Qualche riflessione sui 7 miliardi di diritti TV della Premier League

Creato il 11 febbraio 2015 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

La notizia è esplosa sul web alle 5 del pomeriggio di Londra: il nuovo contratto per i diritti televisivi della Premier League ha superato ogni possibile aspettativa, raggiungendo la cifra di 6,9 miliardi di euro per le tre stagioni dalla 2016/17 alla 2018/19. E questa è solamente la componente nazionale, vinta da BT e Sky, alla quale sarà da aggiungere il rinnovo di quella internazionale, che attualmente veleggia intorno ai 670 mln di euro all'anno.

Stiamo parlando, complessivamente, di un valore vicino ai 2,9 miliardi di euro all'anno, probabilmente destinato a sconvolgere l'assetto del calcio europeo, a favore delle squadre inglesi.

L'andamento dei diritti televisivi in Premier League

La tabella che segue, tratta dal sito della BBC, mostra l'evoluzione dei diritti televisivi nazionali. Se per il periodo 2007-2013 il valore in gioco è stato costante, la progressione avvenuta nelle ultime due aste impressiona.

Si tratta di una crescita del 70% in occasione di ciascun triennio, che ha portato la somma a disposizione delle squadre quasi a triplicare nell'arco di sei anni.

A fronte delle 380 gare di Premier League, il contratto garantisce l'esclusiva della diretta per un totale di 168 match, divisi fra BT (42) e Sky (168). Diverso il costo per partita:circa 10,2 mln di euro per BT, mentre Sky ha addirittura raggiunto l'importo di 14,5 mln di euro.

Il segreto delle dirette limitate

Gli ultimi numeri che abbiamo sciorinato ci spiegano come sia possibile che la Premier sia anche il campionato dove le squadre riescono a mantenere livelli così elevati di ricavi da stadio.

Certo, il costo medio di biglietti ed abbonamenti (anche se calmierato dal poter di acquisto reale) è decisamente più elevato di altre nazioni, in primis l'Italia. Esiste, quindi, una componente prezzo importante.

Ma questo, da solo, non potrebbe spiegare come facciano le squadre di Premier League ad avere una media di riempimento degli impianti che, nel girone di andata della stagione in corso, ha visto 12 squadre superare la media del 95% e tutte le altre essere molto vicine al 90% (con l'unica eccezione dell'Aston Villa, che fa comunque registrare un 75%).

Forse questo grafico ci può aiutare a capire:

Nonostante la crescita del valore dei diritti televisivi, il numero di partite che vengono trasmesse in diretta sarà inferiore al 45% del totale. La scelta non viene fatta ad inizio anno ma (con l'eccezione delle grandi) dipende in maniera importante dall'andamento effettivo del campionato e, di conseguenza, dall'attrattiva che la specifica partita avrà sui telespettatori. Il tifoso medio non può sapere ad inizio anno quante partite della sua squadra potrà vedere in televisione.

Quindi, e qui sta una delle ragioni importanti del successo, l'arrivo delle pay tv non ha creato quell'effetto da "vuoto pneumatico" che ha invece colpito la Serie A. Ogni tifoso sa che, se vuole essere certo di perdere neanche un match in casa della propria squadra - specialmente se non è una delle 2/3 big - gli conviene dotarsi di abbonamento o comprare il biglietto per la partita.

La critiche al risultato dell'asta

Chi avesse seguito l'arrivo della notizia su Twitter avrà notato che, pochi minuti dopo che i valori sono divenuti noti, una parte di commentatori hanno iniziato a mettere in evidenza alcune contraddizioni dell'attuale situazione. In realtà si tratta di considerazioni che sono già online da diverso tempo e che oggi hanno ripreso vigore.

La prima riguarda l'impatto che questa nuova asta avrà sui telespettatori: se BT e Sky hanno investito così tanto denaro sulla Premier è verosimile che possano pensare ad incrementi nei costi degli abbonamenti televisivi, perché difficilmente il differenziale lasciato sul tavolo potrà essere coperto dai passaggi pubblicitari. Anche se parliamo di una Premier League che sta annualmente dimostrando la sua forza pubblicitaria.

La seconda considerazione proviene direttamente dall'Associazione dei Supporter inglese, che ha provocatoriamente fatto due conti in tasca alle squadre, osservando come con solo il 3% dell'incremento sarebbe possibile riportare i costi della biglietteria - specialmente per le trasferte - a dei prezzi più normali (parlavano di £20). Questa del costo dei biglietti è una battaglia che si è fatta particolarmente sentire nell'arco del 2014, in quanto buona parte delle squadre - nonostante per il secondo anno già beneficino di un importante incremento di fatturato derivante dai diritti televisivi - continuano ad usare la leva del prezzo per aumentare i ricavi da stadio.

La terza, ancora più autorevole, proviene dal Ministro dello Sport che ha auspicato che questi ricavi addizionali non diventino solo fonte di ricchezza per i calciatori, ma vengano invece investiti in infrastrutture per i settori giovanili e per lo sport di base. Pensate anche alle vostre "Comunità" è il messaggio lanciato.

Tutto in tasca ai calciatori? Non proprio

In realtà gli inglesi si sono mossi già dalla scorsa tornata (quindi il triennio in corso) per evitare che l'incremento dei diritti televisivi, come era sempre successo in precedenza, andasse dritto nelle tasche di calciatori ed agenti.

Nell'aprile 2013 la Premier League ha votato un sistema di controllo finanziario che, senza introdurre un salary cap ha comunque previsto che l'incremento del costo delle rose fosse sottoposto a dei vincoli.

Dopo aver identificato una "soglia esente" al di sotto della quale le squadre sono libere di muoversi (rispettivamente di £56 mln per il 2014/15 e di £ 60 mln per il 2015/16) ha previsto che, in caso di superamento della stessa, solamente una quota dell'eccedenza potesse essere finanziata attingendo ai diritti televisivi addizionali.

Il bonus che può essere speso è di £ 8 mln nella stagione in corso e di £ 12 mln nella prossima. Se il Club supera questa ulteriore soglia deve dimostrare di aver reperito i fondi da incrementi di altre voci di ricavo, in particolare quelle derivanti dallo stadio e dall'area commerciale (sponsor e merchandising). Le informazioni che devono essere fornite non riguardano solamente la stagione in esame, ma anche quelle successive.

Questa soluzione non è la panacea di tutti i mali. Così come non sfuggirà che stiamo parlando di una soglia "protetta" di costi delle rose elevata, perché nel 2015/16 raggiungerà £72 milioni (60+12), che sono circa 97 milioni di euro.

Però è un deterrente allo "sperperare" le risorse addizionali che sono state ottenute, a tutto vantaggio di una maggiore solidità economica e finanziaria del settore.


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