Kinshasa, Zaire, 1974. Due uomini, uno l'esatto opposto dell'altro sotto ogni punto di vista: politico, patriotico, religioso, sportivo, fisico, ideologico e personale. Muhammad Alì contro George Foreman, Davide contro Golia, il vecchio contro il giovane, la tecnica contro la forza bruta.
Alì non aveva alcuna chance di battere Foreman, la fisicità di quest'ultimo era troppo preponderante e troppo massiccia. Una vera montagna di muscoli da abbattere. Le impressionanti sessioni di colpi al sacco, pesanti, violente, letali, portaronosempre di più i presenti a questa convinzione i quali, a loro volta, non comprendevano gli allenamenti dello sfidante che si faceva travolgere dai pugni degli sparring partner. Qualcuno arrivò addirittura a pregare Foreman di non uccidere Alì.
L'incontro alla fine giunse alle 4 di notte del 30 ottobre. Lo stadio di Kinshasa gridava "Alì, bomaye" ("Alì uccidilo") nonostante questi stette per quasi tutto l'incontro schiacciato sulle corde a prendere cazzotti. Alì sotto quei macigni continuava a provocare Foreman e a ogni provocazione i colpi erano sempre più nervosi e carichi di energia. Un'energia dirompente e brutale che all'ottavo round finì e Foreman andò giù.
L'incontro, valido per il titolo, trascende il mero aspetto sportivo e diventa rappresentazione del tutto, del riscatto dei neri che innalzano lo sfidante Alì come simbolo di una rivalsa contro l'uomo bianco, anche se questo è rappresentato da Foreman, anch'egli nero. Un simbolo, quello di Alì, di tenacia, pazienza e riscatto, ottenuto non per grazia divina ma con mero sacrificio e spirito di adattamento, arrivando cambiare in toto il suo modo di boxare ovvero a rinnovarsi per sopravvivere.
Un incontro leggendario!
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