“Guarda al futuro, stai nel tuo tempo”.
Tacito
Il 27 Ottobre del 1956, su La Nazione, fra gli articoli presenti, c’era questa frase: “Fra i morti dell’insurrezione d’Ungheria c’è un idolo del popolo magiaro, Ferenc Puskas”. I carri armati sovietici invadevano le strade di Budapest ma Ferenc non rimase schiacciato da mezzi blindati ne tanto meno colpito da qualche soldato del dittatore Rakosi. No, Puskas (classe 1927), il più grande calciatore ungherese di tutti i tempi, era fuggito via con qualche suo compagno di squadra, l’Honved e poco più in là col tempo si preparava alla grande avventura calcistica: vestire la maglia del Real Madrid. Ma andiamo con ordine. Fisico robusto nei suoi 172 cm di altezza, Puskas inizia la sua carriera come attaccante a soli 16 anni nelle fila rossonere del Kispest (poi Honved), nobile squadra dei “Difensori della Patria” e segna già a raffica nei poveri campi mal zollati di Budapest. Nel campionato 1947-48 segna addirittura 50 reti come se fosse un Meazza dell’est. I primi successi arrivano con gli anni ’50. Vince da assoluto protagonista i campionati del Nemzeti Bajnoksag 1 (la serie A ungherese) ’50, ’51, ’52, ‘54 e ‘55 e in poco più di dieci anni, quando ne ha 28, ha già realizzato più di trecento gol. Nel frattempo il commissario tecnico della nazionale ungherese Sebes non ci pensa su due volte a portarlo in braccio come titolare prima alle Olimpiadi di Helsinki 1952 (medaglia d’oro dopo il 2-0 alla Jugoslavia con un gol di Ferenc) e poi per i mondiali di Svizzera 1954. Una formazione da urlo quella dell’Ungheria.
GROSICS, BUZANSZKY, LORANT, LANTOS, BOZSIK, ZAKARIAS, KOCSIS, HIDEGKUTI, PUSKAS, CZIBOR, TOTH
Sulle Alpi i giocatori di Sebes danno il loro meglio, Ferenc su tutti. Nel girone 2 battono la Turchia 4-1, poi un titanico 9-0 sulla Corea del Sud con 2 segnature di Puskas ed un 8-3 contro la Germania Ovest, futura finalista della competizione, con un altro gol dell’ungherese. Ai quarti è la volta del Brasile sconfitto per 4-2, stesso risultato nella semifinale contro l’Uruguay già vincitrice delle edizioni 1930 e 1950.
La finale è a Berna e Puskas incontra dopo pochi giorni la nazionale tedesca a cui aveva dato una sonora batosta nel girone ma questa volta è la Germania ad averla vinta con un 3-2 e con un piglio agonistico che lascia ancora oggi dubbi per i tifosi ungheresi che accusarono l’arbitro inglese Ling di favoreggiamenti alla Germania (un gol regolare annullato a Ferenc, una espulsione ingiusta) e medicine “strane” per presunti problemi al fegato somministrate a qualche calciatore tedesco il giorno prima della finalissima (clicca qui per saperne di più).
Puskas e compagni escono comunque a testa alta, sono loro i vincitori morali del torneo per aver realizzato il miglio calcio a livello tattico del mondiale. Si ritorna quindi al già citato e tragico ottobre-novembre ’56 quando Ferenc scappa da Budapest devastata dai morti e dagli scontri a fuoco e si rifugia a Vienna con la moglie prima e in Italia successivamente. Ingrassa e gode del cibo e del sole italiano di Bordighera, squalificato dall’Uefa per due anni e con l’impossibilità di essere tesserato in Italia.
“Chi ha i soldi spende; chi non li ha, sta a guardare” come raccontò ad un giornalista. E come un naufrago su una zattera che vede terra da lontano ecco che il nostro approda, chiamato dal faro blancos, nelle fila del Real Madrid, già team affermato dal punto di vista europeo con 3 Coppe Campioni vinte e con fenomeni assoluti quali Di Stefano, Gento e Kopa (clicca qui per leggere la sua storia). Un attaccante forte tra tanti grandi calciatori rischia di bruciarsi o per lo meno di offuscarsi nell’ombra del tutto e del troppo.
Contemporaneamente altre due finali di Coppa Campioni, questa volta perse contro il Benfica di Eusebio (clicca qui per leggere la sua storia) nel 1962 ad Amsterdam per 5 a 3 (tripletta vana di Ferenc) e nel 1964, al Prater di Vienna, città che lo ospitò durante la rivolta ungherese, contro la corazzata nerazzurra di Herrera. E’ l’ultimo anno che il mondo vede gli assist fra Puskas e Di Stefano che se ne andrà a fine stagione, nel ’64. Una cosa è certa, non si vedrà mai più un duo simile nella storia del calcio.
appesantito nel 1981, ma la palla è sempre lì
La terza finale di Coppa Campioni persa, questa volta da allenatore, la quarta se si considera anche quella di Svizzera 1954 dove tra i pini degli alberi e i salti silenziosi degli stambecchi ancora oggi fanno eco le urla di gioia dei tifosi ungheresi che trascinarono Puskas fino alla finale del Mondiale. Nel 2002 gli dedicano il Ferenc Puskas Stadion di Budapest (ex Nepstadion).
“E’ stato il più grande giocatore di sempre”, dice Alfredo Di Stefano in un’intervista e Suarez racconta che a Madrid in allenamento, un giorno, colpì 18 volte il palo della porta su 20 tentativi scommessi. Muore il 17 novembre del 2006, in una casa di cura di Budapest, finanziato dal governo ungherese, tributo sacrale a uno degli Dei della storia del calcio.