” All’inizio, l’arte del puzzle sembra un’arte breve, di poco spessore, tutta contenuta in uno scarno insegnamento della Gestalttheorie: l’oggetto preso di mira – sia esso un atto percettivo, un apprendimento, un sistema fisiologico o, nel nostro caso, un puzzle di legno – non è una somma di elementi che bisognerebbe dapprima isolare e analizzare, ma un insieme, una forma cioè, una struttura: l’elemento non preesiste all’insieme, non è più immediato né più antico, non sono gli elementi a determinare l’insieme, ma l’insieme a determinare gli elementi.
Non nel soggetto del quadro o nella tecnica del pittore sta la difficoltà dei puzzle, ma nella sapienza del taglio, e un taglio aleatorio produrrà necessariamente una difficoltà aleatoria, oscillante fra una facilità estrema per i bordi, i particolari, le macchie di luce, gli oggetti ben definiti, le pennellate, le transizioni, e una difficoltà fastidiosa per tutto il resto: il cielo senza nuvole, la sabbia, i prati, i coltivi, le zone d’ombra.
Si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi.
(Georges Perec, la vita istruzioni per l’uso)
il dottore ha detto che devo stare in casa al calduccio e fare le cose come i vecchi.
quindi lo faccio, in fin dei conti non ci vuole molto sforzo, mi piace abbastanza l’acciabattamento, sono tornata dal giappone stanca da morire e “il riposo” mi pare una bella attività.
tossisco sempre come un lupo mannaro, ma dice che piano piano se ne va, per ora io mi fido.
e così stamani ho preso la scatola col puzzle regalato a natale e l’ho sparpagliato sul tavolo.
è un quadro di chagall, per la precisione questo:
e così, da stamani, mi rigiro fra le mani pezzettini di cielo mescolati a pezzettini di strada, di tetti, di muri di case, tutti, rigorosamente blu.
e così il violino del suonatore diventa un punto di accumulazione di pezzettini, perchè il colore cambia piano piano, andando verso lo strumento. e così il mazzo di fiori è un centro del quadro, come un secondo sole, che insieme al titolare, arancio in mezzo al cielo, aiuta un pochino a trovare i primi pezzi coi quali partire.
ad uncerto punto mi sono ritrovata in mano un pezzo che conteneva la scritta “cha” e mi sono messa a cercare quello contenente “gall”. chissà se quando ha firmato il quadro, poteva immaginare che metà del suo nome sarebbe stata su un pezzettino di cartone con un ansa a rientrare e l’altra metà con il pispolo che ci va dentro…