Quando Indiana Jones Arriva a Denver

Da Giupy
Sono recentemente stata ad una grande conferenza di antropologia a Denver. Io non sono un’antropologa ma ehi, quando ci sono conferenze a Denver mi piace andarci. E poi sono sempre stata affascinata dall’antropologia, da questi uomini (e donne) che partono all’avventura e vanno a scoprire cose nuove, all’Indiana Jones.
Peccato che, ultimamente, non ci sia piu’ molto da scoprire. Io pero’ ho esplorato una cosa nuova: il Colorado Convention Center che, in linea con il resto dello stato, ha una passione smodata per gli orsi:
 Knock knock, c'e' nessuno?
 Non e' inquietante vedersi sto coso fuori da una conferenza?
 Questi non sono orsi ma sono inquietanti lo stesso  
Io un tempo avevo un lavoro vero e organizzavo convegni con 6000 o piu’ persone. Era orrendo. Ora invece ai convegni ci vado e mi piace molto. Provo sempre simpatia per la gente che lavora in centri conferenze perche’ so quanto sia pesante organizzare queste cose. Tuttavia, questa conferenza era organizzata particolarmente male. Appena arrivata mi chiedono se voglio il libro da tremila pagine con il programma, o se voglio l’opzione “go green”. Cosi’ mi hanno dato una borsa con dentro un cubo che mi invogliava a studiare in Germania (e mi ha convinta, ho gia' mandato due application) e un calendario con foto di paesaggi e indigeni amazzonici con l’anello al naso e la faccia pitturata (che, come minimo, vivono a Los Angeles e nella vita di tutti I giorni fanno gli informatici).
Come faccio a sapere dove sono i talk a cui voglio andare? Ho chiesto all’omino della conferenza.Guarda online, fa lui.Cosi’ mi connetto e noto che nell’elenco sterminato di presentazioni e panels non ci sono i numeri delle stanze. Lo faccio presente all’omino.Oh, dice lui, allora mi sa che non potrai mai saperlo.GRAZIE(ok, in verita’ pure online c’erano i numeri delle stanze e io non ero abbastanza sveglia da capirlo, ma l’omino stave messo peggio).
Non sono stata a tantissime conferenze, ma ho abbastanza esperienza per sapere una cosa: tu paghi un considerevole numero di palanche per passare quattro giorni chiuso in un posto dall’aria stantia ad ascoltare gente che parla della questione di razza nel medioevo mediorientale, segretamente cercando di connetterti al wi-fi e benedicendo Steve Jobs per l’iphone. In tutto questo, ad orari piu’ o meno intermittenti ti viene servito caffe’ forte e cattivissimo, dolcetti radioattivi e panini fatti con scorie e persone. Queste cose sono FONDAMENTALI per non addormentarsi e avere una botta di zuccheri ogni tanto per riuscire ad applaudire dopo il talk sulle babysitter messicane. Invece in questa conferenza, nonostante le 171 palanche scucite, mancava ogni genere alimentare. Ma e’ possibile? Penso di si, perche’ gli antropologi, come Indiana Jones, sono creature che devono sapersi procurare il cibo da soli. Mi stupisce che nella mia borsa non ci fosse pure un arco stile Hunger Games per andare ad uccidere i procioni.
 Meme classico che non si poteva evitare
Il motivo per cui sono andata ad una confrenza di antropologia e’ che l’antropologia e’ un po' l'arte del dire quello che vuoi. Chi di voi e’ fortunello abbastanza da aver fatto il Classico sapra’ che antropologia vuol dire “scienza dell’uomo”. Quindi comprende qualsiasi cosa (tranne, probabilmente, il senso dell’organizzazione)C’erano quindi persone che parlavano di hipster che bevono caffe’, o di ragazze indonesiane che si mettono il velo ma mostrano le tette. Un tempo c’era questa cosa figa di andarsene in posti lontani a studiare gente che era politicamente corretto chiamare selvaggi. Oggi Levi-Stauss ha lasciato il posto a gente che studia qualsiasi cosa e cerca di non mostrarsi troppo orientalista (nonostante il calendario con su la gente con i gonnellini di paglia)
Una cosa che piace molto agli antropologi e’ l’idea di “go native”, ovvero mischiarsi alla popolazione che si studia. Il che e’ piuttosto arduo se sei un WASP del Kansas e vuoi sapere tutto sui pigmei. Pero’ io ho potuto sfoggiare una cosa che agli antropologi piace un sacco: un tatuaggio all’henne per il Diwali indiano.
 Io tutta affascinata e pronta a sentire delle perle di spiritualita' ho chiesto: ma che significato ha? Nessuno, pare
Gia’, perche’ nonostante io non sappia nulla di India e di Diwali, sto in un’universita’ dove ci sono un sacco di Indiani. E quindi OVVIAMENTE se organizzano una festa in cui le ragazze sfoggiano I loro sari e preparano lassi mango, chi sono io per dire di no? E non direi mai di no a uno di questi tatuaggi gratis (che, per inciso, e' gia' andato via) che mi fanno sentire cosi' vicino ad un'altra cultura. Niente ti rende un antropologo piu' figo di un tatuaggio indiano.

La parte piu' bella della conferenza, che compensava parzialmente per l'assenza di cibo, era pero' il fatto che nel Convention Center oltre agli orsi c'era un intero piano dedicato a dei mercatini di Natale. Io ci sono subito entrata attratta da questo: Perche', a voi non sembra bellissimo?  In realta' dopo essermi infilata nei mercatini di Natale (di cui tutt'ora ignoro lo scopo e il perche' fossero a Novembre in un Convention Center), ho scoperto che ci voleva un biglietto per entrare. Questa cosa mi e' gia' successa diverse volte in diversi musei, e cosi' sono abituata a sfoggiare una certa nonchalance: mi sono messa a gironzolare a testa alta, pronta a dire "Io, entrata senza pagare il biglietto? NOOOOOO e' che sono un'ANTROPOLOGA, sono qui per studiare il Natale"

Un peccato, non essere un'antropologa per davvero.Ora che ci penso, Indiana Jones era un archeologo. Ecco perche’. Mi sembrava assurdo che una serie di film su avventure mozzafiato avesse per protagonista un antropologo. Un film su un antropologo farebbe vedere un nerd con occhiali e un po’ di pancia seduto per tre ore in una stazione di servizio del Midwest a prendere appunti.