Immaginate, se potete, di viaggiare attraverso miliardi di stelle che vorticano avvolte in un moto spiralico a formare una galassia. Ecco poi che vi si para davanti un’altra galassia e un’altra ancora, come tanti mulinelli di sabbia argentata che si estendono a perdita d’occhio nel buio. Se vi allontanate abbastanza, scoprirete che anch’essi ruotano placidamente come una miriade di pulviscoli luminosi attorno ad un nucleo, un fitto agglomerato di cristalli. E se vi distanziate ancora noterete che quell’ammasso non è che un puntino appena visibile in un’infinita pioggia di scintille. Ed ora arrivate alla parte più difficile: provate a realizzare che in quell’infinità non c’è un oggetto, un corpo o un evento che sia uguale ad un altro, ogni singola manifestazione è unica e irripetibile. Non è già troppo questo quadro? Non cozza fin da ora colla nostra percezione del quotidiano, con l’idea sterile e ristretta che ci siamo fatti del mondo?
Eppure possiamo andare ancora più oltre. Possiamo pensare quadrimensionalmente, come diceva Doc in Ritorno al Futuro.
Il Ponte di Einstein Podolski Rosen: Ritorno al futuro e Donnie Darko
Nel 1905 Einstein scoprì che il Tempo era relativo ed esisteva solo in funzione dello spazio: quanto più un oggetto si muoveva veloce, tanto più il tempo per esso passava lentamente.
Parafrasando Doc Brown, il continuum temporale può essere interrotto, creando nuove sequenze temporali risultanti in realtà alternative. In pratica, partendo dal principio secondo cui i viaggi nel tempo sono in teoria assolutamente possibili, noi avremmo la facoltà di muoverci a ritroso nel tempo e alterare colla nostra stessa presenza il naturale corso degli eventi. In Ritorno al Futuro, Marty torna indietro di trent’anni e impedisce accidentalmente l’incontro dei suoi futuri genitori, interferendo così con la sua stessa nascita.
Questo è un esempio di quello che Einstein definiva il Paradosso del Nonno, ovvero, se un individuo viaggia indietro nel tempo ed uccide suo nonno, tale individuo non nascerebbe affatto. Ma allora come potrebbe uccidere suo nonno?!
Quindi l’Universo, che a questo punto perde la sua definizione e diviene un Multiverso, consta di infinite realtà simultanee, alcune delle quali potrebbero differenziarsi dalla nostra solo perché in una di esse quel piccolo fiore vissuto per una settimana in un campo della Mongolia ha otto petali anziché sette, in altre la Mongolia potrebbe avere un altro nome o non esistere affatto, altre ancora potrebbero persino aver visto la razza umana cancellata ai suoi albori da un improvviso cataclisma che ha riportato la Terra ad una massa di lava informe. Ed infine, altre realtà potrebbero essere così differenti dalla nostra da essere costituite da più dimensioni.
Le Molte Dimensioni di Flatlandia
Vorrei a questo proposito citarvi Flatlandia, un racconto fantastico a più dimensioni, di Edwin Abbott Abbott. Nella sua opera, divenuta celebre come satira della società vittoriana, ma soprattutto opera di culto di matematici e fisici, Abbott racconta dell’incontro di un Quadrato (narratore della storia), che vive in un mondo a due dimensioni noto come Flatlandia, con una Sfera proveniente da Spacelandia, un universo tridimensionale. Ora, nel mondo di Flatlandia, tutti gli abitanti (triangoli, quadrati e altre figure geometriche) si muovono su di un piano e quando si avvicinano l’uno all’altro quello che vedono del loro prossimo è una semplice linea, non potendo concepire né tanto meno disporre di una visione dall’alto che per noi è naturale. Devono quindi tastare la superficie dell’interlocutore per capire a chi si stanno rivolgendo: se ad un pentagono, ad un triangolo o ad un cerchio. Così quando la Sfera si manifesta al Quadrato, essa si immerge nel piano infinito da cui è costituita Flatlandia, il Quadrato le gira intorno, la tasta e conclude: ah, sei un cerchio! Ma la sfera lo smentisce: per vedermi come sono veramente, dovresti avere un occhio dentro di te.
Quale che sia il livello di conoscenza che abbiamo raggiunto, non ha importanza, ci sarà sempre un infinità di realtà potenziali ancora da comprendere. Se solo avessimo un occhio dentro di noi, un occhio puntato al centro di se stesso e che contemporaneamente abbracci tutto il mondo esterno nel suo campo visivo in una simultanea implosione ed esplosione percettiva, riusciremmo a vedere una dimensione che compenetra e avvolge la nostra, in cui forse il Tempo ha un senso diverso e le nostre azioni influenzano nello stesso momento passato e futuro, una realtà al confronto con la quale il nostro universo non è più spesso di un foglio di carta. Il solo modo per giungere a tale ampiezza di vedute è quello di compiere uno sforzo immaginativo ed iniziare, innanzitutto, a pensare quadrimensionalmente.
Lorenzo F.L. Pelosini