Un frammento di stella cade. Una scia veloce nel cielo e poi la materia opaca si disperde. Ma una lucciola è un soffio di luce. È difficile immaginare la caduta di una lucciola. Eppure, in questo frammento autobiografico accade, e l'evento si addensa di domande sul mistero della nascita. Una caduta silenziosa, una goccia di luce dalla fonte. La levità di un lumicino intermittente è il respiro neonatale, che appena appena si ode nella solitudine notturna della campagna affacciata sul mare. E quel “caddi” contiene il dolore di venire al mondo. È il mistero della caduta del soffio di luce in una forma. La poetica del grande agrigentino si dibatte in questo mistero. Ci si affanna per lo più a leggere le opere di Pirandello sorretti dall'analisi impietosa di un' “arte che scompone il reale”. Ci si dimentica delle sue stelle e della sua luna, non meno poetica, anche se più conturbante, di quella leopardiana. Chissà se qualcun altro ha pensato a Pirandello come al poeta del soffio vitale! Eppure sono tante le parole che tentano il mistero e si sporgono sull'abisso insondabile della vita. Lui, glottologo e filologo, negò la verità delle parole per tessere il dubbio e lo stupore davanti all'accendersi improvviso di un geranio mentre “una lucciola” abbandona la forma (Novelle per un anno, Di sera, un geranio), o nel contemplare la vita ignara di un filo d'erba (Novelle per un anno, Canta l'epistola). Nella negazione di ogni possibile definizione è il senso della vita. Quasi un senso apofatico. La vita è oltre ogni parola. Un baluginio brulicante e indistinto che soffre di una forma. Per questo, la nascita è una caduta, una lucciola staccatasi dallo sciame e destinata alla prigione dell'identità. Lo scacco è qui. Nell'identificazione limitante. Da questo momento accade il gioco penoso dei ruoli, delle differenze, della verità affermativa. Ma Pirandello insinua pervicacemente il dubbio e spinge fino alla follia il tentativo di denudarsi, di riprendersi la vita autentica oltre “la nascita raccattata” da qualcun altro e “segnata” nei registri dell'anagrafe. Al “caddi” corrisponde il “raccattata”, anche nella durezza delle dentali allitteranti. In questo frammento autobiografico è denunciata la distanza incolmabile tra la vita autentica oltre la forma e l'identificazione anagrafica dell'individuo. Da quel momento si stringono i lacci, familiari o sociali o culturali che siano. Guai a lasciarsi andare, a contravvenire al rigore! Ma questo rigore, che, il più delle volte, noi stessi ci imponiamo, è più orrendo della morte, che scioglierà ogni laccio, perché ci condanna a perdere l' occasione di conoscere la bellezza e l'amore e di commuoversene. Quella bellezza e quell'amore che si svelano anche nel dolore e nel brillio delle lacrime proibite e trattenute, per paura o per pudore che traspaia la fragilità e lo stupore della lucciola sperduta nella solitudine del mondo.
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