Puskas, un chewing gum tra i carrarmati

Creato il 27 febbraio 2014 da Pablitosway1983 @TuttoCalcioEste

“Guarda al futuro, stai nel tuo tempo”.

Tacito

Il 27 Ottobre del 1956, su La Nazione, fra gli articoli presenti, c’era questa frase: “Fra i morti dell’insurrezione d’Ungheria c’è un idolo del popolo magiaro, Ferenc Puskas”. I carri armati sovietici invadevano le strade di Budapest ma Ferenc non rimase schiacciato da mezzi blindati ne tanto meno colpito da qualche soldato del dittatore Rakosi. No, Puskas (classe 1927), il più grande calciatore ungherese di tutti i tempi, era fuggito via con qualche suo compagno di squadra, l’Honved e poco più in là col tempo si preparava alla grande avventura calcistica: vestire la maglia del Real Madrid. Ma andiamo con ordine. Fisico robusto nei suoi 172 cm di altezza, Puskas inizia la sua carriera come attaccante a soli 16 anni nelle fila rossonere del Kispest (poi Honved), nobile squadra dei “Difensori della Patria” e segna già a raffica nei poveri campi mal zollati di Budapest. Nel campionato 1947-48 segna addirittura 50 reti come se fosse un Meazza dell’est. I primi successi arrivano con gli anni ’50. Vince da assoluto protagonista i campionati del Nemzeti Bajnoksag 1 (la serie A ungherese) ’50, ’51, ’52, ‘54 e ‘55 e in poco più di dieci anni, quando ne ha 28, ha già realizzato più di trecento gol. Nel frattempo il commissario tecnico della nazionale ungherese Sebes non ci pensa su due volte a portarlo in braccio come titolare prima alle Olimpiadi di Helsinki 1952 (medaglia d’oro dopo il 2-0 alla Jugoslavia con un gol di Ferenc) e poi per i mondiali di Svizzera 1954. Una formazione da urlo quella dell’Ungheria.

GROSICS, BUZANSZKY, LORANT, LANTOS, BOZSIK, ZAKARIAS, KOCSIS, HIDEGKUTI, PUSKAS, CZIBOR, TOTH

Sulle Alpi i giocatori di Sebes danno il loro meglio, Ferenc su tutti. Nel girone 2 battono la Turchia 4-1, poi un titanico 9-0 sulla Corea del Sud con 2 segnature di Puskas ed un 8-3 contro la Germania Ovest, futura finalista della competizione, con un altro gol dell’ungherese. Ai quarti è la volta del Brasile sconfitto per 4-2, stesso risultato nella semifinale contro l’Uruguay già vincitrice delle edizioni 1930 e 1950.

La finale è a Berna e Puskas incontra dopo pochi giorni la nazionale tedesca a cui aveva dato una sonora batosta nel girone ma questa volta è la Germania ad averla vinta con un 3-2 e con un piglio agonistico che lascia ancora oggi dubbi per i tifosi ungheresi che accusarono l’arbitro inglese Ling di favoreggiamenti alla Germania (un gol regolare annullato a Ferenc, una espulsione ingiusta) e medicine “strane” per presunti problemi al fegato somministrate a qualche calciatore tedesco il giorno prima della finalissima (clicca qui per saperne di più).

Puskas e compagni escono comunque a testa alta, sono loro i vincitori morali del torneo per aver realizzato il miglio calcio a livello tattico del mondiale. Si ritorna quindi al già citato e tragico ottobre-novembre ’56 quando Ferenc scappa da Budapest devastata dai morti e dagli scontri a fuoco e si rifugia a Vienna con la moglie prima e in Italia successivamente. Ingrassa e gode del cibo e del sole italiano di Bordighera, squalificato dall’Uefa per due anni e con l’impossibilità di essere tesserato in Italia.

“Chi ha i soldi spende; chi non li ha, sta a guardare” come raccontò ad un giornalista. E come un naufrago su una zattera che vede terra da lontano ecco che il nostro approda, chiamato dal faro blancos, nelle fila del Real Madrid, già team affermato dal punto di vista europeo con 3 Coppe Campioni vinte e con fenomeni assoluti quali Di Stefano, Gento e Kopa (clicca qui per leggere la sua storia). Un attaccante forte tra tanti grandi calciatori rischia di bruciarsi o per lo meno di offuscarsi nell’ombra del tutto e del troppo. Ma Puskas ci sta a fagiolo nella formazione di Carniglia e al primo anno arriva la quarta Coppa dei Campioni, al Neckarstadion di Stoccarda contro il Reims di Fontaine (clicca qui per leggere la sua storia). Ferenc non partecipa alla finale a causa di un infortunio ma vede ugualmente i suoi compagni Mateos e Di Stefano timbrare la rete francese. L’anno dopo ancora europa, la quinta coppa di fila questa volta da protagonista. All’Hampden Park di Glasgow rifila 4 reti (record assoluto in una finale per un singolo giocatore) ai tedeschi dell’Eintracht Francoforte e una tripletta micidiale da parte dell’amico e compagno di squadra Di Stefano. 7-3 il risultato finale. Puskas detto il Cicle, cioè gomma da masticare perché la palla non si staccava mai dal piede e la Saeta Rubia Di Stefano formano la coppia più forte del mondo e conquistano anche il mondo con la Coppa Intercontinetale sul Penarol. Pure a livello nazionale Puskas domina la scena con campionati spagnoli vinti a raffica (1961, 1962, 1963, 1964)e tre titoli di Pichichi (miglior marcatura) conquistati nelle stagioni ’61, ’63 e ’64 da Ferenc.

Contemporaneamente altre due finali di Coppa Campioni, questa volta perse contro il Benfica di Eusebio (clicca qui per leggere la sua storia) nel 1962 ad Amsterdam per 5 a 3 (tripletta vana di Ferenc) e nel 1964, al Prater di Vienna, città che lo ospitò durante la rivolta ungherese, contro la corazzata nerazzurra di Herrera. E’ l’ultimo anno che il mondo vede gli assist fra Puskas e Di Stefano che se ne andrà a fine stagione, nel ’64. Una cosa è certa, non si vedrà mai più un duo simile nella storia del calcio. Puskas resta senza il suo grande compagno ma vince ancora un campionato nel ‘65 e perde, non giocandola, una ennesima finale di Coppa Campioni l’anno dopo contro il Partizan Belgrado a Bruxelles. Dopo più di vent’anni di gol, lanci lunghi, saette in porta e spettacolo, Ferenc Puskas appende le scarpette al chiodo, scarpette che toccarono migliaia di palloni e che realizzarono più di mille gol portando l’ungherese a piazzarsi al podio dei giocatori che hanno segnato di più nel calcio, assieme ai brasiliani Pelè e Friedenreich (clicca qui per leggere la sua storia). E’ posizionato prepotentemente nel Fifa 100, la lista dei 100 giocatori più influenti del calcio ma non traccio solchi marmorei solo nel calcio giocato ma anche nel calcio allenato. Si perché dopo fango, terra ed erba è la panchina il luogo di Puskas dopo aver abbandonato la carriera da giocatore. Allena diverse squadre europee e non ma una menzione speciale va ai 4 anni che lo legarono da mister ai greci del Panathinaikos con i quali raggiunse la finale di Coppa Campioni del ’71 persa contro l’immensa Ajax di Crujiff.

appesantito nel 1981, ma la palla è sempre lì

La terza finale di Coppa Campioni persa, questa volta da allenatore, la quarta se si considera anche quella di Svizzera 1954 dove tra i pini degli alberi e i salti silenziosi degli stambecchi ancora oggi fanno eco le urla di gioia dei tifosi ungheresi che trascinarono Puskas fino alla finale del Mondiale. Nel 2002 gli dedicano il Ferenc Puskas Stadion di Budapest (ex Nepstadion).

“E’ stato il più grande giocatore di sempre”, dice Alfredo Di Stefano in un’intervista e Suarez racconta che a Madrid in allenamento, un giorno, colpì 18 volte il palo della porta su 20 tentativi scommessi. Muore il 17 novembre del 2006, in una casa di cura di Budapest, finanziato dal governo ungherese, tributo sacrale a uno degli Dei della storia del calcio.


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