Innanzitutto bisogna chiarire subito una questione. L’immigrazione non è solo irregolare. Una buona parte degli stranieri presenti nel nostro territorio arriva tramite il decreto flussi, quindi ottiene un regolare permesso di soggiorno, lavora, paga le tasse e spesso riesce ad integrarsi e a vivere dignitosamente nel nostro paese. Gli altri, gli irregolari, sono nella maggior parte dei casi uomini, donne e bambini che sfuggono da situazioni di pericolo per la loro vita. Per loro la questione è diversa, gestirli è sempre più complesso come far quadrare sicurezza, emergenza, umanità e dignità.
Qui entrano in gioco centri di accoglienza, welfare territoriale, competenze degli enti locali e soprattutto i costi per gestire tutto questo. Ci sono fondi che lo stato destina all’accoglienza dei migranti ma nella maggior parte dei casi i costi dell’accoglienza gravano (spesso molto pesantemente) sui bilanci dei comuni. Ci sono poi fondi europei, cospicue somme destinate per lo più a progetti di integrazione e altri fondi destinati a progetti di inserimento lavorativo per le fasce lavorative deboli in cui rientrano anche gli immigrati.
Basterebbe mettere un po’ d’ordine, ottimizzare le risorse e far comunicare i vari enti che gestiscono l’accoglienza dei migranti. Servirebbe che le Regioni effettuassero controlli seri, molto seri, sulle strutture di accoglienza e i criteri di accreditamento in modo da finanziare solo le strutture che lavorano bene e garantiscono i servizi. Servono delle politiche che gestiscono il problema a livello innanzitutto nazionale, senza che le regioni del sud Italia debbano soccombere a causa della loro posizione geografica. E poi a livello comunitario bisogna capire da che parte stare dettando l’agenda politica in materia di immigrazione. Abbiamo di fronte il semestre europeo, un’occasione che dobbiamo assolutamente sfruttare. Il fenomeno migratorio non può essere solo un'emergenza da dover gestire.
Alessia Gervasi