamente -, le vicende sprofondano in una spirale quasi insostenibile di oscurità interiore, aumentano la violenza e l'inesorabile sensazione di ineluttabilità del destino di questi personaggi, ma resta la sensazione di un degrado interiore dal quale è impossibile riuscire a liberarsi.
Se nel primo capitolo l'egoismo e le bugie di Frank la facevano da padroni e nel secondo la solitudine crescente di Tonny costruiva ed alimentava il suo desiderio di vendetta e fuga, in quest'ultima pellicola Milo incarna tutta la ferocia di chi non conosce o conoscerà altra strada se non quella che l'ha reso ciò che è.
E se da un lato troviamo un uomo disposto a confrontarsi con se stesso - il gruppo di sostegno - e profondamente legato alla figlia, dall'altro monta silenzioso il freddo furore di un individuo cresciuto nella violenza e nel sangue, che nella violenza e nel sangue è pronto a soffocare ogni problema che non riesca a trovare altra soluzione alternativa: così la pellicola stessa, velata dall'appoccio grottesco già mostrato nelle due precedenti nella prima parte, diviene una sorta di incubo gore da far ripensare al più scatenato dei Park Chan Wook nell'escalation finale, terribile nella sua progressiva esplosione ed esecuzione, dai colpi di martello alle interiora spinte nel tritarifiuti.
E proprio quando la tempesta di morte pare alle spalle, avvolta da una notte silenziosa e macabra come solo il profondo Nord sa offrire, un'alba inquietante nella sua tranquillità attende lo spettatore per proiettarlo in una dimensione che richiama il più spietato degli Haneke, e trova in una piscina vuota lo specchio di un'anima feroce e glaciale, ben oltre le meschinità di Frank e la follia priva di controllo di Tonny.
Milo giunge al limite estremo, e lo valica spinto da un Refn mai così deciso nel mostrare un male sotterraneo e sconvolgente, un lato selvaggio che neppure in Bronson e Valhalla rising si riuscirà ad osservare.
La trilogia di Pusher, dunque, già in grado di lasciare senza fiato come un pugno ben assestato al corpo nei suoi primi due capitoli, si conclude con un colpo secco destinato a lasciare una cicatrice profonda nel cuore dello spettatore, che si tratti di una fuga come fu per Frank e Tonny, o della presa di coscienza delle profondità più terribili della nostra Natura.
A Milo pare non pesare. E a noi?
MrFord
"Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est
fa fa fa fa fa fa fa fa fa far better
run run run run run run run away."
Talking heads - "Psycho killer" -