Ti salverò, Flavio Lappo, disegno a matita, 2012
L'amore è libertà eppure può provocare dipendenza, può diventare una catena difficile da spezzare rovinando la relazione. Una magnifica forza vitale si può trasformare in zavorra capace di farci sprofondare in un mare nero portatore di angoscia. Come si esce dalla dipendenza? Mi chiede Donatella una lettrice del blog. Mi pone la domanda così, nuda e cruda, senza aggiungere particolari; possiamo immaginare che si riferisca ad un rapporto sentimentale caratterizzato da un legame asimmetrico dove un membro della coppia è più forte, evoluto, capace di proteggere l'altro che ha bisogno. Ecco la parola chiave: bisogno. La dipendenza si instaura se c'è un bisogno affettivo sopito, nascosto, apparentemente superato che trova terreno favorevole per manifestarsi quando nasce un amore. Generalmente sono le donne a diventare dipendenti da un uomo, per cultura l'uomo è forte, sa proteggere e piano piano, anche senza rendersene conto, conduce la donna in uno stato di subordinazione. Nei casi peggiori la dipendenza conduce a sottomissione, a far perdere la propria personalità, a lasciarsi annientare. In quel caso la gravità della situazione richiede un intervento di cura. La dipendenza emotiva che tratto nel mio romanzo “Dimmi che mi ami” Silele Edizioni è dolorosa e invalidante ma superabile; lui, l'innamorato, non vuole assolutamente una donna assoggettata e anche se non è competente riesce ad aiutarla. La aiuta a non annullarsi e a credere nuovamente in se stessa. Le carenze affettive infantili favoriscono la dipendenza che si instaura nei momenti di maggior fragilità e un grande amore rende più vulnerabili: ci si mette a nudo, ci si lascia andare alla passione, si prova qualcosa di nuovo nell'amare l'altro...e tutto questo fa emergere il bisogno di essere ricambiati. Se non ci si è sentiti amati nell'infanzia, la carenza può emergere prepotente creando i guai di cui ho parlato. L'amore, se riesce a farsi terapia, diventa capace di curare la mancanza rendendo libero chi ne è vittima. Quando Leda, l'interprete del mio romanzo, si rende conto di aver sciolto la dipendenza fa questa riflessione molto significativa: “Ero una bambina bisognosa della mamma, il grande amore aveva messo a soqquadro la mia anima apparentemente tranquilla, si era spezzata la vita sentimentale apatica di una donna dedita al lavoro e fino ad allora vissuta il più lontano possibile da emozioni amorose. L’amore mi faceva paura, ora so, invece, che solo incontrandolo potevo guarire”.
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