Qualcuno svegli il Movimento 5 Stelle romano! Cosa aspettano i quattro consiglieri pentastellati ad entrare in maggioranza (e magari pure in giunta)?

Creato il 28 novembre 2014 da Romafaschifo

Marcello De Vito


Un movimento politico che si sta smembrando giorno dopo giorno. Una leadership non banalmente inesistente, ma piuttosto ridicola. A tratti pericolosa. Sicuramente inaccettabile. Irritante e fastidiosa. Un impatto sulla vita civile, economica, politica del paese pari a zero o quasi nonostante numeri da capogiro alle urne. Rivolte, dissidenti, polemiche, faide. Espulsioni e carte bollate. E risultati elettorali mortificanti per quello che fu il primo partito italiano, con elettori che piuttosto di rivotarlo vanno ad ingrossare le fila dell'astensionismo: una débacle che vale doppio per chi si proponeva di moralizzare e cambiare tutto. Il Movimento 5 Stelle o è già morto oppure sta morendo, delle due l'una. "Fermiamoci prima che sia troppo tardi" ha tuonato Pizzarotti che da sindaco di Parma maneggia ogni giorno le faccende reali, non le minchionate da blog Casaleggio style.

Ma questo suicidio di un partito può essere una occasione, una chance. A Roma più che altrove, vista la precaria situazione politica del Comune e viste le condizioni da assoluta emergenza in cui versa la città. La roulette elettorale (sono stati eletti grazie al Movimento tutto e il contrario di tutto, altro che Razzi e Scilipoti) ha girato ai tempi in maniera positiva nella Capitale. Non mettiamo le mani sul fuoco sui Municipi (anzi, in alcuni sappiamo per esperienza che vi sono persone imbarazzanti), ma per quanto riguarda l'Assemblea Capitolina, che è quella che conta, i quattro eletti sono persone per bene, oneste, prive (benché non del tutto) di connotati ideologici e preconcetti, sovente preparate o comunque prontissime all'ascolto. Una manna dal cielo in un Consiglio Comunale infame, lercio, marcio come quello romano.


Enrico Stefàno


Per ora, tuttavia, tutte perle ai porci. Tutto talento sprecato. Visioni e onestà che incidono troppo poco. E quando incidono non riescono a raccontarlo. I quattro pentastellati, dopo un anno e mezzo, devono assolutamente decidere cosa fare da grandi e in questo preciso momento storico si presenta in città l'opportunità di inserirsi, finalmente di contare qualcosa, di mettere a frutto le tante decine di migliaia di voti che il M5S ha raccattato nel 2013 e direzionarli nel senso del bene comune. Avete capito bene: proponiamo al M5S di entrare nella maggioranza di governo della città. Ovviamente la cosa dovrebbe essere vincolata ad un patto di programma con il sindaco, un patto orientato alle famose 10 discontinuità che abbiamo tratteggiato qualche giorno fa e a molto altro. Ma la cosa fondamentale è che l'ingresso dei M5S nella maggioranza e nella giunta potrebbe davvero far partire una serie di riforme che il sindaco appare timidamente intenzionato a fare, ma che sono bloccate per vari motivi, soprattutto imputabili alla parte - diciamola con un eufemismo - più conservatrice del PD. 

Virginia Raggi


L'arrivo dei 4 consiglieri a Cinque Stelle potrebbe davvero cambiare la partita. Potrebbe fare del bene a Roma senza fare del male a nessuno (fatta salva quella parte del PD che per interessi e clientele non vuole cambiare la città). Al M5S andrebbe bene comunque: se l'esperimento non funzionerà la colpa sarà del PD che frena il cambiamento e questa sarà la solfa della prossima campagna elettorale; se invece l'esperimento funzionerà, oltre a diventare un potenziale laboratorio nazionale e regionale, i M5S si potranno accreditare come salvatori di una barca che oggi sta colando a picco. Si potranno raccontare come dispositivo fondamentale per cogliere dei risultati che la città aspetta da decenni e che appaiono irraggiungibili perché bloccati dalle logiche di racket politico consociativo. E così facendo potranno provare a ricandidarsi, con questo o con un altro simbolo, nel 2018. Anno nel quale, se le cose continueranno con questa china, il Movimento Cinque Stelle non esisterà più o sarà ridotto ad una presenza folkloristica. E invece pensate a quattro consiglieri completamente fuori dalle dinamiche di interesse, di partito e di clientela inseriti nella maggioranza di governo della capitale del paese. Diventerebbe divertente. Un esempio? Secondo voi con una configurazione politica di questo tipo la zozzata di Piazza Navona fatta da tutti i consiglieri, di maggioranza e di opposizione, e poi non passata solo grazie alla nostra denuncia sarebbe stata plausibile? 

Daniele Frongia


Ne deriva che De Vito, Frongia, Stefàno e Raggi non hanno in questo momento nulla da perdere e tutto da guadagnare, ma soprattutto tutto da far guadagnare a noi e a quelli che vogliono vedere rivoluzionata questa città nel segno della qualità, dell'Europa, della sconfitta di tutte quelle logiche che l'hanno devastata. Non può sussistere nessuna obiezione a questa ipotesi di progetto politico: "se facciamo così si sfascia il movimento", potrebbero rispondere. Ma è una replica risibile visto che il partito si è già spaccato! E' una replica risibile soprattutto perché qualsivoglia dogma di partito cade nel contesto della situazione emergenziale di Roma: al contempo la città con i maggiori problemi d'Italia e con la peggior classe dirigente a risolverli. Qui c'è un emergenza grave e si deve ragionare in questo senso. Non si può sedere in consiglio e stare a guardare la morte di una città. Occorre almeno provarci.
Le loro preferenze, dal primo all'ultimo voto, gli sono state date proprio per questo ed ecco perché i loro elettori capirebbero benissimo - se ben raccontata - questa mossa che sarebbe tutt'altro da interpretare come un aiuto al PD ma al contrario come un pungolo, un sollecito e un cuneo infilato nella conservazione e nel consociativismo che asfissia Roma da quaranta anni. Dunque, perché no? Perché non subito? Ci sono ancora 3 anni pieni di consiliatura davanti, il M5S deve dirci se è soddisfatto di questi primi 18 mesi o se si rende conto che si può fare tanto e fare meglio attraverso una strategia e una visione che portino risultati tangibili, il prima possibile. Senza vie di mezzo o appoggi esterni.

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