Nonostante la regia di Refn guardi a un forte realismo non manca certo di stile, anzi. A supporto delle immagini la bella colonna sonora, tesa, coinvolgente ed energica si sposa con la fotografia all'apparenza molto poco artefatta. Nel complesso ne esce un film che potrebbe essere una delle opere giovanili di un Ritchie asciugato dell'ironia che lo contraddistingue e privo delle strizzatine d'occhio al pubblico che hanno reso così cool i suoi primi film. Ritchie gioca, costruisce e diverte, Refn colpisce e spaventa senza mai calare troppo la mano sull'efferatezza delle scene, mi aspettavo un film molto più violento e invece la violenza nasce da riflessioni, prese di coscienza e dalle angosce dei personaggi con le quali non si fatica a essere partecipi, emblematica la bella inquadratura finale.
Ottimo il cast, il protagonista Kim Bodnia che sembra essere entrato in sostituzione di un altro attore solo a riprese molto inoltrate, esprime il miscuglio tra quotidianità e momenti di rischio e tensione con naturalezza disarmante, un volto fantastico per la parte così come quello di Mikkelsen, il più noto del lotto, sempre sopra le righe. Ottime anche le interpretazioni del fornitore di droga Milo (Zlatko Buric) e del suo fido spezzaossa Radovan (Slavko Labovic) personaggi che avrebbero potuto facilmente risultare monodimensionali e sui quali è invece stato svolto un bel lavoro di costruzione.
Rimane da dire che questo è il primo episodio di una trilogia, questo L'inizio vede protagonista Frank, gli altri due film sono incentrati sulle figure di Milo (L'angelo della morte) e Tonny (Il sangue sulle mie mani).