Quale futuro per i BRIC(S)? Il nuovo baricentro economico del mondo

Creato il 11 maggio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Questa trattazione vuole analizzare l’emergere di nuove aree strategiche per la produzione mondiale. I BRICS rappresentano le nuove economie emergenti, il fulcro del baricentro economico del mondo e i futuri flussi commerciali tra paesi. Essi stanno disegnando una nuova geografia della produzione mondiale, con i contorni di un modello di sviluppo che per certi aspetti riprende quello occidentale. Stiamo vivendo uno spostamento del baricentro economico del mondo, in cui un arcipelago di nuovi Paesi, i BRIC(S), rappresentano la nuova economia-mondo del XXI secolo. La Cina protagonista è la fabbrica del mondo, l’India il suo ufficio, la Russia la stazione di rifornimento, il Brasile la fattoria e il Sud Africa la nuova porta d’ingresso a questo arcipelago di paesi di nuova industrializzazione.

 
L’andamento delle relazioni economiche internazionali negli ultimi dieci anni ha subito profondi mutamenti e ha visto nuovi paesi emergere sulla scena globale. Stiamo vivendo uno spostamento del baricentro economico del mondo: se la Gran Bretagna era l’economia dominante nel XIX secolo e gli Stati Uniti nel XX, i BRICS rappresentano la nuova economia-mondo del XXI secolo. La Cina, dopo aver ottenuto record in tutti i settori dell’economia, nel 2010 è diventata il secondo motore globale, scalzando il Giappone, mentre il Brasile nel 2011 ha scavalcato il Regno Unito posizionandosi sesta potenza mondiale per prodotto interno lordo (Pil).

La globalizzazione ha contribuito a determinare lo sviluppo di nuovi paesi che dominano sempre più la scena economica, primo fra tutti la Cina, seguita da Brasile, Russia, India e Sud Africa. Quest’ultima è entrata a far parte del gruppo BRIC nel Summit di Sanya (Cina), ad aprile 2011. L’ingresso del Sud Africa è frutto di una precisa scelta politica, che vede in particolare la presenza cinese consolidarsi sul territorio africano. Nel momento in cui il resto del mondo si trova in una fase recessiva, il Sud Africa rappresenta un nuovo mercato di sbocco per molti paesi, primo fra tutti la Cina, che ha individuato nel continente africano una strategia per reinvestire le proprie eccedenze. Nel 2011 l’interscambio tra Cina e Africa dovrebbe superare i 110 miliardi di dollari. Una celebre metafora ben sintetizza i nuovi legami dei Paesi BRICS: “Se la Cina è la fabbrica del mondo, l’India è il suo ufficio, la Russia la stazione di rifornimento e il Brasile la fattoria”1 e invece l’Africa? Questa è la porta d’ingresso che disegnerà le nuove rotte commerciali, le nuove zone strategiche degli investimenti dei paesi emergenti che insieme, daranno vita a un nuovo arcipelago economico.

La visione di un nuovo sistema economico globale presenta caratteristiche sempre più multipolari. Lo stesso rapporto tra le due più importanti potenze mondiali, Stati Uniti e Cina, ha subito negli ultimi dieci anni un profondo cambiamento. Alla luce della recente crisi finanziaria il rapporto sino-americano ha vissuto forti squilibri, generando accese controversie sui futuri assetti economici mondiali.

Dopo essere stata un mondo a parte per tre millenni, la Cina – grazie ad un approccio strategico basato sul “understatement” (riservatezza e sobrietà) – oggi entra nello scenario globale come protagonista di un nuovo sistema-paese, con una popolazione che supera 1,3 miliardi di individui, costituendo un vero e proprio gigante a livello globale. La straordinaria e lungimirante espansione dell’economia cinese – divenuta evidente a partire dagli anni Ottanta – sta determinando trasformazioni economiche di ampio raggio. Basti pensare che tra il 1990 e il 2003 gli investimenti diretti in entrata sono passati da un valore di $ 3,5 miliardi (1990) al valore record di $ 105 miliardi (2010)2. Non mancano però crescenti investimenti nel settore dell’alta tecnologia: la Cina è diventata infatti un paese strategico per la progettazione e costruzione di prodotti elettronici per diverse imprese, come Acer, Ericsson, LG, Microsoft, Motorola e Nokia. Il successo della Cina rimane ancora oggi in parte non spiegato, tuttavia le principali ragioni dello sviluppo cinese sono da rintracciarsi nella presenza di un vigoroso mercato interno in continuo aumento, nel basso costo del lavoro e nelle recenti riforme di decentralizzazione che hanno reso più indipendenti, competitive ed efficienti le provincie cinesi. Questa rapida crescita ha inoltre innalzato la domanda interna di beni di consumo durevole, fabbisogno che richiama a investimenti di tipo orizzontale da parte di multinazionali occidentali che tentano di penetrare il mercato locale.

Negli anni ’60-’70 le grandi imprese multinazionali statunitensi, europee e giapponesi cominciarono a spostare parte della propria produzione verso paesi caratterizzati da un basso costo della manodopera, quali Singapore, Hong Kong, Taiwan e Corea del Sud, in seguito denominati “Newly Industrialized Countries” (NIC). Alla lista dei NIC si sono aggiunti in seguito nuovi Paesi tra i quali la Cina. Si tratta di paesi caratterizzati da una crescita economica principalmente “export-oriented”. Tra queste economie, quella cinese rappresenta oggi l’economia leader: fa da traino e detta le regole generali.

Con la nascita dei NIC, si assiste quindi a una diversa localizzazione della produzione mondiale. Tra questi paesi, emergono più di tutti i BRICS, Paesi non del tutto sviluppati, ma che necessitano di un maggior peso politico nei negoziati internazionali.

Ad oggi le maggiori imprese multinazionali sembrano aver stabilito i loro impianti di produzione nei BRICS, non più per soddisfare unicamente i mercati occidentali, bensì per appagare il fabbisogno crescente della classe media dei mercati asiatici e sudamericani, che nell’arco di un decennio hanno visto ampliare il proprio potere di acquisto.
I “Newly Industrialized Countries” di oggi sono Sud Africa, Messico, Brasile, Cina, India, Malesia, Tailandia, Filippine e Turchia. Secondo Goldman Sachs, entro il 2050 queste diventeranno le maggiori economie mondiali.

Osservando la nuova geografia della produzione mondiale – tra il 2000 e il 2006 – ci si rende conto di come il baricentro economico del mondo si sia spostato. In questo arco temporale il surplus produttivo deriva per il 55-60% dall’Asia, dove per Asia si intende Cina, India e Tigri asiatiche; mentre solo il 20-25% proviene da Stati Uniti e Unione Europea. Il resto del mondo ha fatto la differenza mancante3 (Figura 1). Dalla Rivoluzione Industriale non era mai successo che il baricentro del mondo si spostasse sull’area del Pacifico. Si può affermare quindi che la polarità si sia invertita e, secondo le statistiche sugli investimenti, non si tratterebbe di una fase di passaggio.

Di fatto il Pacifico ha prodotto più della zona atlantica, un risultato senza precedenti nella storia, dove l’area Atlantica (Stati Uniti e Unione Europea) era quella che forniva il maggiore contributo in termini di produzione mondiale. Inoltre, i dati forniti (Figura 1) mostrano il peso relativamente basso dell’Unione Europea, area ricca ma con una popolazione quasi stazionaria, e degli Stati Uniti che pesano solo il 14,4%.

Oltre ai dati sulla produzione, il cambio di tendenza si rivela anche in uno dei settori più importanti sia per gli Stati Uniti che per la Cina e i Paesi BRIC, l’industria dell’ICT. Secondo le stime ITU nel 2007 i Paesi BRIC toccarono il record di un miliardo di abbonati alla telefonia mobile, quasi un terzo del totale mondiale. Nell’area asiatica la Cina raggiunse quota 540 milioni di utenti nello stesso anno, gli Stati Uniti si posizionarono a quota 250 miliardi e, a seguire India, Russia, Brasile, Giappone ed Indonesia (Figura 2). Oltre al comparto della telefonia mobile, le statistiche mostrano una rapida crescita della spesa corrente nel settore delle ICT da parte dei mercati emergenti. Nel 2010, i Paesi BRIC rappresentarono il 13% della domanda globale di prodotti ICT, contro un 18.5% dell’Europa a 5, (Germania, UK, Francia, Spagna, Italia) ed il 28.7% degli Stati Uniti. Le nuove economie emergenti si stanno quindi convertendo da semplici utilizzatori e/o importatori, in produttori di beni e servizi del comparto ICT4. La Cina protagonista guida il gruppo BRIC come maggiore produttore mondiale di tali beni.

Guardando ai dati sulle prime 20 società per capitalizzazione di borsa nel 2003 e nel 2010, appare subito evidente come l’equilibrio economico, dettato dal trasferimento di ricchezza, si sia spostato in direzione dei paesi emergenti. Nel primo periodo di riferimento (2003), le prime otto società in cima alla classifica sono statunitensi, (Microsoft, General Electric, Wal Mart, Exxon Mobile), seguite da una anglo-olandese e una giapponese. Nel dicembre 2010, la classifica cambia: la società cinese Petro China scalza Microsoft posizionandosi in cima. Diversamente dal 2003, sono presenti 4 società cinesi tra le prime dieci, e 10 società americane, di cui 6 tra le prime posizioni. Per la prima volta compare una società brasiliana, Petrobras. Anche il primato delle società americane ha quindi cambiato equilibrio e struttura. (Figura 3)

Sono molti i settori nei quali i paesi emergenti stanno dando prova di non essere più soltanto la fabbrica del mondo dei prodotti a basso profilo, bensì incubatori di talento ed innovazione e sede di molte imprese multinazionali occidentali. Settori quali la ricerca, le tecnologie, il comparto dell’auto e le energie rinnovabili ne sono la prova. In Cina è in fase di progettazione un nuovo jumbo che farà concorrenza ad Airbus; il Brasile è più lanciato che mai nel comparto delle nuove tecnologie e l’India rappresenta il futuro del comparto farmaceutico. Se Cina e India, che rappresentano oggi i maggiori mercati di riferimento delle più importanti multinazionali, si trasformeranno oltre che in principali mercati di produzione anche in maggiori possessori di risorse innovative, il processo di sviluppo di questi paesi, la componente di leadership e allo stesso modo il baricentro politico tenderà sempre più verso Oriente e in particolare verso i paesi emergenti.

Nuove aree del mondo sono emerse sulla scena economica globale, paesi che stanno sperimentando una crescita superiore ai periodi precedenti. Molte di queste economie, la Cina in primis, vivono oggi un forte sviluppo economico, perseguendo un modello di crescita per certi aspetti molto simile a quello occidentale. Tuttavia i BRICS vivono tutta una serie di condizioni sociali, culturali, energetiche e politiche difficilmente paragonabili tra loro. Ciò che li accomuna più di tutto è la volontà di instaurare un dialogo comune all’interno di un più ampio progetto di sviluppo sostenibile.


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