Moleskine a quadretti e grafite (Photo credit: hummyhummy)
Faccio la spesa dei quaderni, come ogni anno a settembre, prima che inizino i collegi docenti.
E mi accorgo di una verità profonda del mio essere: amo i quadretti. Io che insegno lettere amo i quaderni. E’ una contraddizione. Ci deve pure essere un perchè. E rimando la riflessione a quando rientrerò a casa.
Rientrata a casa riprendo il filo di quest’illuminazione avuta tra gli scaffali grondanti di diari alla moda e di quaderni sempre uguali dalle copertine assurdamente trash.
Io amo i quadretti più che le righe, ma non amo la matematica. O forse amo la matematica ma non sono mai stata brava con i conti e tengo questo amore segreto per me.
Amo i quadretti perchè sanno dare un ordine inflessibile e un’apparenza di austerità formale agli scarabocchi dell’anima, quelli che si tracciano, comunque, più o meno consapevolmente, anche mentre si lavora. (a volte penso addirittura di tracciarli anche con la mente, senza bisogna di scrivere, mentre zigzago con il pensiero). Apparenza, dicevo, di austerità: perchè il contenuto che va oltre il visibile rigore altro non è che un affabulamento nevrastenico di perenni indecisioni.
Amo i quadretti perchè sono come io non so essere ma vorrei.
E osservando questo quadernino che ho tra le mani trovo la regola generale che sta dietro a tutta questa mi elucubrazione, come a tante altre che so affacciano più o meno prepotentemente e quotidianamente al mio cerebro indifeso: che ognuno ama il contrario di sè, di ciò che è, perchè l’amore altro non è che un contratto di invidia che si firma con la condivisione -più o meno consapevole e sicuramente sacrificale- dei difetti propri e altrui lungo il corso della vita.