Quando il calcio è un racconto...

Da Pkiara

A poche ore da una delle partite che più mi sconvolgono la vita (Roma - Inter), ripenso al calcio come a un racconto, un magnifico spettacolo che, a volte, può diventare poesia. Questo ripensamento è frutto, soprattutto, dello spettacolo di Davide Enia "Italia-Brasile 3-2" che ho avuto la fortuna di rivedere martedì scorso al Teatro Quirino di Roma (qui il racconto dello spettacolo fatto da Michele). Una partita del Mondiale di Calcio di Spagna del 1982 diventata spettacolo teatrale, racconto di un epoca, di un modo di tifare, di una città, di una serie di uomini e donne letteralmente rapiti da un televisore a colori che trasmette le immagini di un match calcistico. Uno spettacolo bellissimo, che fa ridere e commuovere, soprattutto nella parte in cui Enia racconta della squadra di Kiev massacrata dalle SS perché non ha accettato di perdere.
Non è la prima volta che il calcio ispira un'opera d'arte (basti pensare, per esempio, al film "Fuga per la vittoria"). E credo non sarà l'ultima. Perché, comunque la si pensi, è indubbio che questo sport, forse come tutti gli altri o forse un po' più degli altri (soprattutto per noi italiani), emoziona o, come si dice sempre più spesso e a sproposito, "tocca il cuore". Così stasera, sono certa che la partita mi toccherà il cuore e anche lo stomaco e il sistema nervoso e mi farà diventare, per 90 minuti, una persona un po' diversa, un po' più precarial e sicuramente un po' meno chic. E se vinceremo - e la vedo dura - finirà che mi sarò sfogata e mi sentirò meglio, alla fine. Se perderemo, avrò quel senso di malinconia mista a frustrazione e a senso di rivalsa barbaramente ucciso che solo una sconfitta calcistica può dare. E sarà un'altra storia da raccontare.


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