Quando i conti non tornano…

Creato il 03 aprile 2013 da Fugadeitalenti

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I conti, come sempre, non tornano. Una panoramica delle statistiche rese note nelle ultime settimane conferma la necessità e l’urgenza di riforme strutturali e -permetteteci di dirlo- “culturali” importanti:

-l’Istat conferma: la laurea, che tradotta in termini concreti significa “capitale umano qualificato”, serve sempre meno in Italia. Gli “under 35″ senza lavoro nella Penisola ormai sfiorano quota 200mila +28% sul 2011 e +43% sul 2008. Numeri che esplodono se ci spostiamo nel Sud, e se consideriamo le giovani laureate meridionali;

-secondo l’Isfol, il 43% dei disoccupati in Italia indicano quale principale ostacolo incontrato nei colloqui di lavoro l’eccessiva formazione (!) Il mismatch è dunque evidente: ma occorrerebbe ribaltare stavolta la prospettiva. Qui siamo di fronte a un mismatch clamoroso tra l’Italia, Paese ormai sempre più arretrato nel suo sistema produttivo complessivo, e la sua forza-lavoro, che sta -pur lentamente- qualificandosi sempre di più. Se il sistema-Paese non fa un balzo in avanti, le punte di eccellenza di questa forza-lavoro qualificata emigreranno. Anche in considerazione dei salari troppo bassi (l’offerta economica insoddisfacente si colloca al secondo posto, nella classifica delle difficoltà incontrate in sede di colloquio);

-sempre a proposito di salari: secondo l’Ocse ci collochiamo al 22esimo posto tra i Paesi industrializzati, per salari medi netti. Ci battono pure Spagna e Irlanda (!) Il salario medio netto di un single senza figli in Italia è di 25.303 dollari, meglio solo di Grecia e Portogallo. Irraggiungibili Germania (33.683) e Gran Bretagna (39.572). Poi ci chiediamo ancora perché i migliori professionisti italiani espatrino. Ma c’è di più, perché l’italiano medio appare davvero “cornuto e mazziato”: per pressione delle tasse e dei contributi sul lavoro dipendente (cuneo fiscale) siamo infatti sesti, nella classifica Ocse, col 47,6% nel 2012. Alta tassazione e salari netti bassi: il vero paradosso di un Paese che difficilmente può continuare a definirsi “potenza mondiale”;

-…e non è solo colpa del cuneo fiscale, se i salari netti in Italia sono bassi: secondo l’istituto di statistica federale tedesco, nella classifica del costo del lavoro, l’Italia si colloca all’undicesimo posto in Europa, con 27,20 euro l’ora, dietro Svezia, Belgio, Danimarca e numerosi altri Paesi europei. Più probabile ritenere che i salari italiani siano il risultato di un mix micidiale tra tassazione alta e una cultura dello stipendio ritoccata “culturalmente” verso il ribasso, isn’t it?

-allargando lo sguardo alla situazione generale, la Commissione Europea ci ha spiegato come la crisi abbia avuto effetti molto duri, nella Penisola: la popolazione in difficoltà è salita al 15%, mentre -tra i grandi Paesi europei- il nostro è quello che ha registrato l’aumento della disoccupazione più marcato, nell’ultimo trimestre 2012. In tutto questo, è crollata pure la produttività.

-infine, scontiamo altri due grossi problemi: il primo, siamo un Paese ancora a “innovazione moderata”, sempre secondo l’UE. Nella Penisola non funzionano i finanziamenti e gli aiuti, insieme agli investimenti delle imprese, “ben sotto” la media europea. Calano i capitali di rischio e le spese per l’innovazione diverse da quelle per ricerca e sviluppo. Così accade -secondo problema- che, se nella classifica di attrazione degli studenti extra-UE non ce la caviamo malissimo (30.260 nel 2011, quarti in Europa), in quella di attrazione dei ricercatori scivoliamo a un misero 353, ottavo posto UE (più probabilmente il nono, perchè i dati della Gran Bretagna non sono conteggiati).

Basterebbe un’occhiata a questa pagina, e a questi dati, per capire quali sono i problemi strutturali e culturali di un Paese ormai avvitatosi su se stesso. Una “Bella Addormentata”, che se aspetta ancora qualche mese o qualche anno a svegliarsi, si troverà da sola. Tutti i Principi Azzurri saranno già emigrati, nel frattempo.

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