Difficilmente si potrà dire di questo film che è un film comico; “Qualunquemente” non fa ridere e si presta semmai ad un abozzo di sorriso ironico, per il resto è un film violento, che fa riflettere sull’attuale stato della politica italiana e dei personaggi che la infarciscono. Tutto si gioca su Cetto La Qualunque (Antonio Albanese) personaggio politico già conosciuto nelle serate di “Che tempo che fa” di Fabio Fazio che incarna il prototipo del politico di casa nostra. A dire il vero, però, questa volta Albanese è stato superato dalla realtà di questi giorni e il suo Cetto può apparire ormai datato e superato. Siamo dalle parti del surreale ma purtroppo è la cruda verità che ci circonda: Cetto con la sua mancanza di limiti, con il suo prodigarsi per riempire di cemento le bellezze naturalistiche che lo circondano e di conseguenza scaricare le fogne in mare, con i suoi buoni benzina in regalo in cambio del voto, con la vittoria politica attraverso i brogli elettorali, con la sua bigamia, con i suoi amici pregiudicati e con le “assessore” scelte in base al fisico è stato superato abbondantemente dalla realtà di chi ci governa.
Location come la costa calabra davvero sorprendente e bellissima da vedere, destinata all’illegalità perenne. Il latitante Cetto La Qualunque, torna appena in tempo per le elezioni comunali contro il candidato sindaco De Santis che cerca di riportare un minimo di legalità in un paese deturpato dalla furbizia. L’uomo della provvidenza tornato con una nuova moglie che chiama Cosa e una figlia che non chiama proprio, mentre a casa ce ne è già un’altra che aspetta e un figlio che è il giusto ritratto del “trota” di bossiana memoria, è un elemento volgare, disonesto, corrotto ma soprattutto fiero di essere tutto questo, dal momento che si è fatto con le proprie mani. Cetto prima ricorre alle intimidazioni mafiose, poi a dosi inimmaginabili di propaganda becera, quindi assolda uno specialista: (un Sergio Rubini come al solito in stato di grazia). Il fine, e cioè la vittoria alle elezioni, giustifica interamente i mezzi, che in questo caso vanno dal comizio in chiesa, all'offerta di ragazze seminude come fossero caramelle scartate, all'incarceramento del figlio Melo in sua vece. Fino alla più sporca delle truffe. E il bello è che alla fine è lui l’unico vincitore su tutto il fronte. Già come la realtà e come gli italiani che inseguono avidamente questa realtà.
“Il qualunquismo di questo imprenditore prestato alla politica, sempre allegro e in movimento da un abuso di potere ad un altro, menefreghista in teoria e in pratica, dovrebbe essere qualcosa di cui ridere per esorcismo, per isteria dettata dalla paura, non per spasso o per il piacere di guardarci allo specchio. Se proprio occorre dargli un'etichetta, si dirà che è un film “di denuncia”, con i pregi e i limiti dei film “impegnati”, che ha scelto la via della satira anziché quella della tragedia”.