La vita di tutti i giorni può essere una vera battaglia a colpi di bollette, affitto, mutui e tasse di ogni genere. La crisi economica, l’inflazione e la disoccupazione non fanno che peggiorare la situazione. Soffocando tra una scadenza e l’altra, chi non ha mai desiderato di vincere la lotteria? Tantissimi, invece, amano le scommesse sportive ed altri ancora sperano nella mano fortunata giocando a poker. Tra tavoli e slot machine, però, c’è chi rischia grosso. Il gioco d’azzardo è ormai uscito dalle bische clandestine ed ha trovato posto nella quotidianità di molti. Brividi ed adrenalina possono però avere gravi conseguenze. Come sempre, il punto di partenza per prevenire e combattere problemi così delicati è informare. A questo scopo è stata promossa una campagna di sensibilizzazione che vede coinvolti Snai ed i Monopoli di Stato. Il famoso fotografo Oliviero Toscani firma il nuovo brand, presente su tutte le campagne di comunicazione di Snai, che avverte i giocatori dei rischi in cui possono imbattersi ed invita ad un gioco prudente e responsabile. Il logo rappresenta un bersaglio bianco su di uno sfondo rosso, con un chiaro richiamo cromatico ai segnali stradali che indicano pericolo. Centrare il bersaglio, in questo caso, vorrà proprio significare allontanarsi dai pericoli di un gioco malato e compulsivo. “Gioca per vincere” è lo slogan utilizzato per dare maggior efficacia al messaggio che i promotori dell’iniziativa vogliono trasmettere. Vincere non vuol dire fare il colpo grosso ed intascare una quantità di denaro che riesca a cambiare la vita; vincere vuol dire molto di più:imparare a giocare. Lo scopo della campagna non è infatti quello di demonizzare il gioco in sé, ma è un ammonimento ad assumere l’atteggiamento corretto per evitare che questa passione prenda il sopravvento nella propria vita. Giocare, lo dice la parola, dovrebbe rappresentare un’attività rilassante e piacevole. Prudenza e consapevolezza sono quindi i requisiti necessari per non trasformare un momento di evasione in una patologia. Il disturbo da gioco d’azzardo è infatti una vera e propria malattia, annoverata tra i disturbi del controllo degli impulsi. In parole semplici,si innesca nel giocatore compulsivo un meccanismo che gli impedisce di resistere all’impulso di giocare, investendo sempre più tempo e sempre più denaro nel gioco. Scatta, in pratica, una vera e propria dipendenza, facilmente accomunabile alla dipendenza da sostanze stupefacenti. Si verifica, addirittura, una sorta di crisi di astinenza in chi sia costretto ad astenersi dal gioco per un periodo di tempo prolungato. Rispetto a chi abusa di droghe o alcol, in questo caso viene evidentemente meno l’assunzione di sostanze chimiche. Per questo si parla di dipendenza senza sostanze. Lo slogan “Giocare per vincere” ha però un’ulteriore valenza simbolica. Nei casi più estremi, il giocatore arriva ad un comportamento autolesionista, che lo fa sperare inconsciamente nella perdita più che nella vittoria. Si può così continuare a giocare, nella speranza di una vincita che faccia pareggiare i conti. Alla manifestazione tenutasi a Roma per la presentazione del progetto è intervenuto il dottor Rosario Sorrentino, presidente dell’istituto Ircap (Istituto di ricerca e cura degli attacchi di panico). Secondo il neurologo, la dipendenza dal gioco d’azzardo è un male che può essere sconfitto. Una diagnosi precoce aiuta molto, ma è necessario anche il supporto di una mirata psicoterapia e di un’eventuale cura farmacologica. Il dottor Sorrentino ha poi sottolineato il ruolo dei media che, proponendo lo stereotipo del giocatore felice e sempre vincente, distorce la realtà omettendo in maniera rischiosa di menzionare le insidie che il gioco nasconde.
da:http://www.essenzialeonline.it
Commento del Dott. Zambello
La dipendenza dal gioco si caratterizza come tutte le dipendenze come un comportamento pervasivo della libertà dell’Io. La persona piano, piano é sempre più incapace di far meno della “droga” quotidiana a scapito non solo della sua tranquillità e benessere oltre che economico. Da un punto di vista clinico, come dice Sorrentino non ci sono differenze sostanziali dalle altre dipendenze. La terapia é prevalentemente psicoterapeutica. Escluderei, se non in casi particolari, la necessità di ricorrere ai farmaci non essendoci una urgenza organica.