Magazine Libri

Quando a scrivere è un “fantasma”: intervista a Susanna De Ciechi

Da Dedalus642 @ivanomugnaini

Il ghostwriter, tra miti da sfatare, storie personali, confronti, presunti misteri e verità. In questa intervista schietta, rapida e sincera, Susanna De Ciechi ci parla dei suoi libri, passati e recenti, e della sua lunga attività nel settore, contribuendo a dare carne concreta, e la dignità del sudore e della professionalità, a questa figura di “fantasma”. Un punto di vista che, nello spirito della rubrica di interviste A TU PER TU, potrà essere eventualmente contraddetto, con rispetto per la dignità del lavoro altrui, da chi invece ha opinioni contrastanti ed esperienze di natura divergente.

Buona lettura e buona estate a tutti i “dedalonauti”. IM

——————————————————————————————————————-

SusannaDeCiechi_ghostwriter_2015

Professione ghostwriter: quando a scrivere è un fantasma!

  1. Attraverso quale percorso sei diventata ghostwriter?

Ho lavorato per più di vent’anni come giornalista free lance, una bella palestra per le attività di ricerca e la scrittura, poi ho voluto assecondare una mia passione. Sono sempre stata una “cacciatrice di storie”, alcuni anni fa ho deciso di iniziare a raccontare storie basate su vicende reali, con la collaborazione di coloro che ne erano stati i protagonisti.

  1. Come promuovi il tuo lavoro?

Ho cominciato con il classico passaparola, in seguito mi sono attrezzata con il sito www.iltuoghostwriter.it e da pochissimo ho anche un blog https://regoladelleccesso.wordpress.com/.

  1. Ti sei specializzata in particolari “generi” di libri o le tue capacità abbracciano tutte le forme letterarie?

Scrivo soprattutto romanzi autobiografici, memoir e anche testi più particolari, destinati a restare privati, ma le richieste che mi arrivano sono davvero variegate: testi per canzoni, manuali, sceneggiature, poesie…

  1. Quali doti e attitudini pensi si debbano avere per approcciare con successo a questa professione?

Nonostante l’esperienza accumulata nell’attività giornalistica, prima di cimentarmi nella scrittura narrativa ho voluto frequentare alcuni corsi dedicati, mi sono formata e continuo a farlo con la lettura, una mia passione, e con la partecipazione a seminari di livello. Secondo me scrivere è prima di tutto un mestiere, il talento, se c’è, è qualcosa in più ed è anche piuttosto raro. Ecco, io mi impegno ogni giorno per migliorare nel mestiere di scrivere romanzi e racconti, un lavoro davvero duro. A parte questo per fare il ghost writer occorrono un certa facilità di relazione, molta curiosità e anche una buona dose di coraggio poiché può capitare di dover affrontare situazioni inaspettate. È uno dei pochi mestieri in cui un’età matura rappresenta un punto di vantaggio, infatti concede una maggiore credibilità presso il cliente.

SDeCiechi_ghostwriter_2015

  1. Pensi che la professione di ghostwriter si concili con la possibilità di portare avanti una propria attività letteraria? Ne ricavi spunti e fonti di ispirazione?

Tutto ciò che sta tra me e i miei narratori è riservato, non posso rivelare la loro identità senza un espresso consenso e tanto meno ciò che mi raccontano. Detto ciò, dal mio lavoro ricavo un’infinità di spunti per sviluppare storie di fantasia. Incontro persone interessanti, approfondisco temi inusuali che mi conducono a visitare scenari impensati e straordinari. Imparo tantissimo, la mia immaginazione è continuamente stimolata. Purtroppo il tempo a disposizione è limitato. Al momento ho nel cassetto un paio di romanzi di cui ho completato la prima stesura, un altro quasi finito e diversi racconti oltre a un file d’appunti per possibili storie che rimpinguo di continuo. Mi dico sempre che prima o poi troverò il modo per metterci mano e regolarmente vengo travolta da un nuovo narratore, qualcuno che mi racconta la sua storia che forse scriverò o forse no, ma l’incontro è sempre fruttuoso; lascia comunque un’impronta perfino quando decido, dopo un breve scambio di battute che no, non c’è feeling e con quella persona di certo non potrò lavorare.

  1. Quali sono gli aspetti che maggiormente ti affascinano della tua professione e quali invece consideri negativi o sgradevoli?

Occorre lavorare all’interno di una relazione di fiducia, il libro viene realizzato a quattro mani, da chi narra e da chi scrive. Il ruolo del ghost writer sta a metà tra quello del confessore e l’altro dell’analista; occorre saper gestire la misura dei rapporti, imparare qual è la giusta distanza dal narratore. In qualche caso è complicato, alcuni di queste capacità si affinano con il tempo e l’esperienza. La mia più grande soddisfazione è quando, alla lettura dei primi capitoli, il narratore si riconosce in ciò che ho scritto; vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro.

Aspetti sgradevoli fino ad ora non ne ho trovati. Ho dato molto, ma ho ricevuto altrettanto. Certo l’impegno che richiede entrare nella vita di un altro è comunque pesante, il coinvolgimento in alcune storie mi è costato parecchio da un punto di vista emotivo.

  1. Quali ritieni siano i luoghi comuni da sfatare nell’ambito del ghost writing?

I ghost writer esistono da sempre ed erano, forse sono ancora, soprannominati negri, questo la dice lunga su come vengono considerati. In Italia sono molto più diffusi di quanto immaginiamo, basta guardare ai tanti libri “scritti” da starlette e calciatori e anche alla produzione di certi personaggi super impegnati, con poco tempo da dedicare alla scrittura. Molti scrittori “puri” guardano alla categoria cui appartengo con diffidenza. Eppure vi sono esempi illustri. Andrew Crofts, il mio mito, forse il più grande ghost writer al mondo, quasi sicuramente il più pagato, è stato definito “uno scrittore fantasma produttore seriale di opere di successo”. Persone come Crofts o anche J.R. Moehringer, il ghost writer di André Agassi in Open, hanno dalla loro una scrittura impeccabile e il saper condividere il punto di vista e il modo di sentire del narratore. Un lavoro intrigante ma faticoso il cui impegno va ben oltre la capacità di scrittura. Se tutto funziona a dovere, se chi racconta lo fa con onestà, il risultato non è solo un testo scritto bene, ma la condivisione di un’esperienza nuova, il rapporto tra il narratore e il ghost writer, che comunque rappresenterà un capitolo speciale nella vita di ciascuno dei due. Non è certo un lavoro di second’ordine.

SDeCiechi_ DSC_0029 rev 2

  1. Quali sono le maggiori differenze nell’attività del ghost writer in Italia rispetto ad altri paesi con particolare riferimento al mondo anglosassone?

I soldi e il prestigio e con ciò ho detto tutto.

  1. Come viene quantificato il corrispettivo del lavoro di ghostwriting? Tempi, numeri di pagine o cos’altro? Mi sapresti dare un range di tariffe min e max?

Impossibile generalizzare, ogni caso è diverso. Io dico sempre che i libri non vanno a peso e neppur si misurano in centimetri di spessore, anche se il parametro è quello della cartella editoriale. Solo in parte però. Occorre valutare la storia, gli argomenti che si dovranno affrontare, l’impegno richiesto per il lavoro di ricerca e approfondimento. C’è anche l’aspetto della condivisione del diritto d’autore, nel caso il libro venga pubblicato. Non c’è una regola.

  1. Quali programmi hai per il futuro?

Nell’immediato devo portare a termine il libro che sto scrivendo di cui non posso svelare nulla se non che richiede un notevole lavoro di ricerca, inoltre sono impegnata nella promozione del libro appena uscito La regola dell’eccesso, una storia molto dura e avvincente che ho scritto con Renato Tormenta, un bravissimo narratore orale, forse il più bravo tra quelli che ho incontrato. In prospettiva il mio programma è ovvio: andare a caccia della prossima fantastica storia da raccontare!

Cover_LaRegolaDellEccesso_Autori_RTormenta&SDeCiechi



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines