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Quando (anche) nella Russia di Eltsin i giornalisti venivano uccisi

Creato il 12 maggio 2014 da Alessandroronga @alexronga

Vlad ListievSpesso, nell’affrontare il delicato tema dell’informazione in Russia, si tende a ritenere che gli anni Novanta, quelli in cui al Cremlino c’era Boris Eltsin, furono i più liberi per il giornalismo russo. Indubbiamente, la fine del monopolio dell’ informazione dell’epoca sovietica comportò un fisiologico boom di media indipendenti. Tuttavia, anche in quegli anni di grande fermento, quando Putin era solo uno sconosciuto burocrate a San Pietroburgo e a Mosca comandavano i potentissimi oligarchi, la libertà di stampa ebbe le sue vittime. Nel 1995, undici anni prima che Anna Politkovskaja venisse uccisa, un altro nome di spicco del giornalismo russo perdeva la vita per mano di un killer: il suo nome era Vladislav Listev, “Vlad” per il suo pubblico.

Vlad Listev aveva iniziato a occuparsi di giornalismo nella seconda metà degli anni Ottanta, nel periodo della “liberazione della parola” derivata dalla glasnost‘ gorbacioviana. Nel 1987 fu chiamato dai dirigenti della ORT, la Televisione di Stato sovietica, a condurre il talk-show VID, che, per via del taglio innovativo che seppe dargli, spalancò all’appena 31enne Listev le porte del successo. Giovane e preparato, Listev conquistò il pubblico con la sua capacità di sostenere interviste “non preconfezionate” e di fare domande scomode ai suoi ospiti, un qualcosa di completamente inedito per la TV sovietica.

Conclusa nel 1990 l’esperienza di VID, si confermò ottimo conduttore in altre produzioni che portavano la sua firma, come il programma giornalistico Chas Pik (Ora di punta) e il talk-show Tema: due trasmissioni che gli permisero di guadagnare una tale credibilità da farne, a metà anni Novanta, uno dei più influenti opinion leader russi.

Nei primi mesi del 1995 la sua carriera giunse ad una svolta con la nomina a Direttore generale della ORT, che in quegli anni viveva un periodo particolarmente critico per via delle infiltrazioni mafiose nel campo della raccolta pubblicitaria, esternalizzata ad agenzie esterne colluse con personaggi legati alla criminalità. Come suo primo atto, Listev ordinò di tagliare ogni rapporto con tali società intermediarie, e dispose che la raccolta pubblicitaria tornasse ad essere intramoenia, cioè gestita direttamente dall’emittente televisiva. Non solo: diede inizio ad un procedimento di rimpasto dei top manager della ORT e ad una ristrutturazione che avrebbe dovuto attrarre nuovi investitori privati, con cui capitali Listev puntava a sostituire quelli di alcuni oligarchi, tra cui l’allora potentissimo Boris Berezovskij.

Un progetto di cui Listev non vide mai la realizzazione: il 1° marzo 1995, mentre tornava a casa dopo aver registrato una puntata di Chas Pik, venne assassinato davanti alla sua abitazione a Mosca. Secondo la polizia, ad agire fu un commando di almeno cinque uomini: quello che materialmente premette il grilletto, Andrej Cheljshev, un killer professionista legato ad ambienti mafiosi, venne successivamente arrestato per poi morire misteriosamente in carcere, senza mai aver fatto il nome del mandante. Anche un secondo sospettato, Aleksandr Ageikin, fuggito poi in Israele, venne trovato ucciso a Tel Aviv. Ignota la sorte degli altri, fuggiti anch’essi all’estero.

NESSUN COLPEVOLE. Non si è mai fatta piena luce su quell’omicidio, ma molti hanno ipotizzato l’ipotesi di una vendetta da parte dei potentati economici che la riforma di Listev aveva danneggiato. Già ma quale? Il giornalista d’inchiesta Paul Klebnikov (ucciso a Mosca nel 2004) ipotizzava quello di Boris Berezovskij, il più influente oligarca degli anni Novanta, che potrebbe aver voluto punire Listev non tanto per ragioni economiche quanto politiche, forse perchè temeva che l’influente giornalista potesse creargli non pochi problemi con le sue seguitissime inchieste televisive.

Ma proprio per questo motivo, Berezovskij avrebbe potuto essere a sua volta l’oggetto di un complotto ordito da un altro influente oligarca, l’allora Primo vicepremier Oleg Soskovets, che secondo lo storico Jurij Felshtinskij e il giornalista Vladimir Pribylovskij potrebbe essere il vero mandante dell’omicidio Listev. E qui la vicenda si addentra nei meandri degli oscuri rapporti tra ex agenti del Kgb, politica e mafia, sullo sfondo della lotta per la successione a Eltsin di metà anni Novanta, quando la salute dell’allora presidente era così gravemente minata, da lasciar ipotizzare un passaggio di consegne al “delfino” Berezovskij in vista delle elezioni presidenziali del 1996.

Nel loro libro-inchiesta sui servizi russi intitolato The Corporation, Felshtinskij e Pribylovskij collocano l’assassinio di Vlad Listev proprio all’interno della sfida per il potere tra Berezovskij e Soskovets: quest’ultimo in particolare, attraverso due ex alti ufficiali del Kgb, avrebbe commissionato l’omicidio del giornalista alla mafia russa, per indicare poi Berezovskij come mandante, con l’obiettivo di far arrestare, e quindi eliminare dalla scena pubblica un pericoloso rivale nella corsa alla conquista del Cremlino.

Ma a distanza ormai di quasi vent’anni, nessuno è stato mai condannato per l’omicidio di Listev. Dopo oltre duemila interrogatori, nel 2009 i giudici hanno archiviato il caso. Gli stessi Soskovets che Berezovskij non sono mai finiti nell’inchiesta: il primo è oggi presidente dell’Associazione dei Gruppi industriali e Finanziari russi, il secondo, acerrimo nemico di Putin, si autoesiliò in Inghilterra nel 2002, dov’è morto lo scorso anno.


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