Almeno tre dita di fango, una pioggerellina che si fa acquazzone, un Bronx portuale alla totale deriva morale. Partendo dal testo drammaturgico di Bernard-Marie Koltès, efficacemente tradotto da Saverio Vertone, con Quai Ouest – Approdo di Ponente Paolo Magelli ci regala una nuova grande e suggestiva messinscena.
Quai Ouest – Approdo di Ponente trae grande forza dalle trovate registiche di Magelli, dalla scenografia, dalla componente luministica. Punta alla realtà, scendendo al livello del pubblico da un palco che non esiste, fino quasi a farci raggiungere da qualche furtivo schizzo di fanghiglia. Lo spettacolo forse non riesce del tutto a trasmetterci il significato voluto: la tragicomica fine della nostra civiltà e della nostra cultura, totalmente in mano alle divinità del Denaro, della Violenza, del Sesso, della Perversione morale. Ma poco importa. La sostanza della messinscena colma qualche lacuna nel messaggio da trasmettere. Quai Ouest – Approdo di Ponente è una grande attrazione, e non solo per gli occhi, un respirone profondo che ci fa inalare un po’ d’aria nuova e diversa nel panorama del teatro italiano ancora troppo spesso legato alla riproposizione dei classici.
Bravissimi tutti gli attori, indistintamente sottoposti ad una prova recitativa e fisica di grande intensità e fatica. Paolo Graziosi, alla soglia dei 75 anni, recita letteralmente fradicio addosso per circa un’ora e mezza. Da applausi tutti i giovani in scena, in particolare il trio Francesco Borghi, Fabio Mascagni e Elisa Cecilia Langone. Da segnalare lo “scontro” tra le primedonne Valentina Banci e Alvia Reale.
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