In questo caso lo so. Avevo appena terminato – o stavo terminando, il che significa che mi ero fatta un’idea dell’atomsfera del libro anche se ancora non sapevo come sarebbe terminato – The Heroes di Joe Abercrombie, il che significa che eravamo nel mese di aprile. Poco meno di un anno prima avevo letto Sopravvissuti di Richard K. Morgan. Quanto a George R.R. Martin non è certo un mistero che io abbia letto una o due paginette sue. Giusto quasi tutte le sue opere tradotte in italiano, e certo tutte quelle tradotte dopo il 1999. La maggior parte anche più volte.
http://www.joeabercrombie.com/2013/07/04/a-movement-within-fantasy/.
Then I read GRRM’s Game of Thrones and saw that it was possible to do something daring, unpredictable, gritty and character-centred while still writing in the commercial core of the genre – I saw a lot of what I felt had been missing very clearly expressed in that series.
Io ho preso un’altra strada, e anche se parte di quello che ho scritto è nato grazie ad alcuni commenti di Emanuele, sono comunque bravissima ad allargare i discorsi a macchia d’olio, magari approfittando di quello che sto scrivendo per parlare, ancora una volta, di ciò che piace a me. Quello che segue è il primo pezzo dell’articolo.
Quando la fantasy incontra il realismo
La risposta del pubblico, che ha seguito con un entusiasmo crescente le tre stagioni che sono state fino a ora realizzate e che ha spedito i romanzi delle Cronache del ghiaccio e del fuoco in cima alle classifiche di vendita, dimostra che Benioff aveva ragione e che la storia narrata da Martin, dal suo co-produttore D.B. Weiss e da lui stesso ha raggiunto un pubblico ben più vasto di quello tradizionale del genere fantasy.
Questa è, per ripetere uno dei tanti slogan promozionali che abbiamo sentito in questi anni, una storia fantasy per chi non ama il fantasy. Può essere un passo importante per una maggiore considerazione del genere da parte di chi ha sempre ritenuto i generi come una forma espressiva inferiore rispetto al mainstream, ma è vero anche che questa è una storia che sta spostando i confini del genere stesso.
Il fantasy: le caratteristiche di un genere
Non solo, definire come prettamente fantasy le opere di scrittori come Jorge Luis Borges, Julio Cortazar, Gabriel Garcia Marquez o degli altri autori appartenenti al Realismo magico, filone nel quale alcuni elementi magici vengono inseriti in un contesto per il resto perfettamente realistico, sarebbe una forzatura che renderebbe inutile ogni tentativo di distinguere il genere dal resto della letteratura.
Più semplice, anche se non esaustivo, è definire il genere in base alla presenza di alcuni elementi che lo contraddistinguono, primo fra tutti l’ambientazione della storia in un mondo secondario (2). La Terra di Mezzo descritta da J.R.R. Tolkien non è meno viva dei personaggi che la abitano. E, dall’immaginaria Narnia di C.S. Lewis al mondo di Shannara di Terry Brooks, dall’arcipelago di Earthsea di Ursula K. Le Guin al mondo di Roshar di Brandon Sanderson, uno dei principali impegni degli scrittori è stato quello di costruire un mondo favoloso e affascinante dotato di una propria storia, di regole ben precise sull’utilizzo della magia e spesso abitato da razze fantastiche.
Una delle saghe più importanti degli ultimi anni è quella della Ruota del Tempo di Robert Jordan. Ciascuno dei quattordici romanzi che la compongono inizia con le stesse frasi: “La Ruota del Tempo gira e le Epoche si susseguono, lasciando ricordi che divengono leggenda; la leggenda sbiadisce nel mito, ma anche il mito è ormai dimenticato, quando ritorna l’Epoca che lo vide nascere. In un’Epoca chiamata da alcuni Epoca Terza, ‘un’Epoca ancora a venire, un’Epoca da gran tempo trascorsa’, il vento si alzò nelle Montagne di Nebbia. Il vento non era l’inizio. Non c’è inizio né fine, al girare della Ruota del Tempo. Ma fu comunque un inizio.” (3)
L’inizio ha un tono epico, porta immediatamente il lettore in un altro tempo e in un altro luogo, un po’ come il “c’era una volta” delle fiabe, opere che tanto hanno in comune con la fantasy. È l’ingresso nel mondo secondario.
Note
1) Edited by John Clute and John Grant, The Encyclopedia of Fantasy, 1999, Orbit, London, pagg. 337-340.
2) La maggior parte delle opere fantasy si svolge in un altro mondo o, per usare la definizione di Tolkien, in un mondo secondario, ma questo non è necessariamente vero per tutte. Gli urban fantasy sono ambientati nella nostra realtà, dalla quale si discostano solo per alcuni particolari elementi. Se negli ultimi anni questo particolare sottogenere è particolarmente fiorente, le sue radici affondano nel passato. Un esempio famosissimo è Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.
3) Robert Jordan, The Eye of the World, 1990, trad.it. L’occhio del mondo, Fanucci, Roma, 2002, pag. 21.
4) Bruno Bettelheim, The Uses of Enchantment. The Meaning and Importance of Fairy Tales, Alfred A. Knopf, New York, 1976, trad.it. Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Feltrinelli, Milano, 2006, pag. 63.
5) Bettelheim, op.cit., pag. 11.