Perché ok che è su “Il Giornale” (il che squalifica immediatamente la serietà di qualsiasi brano scritto), ok che si trova nell’inserto di “controcultura”.
Ma credo che Parente avesse voluto, con questo pezzo, fare a gara con la comicità di 50 sfumature di Grigio.
Una comicità involontaria, ovviamente.
E quindi, arrivati a questo punto, sorge spontanea la domanda: i videogiochi sono meglio dei romanzi?
Ovviamente, prima di procedere, diamo un occhio all’articolo incriminato. Se ci cliccate sopra, potete ingrandire e leggerlo con calma.
Fatto?
Bene!
Clicca per ingrandire
Partiamo dall’assunto che è vero che un romanzo con valenza artistica* non può essere comparato con un videogioco**. Ma per quale motivo un romanzo che non ha quella valenza artistica potrebbe invece essere equiparato a un medium totalmente diverso, solamente perché gioca nel campo dell’intrattenimento e del divertimento?
Sarebbe come se io volessi paragonare un vino e un gelato perché fanno entrambi parte della categoria “cibo”, e volessi dimostrare che il gelato è più buono del vino.
WTF?
Abbastanza divertente il periodo sul fatto che leggendo un libro di Eco o di Gramellini uno non imparerebbe nulla, perché i loro libri sono noiosi. Al di là del fatto che la noia è un sentimento del tutto soggettivo, tant’è vero che per Tizio gli scacchi sono una noia mortale, mentre per Kasparov sono il più grande passatempo al mondo, immagino che Numero Zero di Eco abbia dato molto fastidio a un quotidiano come il Giornale, dato che probabilmente ritrae perfettamente qual è il loro modus operandi. “La macchina del fango” dalle loro parti la sanno costruire a puntino. Non è che ce li siamo dimenticati i pezzi su Mesiano, o le raccolte firma contro Saviano quando parlava di ndrangheta al Nord.
Ma su ciò che potete imparare da Numero Zero di Eco ne ho parlato abbondantemente QUA. E aggiungo che si tratta di un libro divertentissimo. Così com’è molto spassoso il libro di Gramellini sui Derby della Mole, dato che contiene cose che per me, non tifoso granata, erano tutte sconosciute.
Domanda: ma sarà che ‘sto Parente non ha letto manco di striscio i titoli che ha criticato?
Perché il dubbio, sinceramente, c’è.
Il fatto è che sul tono generale l’articolo non sarebbe nemmeno brutto se non avesse la pretesa di “dimostrare” che il divertimento derivante dal fare una partita a un videogame è pari (se non superiore) a quello di un libro. Perché è giustissimo (ed è ampiamente dimostrato) che i videogiocatori sono persone più reattive agli stimoli spaziali, e che videogiocare aiuta anche a distendere lo stress. È innegabile che ci sono alcuni capolavori videoludici che hanno nella trama il loro punto di forza.
Ma un videogioco può mai essere migliore di un libro, e può mai sostituirsi, dal punto di vista didattico, (anche) a un buon romanzo? Decisamente no.
Può essere un validissimo input (se giochi ad Assassins Creed magari ti viene voglia di andarti a studiare per i fatti tuoi le Crociate, il Rinascimento, la storia della Pirateria e la Rivoluzione Francese), ma mi risulta difficile credere che un ragazzino possa comprendere i meccanismi storici che stanno alla base di questo franchise muovendo unicamente la levetta analogica e premendo i tasti del joypad.
Personalmente sono il primo ad essere convinto che l’input per “la conoscenza” possa avvenire attraverso i mezzi più disparati o attraverso la più impensabile delle crossmedialità (non fosse così non avrei aperto il mio canale YouTube One Piece Report, né avrei scritto questo e questo), ma anche il più scalcagnato dei romanzi, probabilmente, ti insegna qualcosa***.
Mi ha fatto poi davvero sorridere l’equiparazione delle classifiche dei libri con quella dei videogame. “I videogiocatori non sono pecore che corrono a comprare i titoli di cui si parla di più”: strano allora come Parente abbia preso ad esempio per il suo articolo due dei titoli più mainstream in assoluto, GTA e Assassins Creed, e non qualche videogioco di nicchia (mi viene in mente Journey) che davvero avrebbe potuto impreziosire l’articolo.
Ma sarà che alla fin fine la maggior parte dei videogiocatori sono esattamente identici alla “signora in libreria che chiede Il premio Strega”, dato che i titoli più venduti risultano essere quelli graditi ai “casual gamer” (i vari FIFA, COD, e amichetti fps)?
Sarà che pure i videogiocatori, in fondo in fondo, comprano quasi solo esclusivamente il titolo di cui si parla di più, per non uscire fuori dal gregge di pecore (e giocare in allegria online)?
Voi che dite?
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*Che comunque è sempre data a posteriori.
**Tant’è vero che potremmo dibattere sul fatto che molti videogiochi, oggi, potrebbero essere equiparati a vere e proprie opere d’arte. Nessuno mi prenderebbe per pazzo se dicessi una cosa simile per quanto riguarda la saga di Metal Gear Solid, no?
***Anche a riconoscere quali sono le caratteristiche di un buon libro, che lo differenziano da uno urèndo.